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Editoriali

Pandemia, genocidio e Coluche…

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E’ una esperienza  eccezionale della umanità questa che stiamo vivendo! E affianco a tanti problemi connessi dei quali ci accorgeremo man mano che la situazione sanitaria migliorerà, c’è da costatare una realtà  nuova e anche questa eccezionale e cioè gli Stati che ora intervengono in forza  a lenire e a sostenere: mai si era verificato a quanto assistiamo oggi, mai gli Stati e gli organismi internazionali sono intervenuti così massicciamente come ora. In siffatta congestione di iniziative volte al sollievo e al ristoro, si evidenziano in maniera perfino truce e turpe due aspetti: la emarginazione, una ghettizzazione vera e propria, nei confronti della morte incombente sugli anziani e sui vecchi  a favore di certe categorie e cioè giudici, avvocati, professori ecc. che per nulla e per niente meritano o valgono trattamenti privilegiati rispetto ai vecchi.

Ho detto turpe e truce ma si può aggiungere, a buona ragione, criminale e addirittura genocidio: ignorare la posizione prioritaria della vaccinazione a favore degli anziani, è equivalso a dichiararne la morte certa a favore, in questo caso, di altre ben pasciute categorie: a dir poco terrificante che giudici e avvocati,  operatori di Giustizia, abbiano accettato la iniziativa come se dovuta.

E tale stato di fatto è un tratto delinquenziale analogo alla famosa dichiarazione che la vaccinazione debba tener conto del pil cioè della moneta, analoga anche a quella proclamata da un pagliaccio urlatore che la precedenza alla vaccinazione spetti ai ceti produttivi!!

Nelle nazioni confinanti non si assiste a tale delittuosa situazione quale quella italiana in quanto la urgenza e il ruolo primario della vaccinazione viene riconosciuta normalmente e aprioristicamente  alle categorie più esposte:  da  noi, indifferenti, cinici, egoisti, avviene il contrario: il risultato è che in questi Paesi i decessi sono di gran lunga  inferiori. Centodieci-centoventimila  morti di quasi soli vecchi, è un genocidio, un nuovo olocausto! E tutti coloro che volutamente o no, hanno operato con questi risultati tragici dovrebbero non vergognarsi, che è nulla e niente, ma comportarsi come sogliono fare certi  uomini in certi casi! Quanto deve però, nella sostanza, perfino atterrire è che i cosiddetti cittadini cioè gli Italiani, se ne stiano, e siano stati fino ad oggi, con le mani in mano, alla finestra a guardare oppure, i fortunati, ai Caraibi o ai Tropici. E ci si chiede: ma dove sono la quantità enorme di associazioni, sodalizi, sindacati e analoghi? E questa è la fortuna vera sia dei delinquenti e sia soprattutto degli incapaci e incompetenti. Deve anche imbarazzare il fatto che il capo dello Stato, sempre così sensibile e partecipe, abbia assistito alla italica shoah senza prendere alcuna iniziativa!

Altro aspetto che pure deve atterrire è il seguente fatto: lo Stato e le sue istituzioni è ormai un anno pieno che investono cifre iperboliche al di là di un debito pubblico pauroso, cifre che a epidemia superata si presenteranno all’incasso. Eppure in siffatta  grave emergenza mai si è parlato  di intervenire nei confronti dei fortunati e dei privilegiati, di quelli cioè che  godono di pensioni e stipendi e benefici  vari  da nababbi, anche in regime di covid: sarebbe stato non solo obbligatorio ma perfino giusto pretendere, soprattutto in un paese appezzentito quale il nostