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Covid, impennata di casi tra i giovani

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Impennata dell’Rt e in rialzo anche l’incidenza, rispettivamente a 0,91 (0,66 la scorsa settimana) e a 19 casi su 100 mila abitanti (dati di ieri contro 11 casi su 100mila 7 giorni fa). Sono questi – secondo quanto si apprende, i dati contenuti nella bozza di monitoraggio settimanale dell’Iss- Ministero della Salute sull’andamento dei contagi ora all’esame della cabina di regia e che saranno presentati oggi.

Nessuna Regione e Provincia Autonoma supera la soglia critica di occupazione dei posti letto in terapia intensiva o area medica.

Il tasso di occupazione in terapia intensiva è 2%, con una diminuzione nel numero di persone ricoverate che passa da 187 (06/07/2021) a 157 (13/07/2021).

Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale rimane al 2%. Il numero di persone ricoverate in queste aree passa da 1.271 (06/07/2021) a 1.128 (13/07/2021). Lo rileva, secondo quanto si apprende, la bozza di monitoraggio settimanale dell’Iss- Ministero della Salute sull’andamento dei contagi ora all’esame della cabina di regia.

La circolazione della variante Delta è in aumento in Italia. Questa variante sta portando ad un aumento dei casi in altri paesi con alta copertura vaccinale, pertanto è opportuno realizzare un capillare tracciamento e sequenziamento dei casi ed è necessario raggiungere una elevata copertura vaccinale ed il completamento dei cicli di vaccinazione per prevenire ulteriori recrudescenze di episodi di aumentata circolazione del virus. Lo rileva, secondo quanto si apprende, la bozza di monitoraggio settimanale dell’Iss- Ministero della Salute ora all’esame della cabina di regia. E’ opportuno, si avverte, mantenere elevata l’attenzione.

I contagi da Covid-19 aumentano soprattutto tra i giovani. Lo rileva, secondo quanto si apprende, la bozza di monitoraggio settimanale dell’Iss- Ministero della Salute sull’andamento dei contagi ora all’esame della cabina di regia. La trasmissibilità sui soli casi sintomatici, si spiega, aumenta rispetto alla settimana precedente, sebbene sotto la soglia epidemica, espressione di un aumento della circolazione virale principalmente in soggetti giovani e più frequentemente asintomatici.

L’agenzia europea per le malattie prevede un forte aumento dei casi di Covid, quasi cinque volte di più, entro il 1 agosto rispetto ai livelli della settimana scorsa. In particolare, secondo il rapporto settimanale del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) si registreranno 420 casi di coronavirus ogni 100.000 abitanti, rispetto a poco meno di 90 della scorsa settimana.

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Editoriali

Codice Rosso: un’arma spuntata contro la violenza? [SECONDA PARTE]

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L’intervista a Rosy Andreacchio vicepresidente del Centro Antiviolenza Margherita di Frascati

Ieri abbiamo pubblicato la prima parte dell’intervista a Rosy Andreacchio, vicepresidente del Centro Antiviolenza Margherita, sezione Castelli Romani, di Frascati.

Una analisi lucida sulle difficoltà che vengono incontrate dalle persone vittime di violenza, sia maschili che femminili.

Esiste una legge nazionale, il cosiddetto Codice Rosso, che stando alle prime risposte date dalla vicepresidente del Centro Antiviolenza Margherita di Frascati andrebbe, sempre ricollegandoci alle parole di Rosy Andreacchio, rivalutata ed integrata da alcune correzioni figlie di una esperienza che i Centri Antiviolenza vivono ogni giorno

Rosy Andreacchio, vicepresidente del Centro Antiviolenza Margherita di Frascati, insieme a don Franz Vicentini, parroco di Cocciano

Passiamo, ora Rosy, ad un altro discorso. Perché stiamo assistendo a situazioni di violenza che sempre più riempiono le pagine di giornali, televisioni, web. Il più “cliccato” in questi giorni è il caso del ragazzo che ha sterminato la propria famiglia. Vado diretto che sta succedendo?
C’è di sicuro una realtà sociale e di immagine che di sicuro è “complice” passami il termine di questa situazione. E poi, brutto da dire, è crollata la rete famigliare. Quella che un tempo era l’ancora di salvezza della nostra generazione, pur sempre con i suoi limiti e difficoltà, oggi è smantellata da una quotidianità sempre più propensa ad isolare ed a isolarsi anche nelle problematiche.


Quindi quel nucleo fondante la società civile, la famiglia appunto, oggi è sempre più assente. Il business a tutti i costi porta i genitori ad allontanarsi dai figli. Giusto?
Un tempo, neanche così lontano, i genitori davano regole ai proprio figli. Oggi li vedi fare con loro i balletti su Tik Tok e sono diventati i figli a dettare regole e tempi ai propri genitori. Oggi un genitore non è più una “autorità” per il proprio figlio ma è divenuto un loro “complice”. Un tempo un genitore indicava la strada da seguire ai propri figli mettendogli di fronte i rischi qualora avessero “deviato” la rotta. Oggi invece, molti genitori, sono i primi a dire ai propri figli di fare quello che vogliono senza porsi minimamente il problema delle conseguenze che tali azioni potrebbero poi generargli.

A tuo avviso questa situazione di mancanza di regole, specie per le nuove generazioni, non corre il rischio di generare una “generazione ancora più violenta” e più abituata a compiere violenza?
Certo che si. In fondo la mancanza di regole, di rispetto reciproco è la prima causa di quelle violenze che purtroppo come Centro Antiviolenza ci troviamo a combattere ogni giorno. E la cosa che preoccupa, te lo ripeto, è la mancanza di una rete di supporto post denuncia che metta nelle condizione la vittima, le vittime, di trovarsi al sicuro ed in una situazione che non generi ulteriori malesseri e problematiche, specie sui minori coinvolti in questi fatti.

Sempre nella telefonata che ha anticipato questa intervista abbiamo parlato di un aumento dei casi di uomini vittime di violenza. Quale è la situazione che tu hai sottomano oggi?
Beh più negativa di quella che vuole apparire. Gli uomini vittime di violenza e spesso di stalking sono ancora più restii a denunciare in quanto già la voce popolare li porta ad essere disprezzati, passami il termine, in quanto è inimmaginabile che un uomo possa trovarsi in queste condizioni. Ed invece vedo spesso ed assai volentieri uomini vessati da donne senza scrupoli che poi arrivano a spogliare di qualsiasi bene, fisico ed economico, i loro ex mariti, compagni, fidanzati generando poi situazioni drammatiche e conflitti ancora più gravi.
Quindi i casi di molti uomini che vivono in auto perché la moglie, la compagna o la convivente l’ha buttato fuori di casa ed ora vive ai limiti delle possibilità è vera e tangibile?
Certo che si ed anche in questi casi non esiste nessun paracadute capace di attutire il colpo ed evitare a questi uomini di sprofondare in un vero e proprio incubo.
Quindi quello a cui assistiamo alle tante immagini che compaiono sui mezzi di informazione è solo una punta di un iceberg e copre sia il mondo maschile che quello femminile.
Ma non solo. Oggi la violenza è violenza senza alcuna distinzione di sesso. Le violenze di genere sono ormai all’ordine del giorno e si assiste sempre di più ad una incapacità di gestirle al meglio.

Vorrei ritornare su un discorso iniziale: tu dicevi che a tuo avviso la prima azione da fare è allontanare il più possibile l’autore della violenza e non sottoporre l’aggredito ad una ulteriore limitazione della propria vita.
SI! Perché se io ho la possibilità di allontanare l’autore delle violenze posso, magari, con più facilità sollecitare la rete famigliare delle vittime ad assisterle e quindi quello che un tempo era il “confino” per determinate situazioni di reato potrebbe essere una delle soluzioni. Un domicilio coatto per gli aggressori perché poi, lasciamelo dire, prova ad immaginare anche i minori che vivono questa situazione “sballottati” in ambiti diversi e lontani dalla loro normalità consolidata magari dell’amichetto o della amichetta di scuola. Si distrugge davvero la rete di supporto sociale ed il “colpevole” o “presunto colpevole” invece vive ed opera, il più delle volte, indisturbato.

Vedo che torni sempre a parlare di un discorso di “rete” di supporto. So di farti una domanda che può presupporre una risposta scontata: è la rete di supporto post denuncia l’arma in più per questo codice rosso?
Certo! Ma deve essere concreta ed immediata. Un supporto economico, fisico, psicologico. Perché la percezione di chi è vittima di violenza e di trovarsi di fronte ad un salto nel vuoto senza alcuna aspettativa di futuro. Prima, nel bene e, soprattutto nel male, le vittime hanno una aspettativa, spesso tragica, ma l’hanno. Qui dopo la denuncia è una battaglia per sentirsi sicuri ed fuori dal pericolo di ripercussioni che di sicuri saranno peggiori delle condizioni vissute prima della denuncia.

Voi nel Centro disponete di una rete?
Certo abbiamo un team di avvocati, psicologi, psicoterapeuti, medici, telefoni attiva h24 che di fronte a richieste di pericoli agiscono immediatamente. Abbiamo la possibilità, come ti dicevo prima, di strutture fuori dai Castelli Romani ma non è così che “proteggiamo” le vittime. Le allontaniamo ancora di più e le rendiamo ancora più vulnerabili e di sicuro meno propense a denunciare i loro aguzzini. E te lo ripeto: tutto questo servizio è gratuito.

Ma i Comuni vi danno una mano, vi aiutano in questa situazione?
Questo è un tasto dolente. Frascati come molti altri comuni ha uno sportello che poi veicola al centro antiviolenza. Basterebbe una maggiore sinergia e di certo questo potrebbe essere un valore aggiunto perché poi alla fine le vittime si sentono “sballottate” da una parte all’altra come un “problema” a cui in pochi vogliono dare soluzione. Nulla di personale contro le amministrazioni, basterebbe un maggiore gioco di squadra fuori da logiche politiche con il solo scopo di fare del bene e fornire una attenzione alle vittime di violenza.
Beh una posizione molto attenta quella che ci stai esponendo e che di sicuro mostra la validità del vostro progetto.

Mi dicevi che un grazie speciale lo dovete a don Franz Vicentini, parroco di Cocciano, che vi ha permesso di avere una stanza nei locali della Parrocchia?
Don Franz è stato subito attento a quando abbiamo proposto questa possibilità perché ha compreso la necessità di fare rete, di dare risposte, di impegnarsi, passami il termine “sporcarsi le mani” su una questione che provoca dolore e, purtroppo, anche morte.

Stai scoperchiando davvero un vaso di Pandora in questa nostra chiacchierata. Ma si legge spesso di “segnali” che precedono i casi di violenza, specie nelle coppie. Quali sono?
Tanti. Dal semplice “quella tua amica non mi piace non ci devi uscire più”, al “dove vai, se esci devi farlo solo con me”. Quello che troppe volte è il primo motivo che scatena le violenze è il senso che si ha di proprietà, o di pensiero di proprietà, delle proprie vittime. Spesso è figlio di problematiche narcisistiche e non solo, di emulazioni che sono generate da una soprastrutture culturale – non ti nascondo che i casi di violenza tra donne magari italiane e uomini non italiani sono tra le maggiori – ma questo non vuole essere, voglio chiarire, una regola, sono di sicuro i casi maggiori e più eclatanti.

Ed in questi casi cosa bisogna fare?
Ovvio denunciare sempre perché il rischio che si corre è quello che poi la situazione possa sfuggire di mano e … meglio neanche pensare alle conseguenze.

Voi al Centro evidenziate alle donne queste difficoltà che possono arrivare in seguito ad una denuncia?
Certo che si. È un obbligo non solo di legge ma anche morale perché comprendiamo bene che potrebbero trovarsi doppiamente isolate e quindi debbono essere ben coscienti che l’azione che vanno a compiere diventa una scelta che porta poi conseguenze in caso di dietrofront. Cosa triste da dire ma bisogna avere il coraggio di dirla.

Rosy, davvero, io non posso che ringraziarti della tua disponibilità e della lucidità con la quale hai messo a nudo, passami il termine, una realtà che sembra lontana dalle nostre vite e poi di fronte alle troppe immagini che ci appaiono sui mezzi di informazione genera in noi lacrime e rabbia. Restiamo sempre disponibili per una “ulteriore chiacchierata” e se me mi permetti possiamo lasciare i contatti del Centro Antiviolenza Margherita, sezione Castelli Romani, di Frascati?
Si: la pagina web è https://centroantiviolenzamargherita.com/, numero di telefono attivo h24 è 3791015359, la nostra email centromargherita2023@gmail.com e ci trovate in via Giuseppe Romita, 1 a Frascati, località Cocciano.
Grazie davvero di cuore e non esitare a contattarci per qualsiasi situazione che vuoi farci conoscere in questo ambito.

È stata davvero un’ora piena di pathos e di groppo in gola. Il nostro “mestiere” ci porta ad affrontare tante situazioni e di certo questa non può e non deve passare inosservata.Il nostro impegno resta quello di essere voce a 360° per tutti coloro che hanno necessità di fare ascoltare la propria voce. Grazie ancora a Rosy Andreacchio ed al Centro Antiviolenza Margherita, sezione Castelli Romani, di Cocciano ed un grazie a don Franz Vicentini ed alla parrocchia di Cocciano.

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Editoriali

Codice Rosso: un’arma spuntata contro la violenza? [PRIMA PARTE]

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L’intervista a Rosy Andreacchio vicepresidente del Centro Antiviolenza Margherita di Frascati

La violenza occupa sempre di più le pagine di giornali, televisione, web.
La legge 69/2019, nota come Codice Rosso, ha introdotto una serie di strumenti di materie di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.

A Frascati opera ormai dalla fine del 2023 un Centro Antiviolenza, il Centro Antiviolenza Margherita sezione Castelli Romani, ospitato, grazie al parroco di Cocciano don Franz Vicentini, nei locali della Parrocchia di San Giuseppe Lavoratore.

Abbiamo incontrato Rosy Andreacchio, vicepresidente del Centro Antiviolenza Margherita sezione Castelli Romani al quale abbiamo rivolto alcune domande.

Nella foto don Franz Vicentini, parroco della Parrocchia San Giuseppe Lavoratore di Cocciano e Rosy Andreacchio vicepresidente del Centro Antiviolenza Margherita di Frascati

Innanzitutto grazie per la tua disponibilità e grazie per il servizio che gratuitamente riuscite ad offrire a decine di vittime di violenza che spesso trovano porte chiuse di fronte alle loro problematiche.

Io ho l’abitudine di andare dritto alla questione: cosa succede quando una persona, una vittima di violenza viene da te. Quale è il tuo approccio?
Loro si presentano da me al Centro ma sono molto restie, purtroppo, perché sanno che vanno incontro a tutta una serie di situazione che rischiano di trasformarle da vittime in “carnefici” di sé stesse.

Cioè spiegami meglio
Purtroppo, questo tipo di legislazione di legge che abbiamo porta, diciamo, a questo finale in quanto sono tante le donne che subiscono violenza ma solo 1 su 10 che la subisce poi arriva alla denuncia … le altre no e questo perché hanno paura. Hanno paura in quanto restano sole senza alcun aiuto concreto. Non c’è nessuno, o meglio sono pochissimi gli apparati, diciamo sociali, amministrativi, comunali che riescono a stare al fianco delle donne. La loro paura, che poi diventa realtà, è che alla fine tutto gli si ritorca contro, incominciando dagli altri.


Quindi sole durante la violenza, sole dopo la violenza, quindi il rischio diventa questo.
Si!

Quindi, per capire: io mi rivolgo al centro di violenza antiviolenza perché sono sola, trovo sicuramente te operatrice che mi dai una mano, ma poi chi dovrebbe compiere l’azione di blindare la persona non c’è! Giusto?
Sì! Non c’è perché la legge ti blocca. La legge, la norma li si blocca si ferma, cioè nel senso che poi è il Procuratore che gestisce il cosiddetto Codice rosso. È lui che, in quel momento vede, valuta se la donna deve essere messa in sicurezza o deve essere lasciata lì, così, nella sua quotidianità.

Allora, premesso, io non conosco nel dettaglio la norma relativa al cosiddetto codice rosso a differenza di te che operi in tale ambito . Ma su che parametri dovrebbe decidere? Cioè, mi spiego meglio: io allora io vengo da te e ti dico guarda c’è una persona che mi picchia. A questo punto cosa succede? Quindi tu accerti il caso, allerti gli organi di polizia giudiziaria si arriva davanti al giudice e lui decide. Ma su parametri oggettivi o in base alla sua discrezionalità?
Allora al giudice arriva la denuncia che viene fatta presso gli organi di polizia giudiziaria, caserma dei carabinieri, commissariato di pubblica sicurezza. Deve essere improntata in una certa maniera, cioè bisogna mostrare che esiste un pericolo imminente e quando arriva questa denuncia al procuratore, è poi a sua discrezione decidere se “bloccare” l’aggressore con un braccialetto elettronico o far continuare a far vivere l’aggredito nella sua quotidianità. Il fatto è che purtroppo poi subentrano i servizi sociali nel senso che al momento in cui ad esempio una donna con un figlio, dei figli, si trova ad essere vittima di violenza e, come spesso succede, l’aggressore è il marito che è l’unico che porta reddito in casa, si corre anche il rischio di vedere i figli allontanati da una madre perché questa non è in grado, a loro avviso, di sostenerli economicamente e socialmente. E questo, te lo garantisco, genera davvero ancora più paura nelle donne che si vedono, ancora di più, allontanate dai propri affetti vicini. Ed allora di fronte a queste “concrete possibilità”, questi ostacoli decidono di non denunciare più.

Noi prima di incontrarci ci siamo sentiti al telefono e ci siamo detti una cosa: ho letto di casi di donne che si sono trovate nella situazione che tu mi dicevi – figlio tolto perché non era in grado di sostenerlo economicamente. Queste donne si lamentavano del fatto che nelle case famiglie per la gestione dei bambini lo Stato spende circa 50 euro al giorno. Se faccio i cosiddetti “conti della nonna”: 50 euro al giorno per 30 giorni vengono fuori 1500 euro. Tu sei donna, sei mamma, anche nonna mi hai detto … sappiamo bene che una madre con anche la metà, anche un terzo farebbe di suo figlio davvero un principe, o sbaglio?
Sì! Io vorrei cercare di far arrivare la mia voce, come quella degli altri operatori dei centri antiviolenza, sul tavolo di chi ci governa. È stato tolto il reddito di cittadinanza in quanto troppe lacune nella gestione dei controlli ma di fronte a questi fatti non avrebbe senso di provvedere “immediatamente” ad un reddito che possa tamponare le necessità impellenti di queste donne


Quindi tu saresti d’accordo a che il governo possa generare una sorta di “paracadute economico” per gestire queste situazioni proprio in virtù di quello che ci siamo detti cioè evitare l’isolamento in cui rischiano di finire poi le donne?
Certo che si sarebbe uno degli elementi che metterebbe in sicurezza le persone vittime di violenza, ti dico, tra le altre cose, che ci sono anche molti uomini che vivono la stessa situazione. Cioè permetterebbe loro di vivere in una situazione di maggiore tranquillità. E lo dico perché da prima linea vivo costantemente le paure di queste persone vittime di violenza che si trovano davvero alla mercè, oltre che fisica e psicologica, a dovere dipendere, per sopravvivere, dai loro aggressori dal punto di vista economico.
Quindi, se non ho capito male, quando parli di “prima linea” mi stai confermando il mio pensiero: vengono prima da te che dai carabinieri a denunciare le aggressioni?
Certo che si in quanto la difficoltà maggiore che incontrano queste vittime di violenza è strettamente collegata al fatto di sentirsi sole e di non avere alcun appoggio di fronte a queste situazioni e noi abbiamo il dovere di renderle coscienti anche dei rischi che si troverebbero di fronte ad una eventuale denuncia che rischia di isolarla ancora di più.

In che senso, scusami?
Per quello che ci siamo detti fin ora. Io denuncio resto da sola con mio figlio, il mio aggressore è l’unico che lavora … mi spieghi dove va questa donna a vivere e con quali soldi? E se ci aggiungiamo che in queste situazioni vengono allontanate dal contesto violento e messe in sicurezza senza, molte volte, neanche la possibilità di poter uscire mentre, troppe volte, assistiamo agli aggressori che se la spassano tranquillamente in giro. Quindi una protezione che diventa una sorta di “arresto domiciliare” che non fa altro che generare ulteriore disequilibrio per la persona vittima di aggressione che diventa così isolata, spesso anche senza la possibilità di telefonare a quei pochi amici o amiche. Faccio io una domanda a te: tu riusciresti a vivere cosi?

Di certo no, te lo posso assicurare. Quindi questa in apparenza “blindatura” diventa un vero e proprio isolamento mentre il “mostro”, l’aggressore, se la spassa in giro?
Certo ho assistito ed assisto a numerosi casi di questo genere dove la vittima è isolata e l’aggressore se la spassa in totale tranquillità e se ci sono bambini questi finiscono per la loro “sicurezza” in una casa famiglia spesso separati dal genitore vittima di aggressione.
Io faccio un salto indietro perché mi frulla una cosa in testa: tu all’inizio mi hai parlato di “pericolo imminente” all’interno della denuncia ma poi è il giudice che deve decidere se il “pericolo è imminente o meno”?
No, vuole tutte le fotografie, vuole tutte gli audio che devi mettere da parte a testimonianza delle aggressioni. Per cui se una donna, per esempio, non ce l’ha queste queste cose, o magari ha cambiato telefono bisogna predisporre un altro iter che ovviamente allunga ancora di più i tempi di intervento.

Allora, se ho ben capito, è sempre la soggettività di un giudice che decide.
Sì!

Quindi se lui ravvisa che non c’è rischio se ne assume pure la responsabilità?
Si, dovrebbe essere così

Ragionando per ipotesi: la donna o l’uomo vittima di aggressione vengono uccise dall’aggressore la responsabilità, teoricamente, andrebbe in capo al giudice?
In teoria si, ma non lo è! Ed è questo che non riesco a capire: questa norma che, nella visione, dovrebbe garantire non ha strumenti concreti ed immediati per aiutare le vittime di violenza.

Allora provo a girare la domanda. Se tu domani avessi la possibilità, conoscendo, perché le vivi, le necessità ed i bisogni delle vittime di violenza, quali correzioni porteresti al cosiddetto “Codice Rosso”?
Attuare immediatamente un programma di protezione alla vittima, ma lasciandola libera nella sua casa, magari con i suoi figli, aiutandola magari economicamente ed il carnefice deve essere allontanato. Ti dico che, ad esempio, perché a me piace parlare sul dato concreto, io ho donne che stiamo assistendo e l’unico modo è mandarle in delle strutture in Calabria allontanadole dal loro contesto sociale, famigliare che è invece da sempre qui ai Castelli Romani e la loro colpa è essere vittime di violenza. Quindi oltre il danno la beffa di essere allontanate dai loro spazi di vita.

Anche perché, correggimi se sbaglio, in questo modo gli eventuali figli e anche le condizioni psicologiche di queste persone subirebbero ulteriori danni davvero poi non più quantificabili.
Correttissimo perché, sempre per esperienza, si assiste davvero ad uno sfilacciamento anche del rapporto, ad esempio, tra la mamma, vittima di aggressione, con dei figli. Questi poi si sentono davvero isolati con è un padre violento, con tutte le ripercussioni che questo può generare loro, ed una madre lontana che spesso fatica pure nel mantenere con loro dei rapporti genitoriali completi.

Questa è la prima parte dell’intervista rilasciataci da Rosy Andreacchio, vicepresidente del Centro Antiviolenza Margherita, sezione Castelli Romani, di Frascati.

Domani pubblicheremo la seconda parte nella quale verranno evidenziati anche i problemi delle violenze effettuate da minori verso i loro famigliari.

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Editoriali

Oriana Fallaci: Il coraggio della verità

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Scusaci Oriana,
non ti abbiamo proprio capito.

Non solo ci avevi messi in guardia ma avevi lasciato che quello che tu chiamavi “alieno che vive in me” ti divorasse perché ritenevi più importante educarci alla riscossa dell’Occidente che salvare la tua vita.

Dopo quasi 20 anni dalla tua scomparsa– te ne andasti via in silenzio quel 15 settembre 2006 – siamo ancora con quell’estremismo islamico mascherato da buonismo che si insinua nel nostro pianeta con la rapidità di un virus al quale non siamo un grado di porre rimedio o, meglio, non vogliamo porre rimedio.

Le tue parole, i tuoi gesti, anche estremi, il chador buttato a terra – cencio da medioevo -, non hanno fatto presa.

Purtroppo un ecumenismo buonista ci copre gli occhi.

Gli Stati Uniti, un tempo custodi di un ordine mondiale democratico, si inginocchiano per l’ennesima volta di fronte alle guerriglie talebane divenendo, ancora una volta, artefici di confusione e non di libertà.

Le donne afgane tornano ad essere al pari di animali da riproduzione e nessuna voce si scaglia più contro questa ignominia.

Il sangue di giovani soldati occidentali sparso sulla terra non grida solo giustizia ma verità e rispetto per la loro missione di democrazia.

Il sangue di troppe giovani vittime colpevoli solo di vivere “nella parte sbagliata del mondo” muoiono sotto “bombe intelligenti” che dimostrano, sempre di più, la “stupidità del genere umano”.

Senza dimenticare la continua corsa ad un riarmo che in apparenza vuole imporre la pace ma poi diventa solo “fabbrica di morti”.

Scusami se mi rivolgo a te solo oggi.

Ma sento attorno a me il silenzio della rassegnazione di un mondo prono alla violenza.
Sento l’ipocrisia di chi vorrebbe un mondo organizzato dall’alto con scelte di chi, nel mondo, ormai non vive più perché abituato alle mollezze di un cultura che vuole essere solo di morte e non più di vita.

Oggi saresti stata l’emblema vivente di una riscossa necessaria ad un mondo senza più attributi né coraggio.

Saresti quel punto di riferimento di chi, come me e tanti altri, crede ancora nella possibilità che questo martoriato mondo possa tornare ad essere luogo di pace, di rispetto reciproco, luogo in cui le “libertà individuali” possano divenire valore aggiunto.

Ma, purtroppo, non ci sei più e sentiamo terribilmente la tua mancanza.
Ci manchi, mi manchi!

15 settembre 2006 – 15 settembre 2024

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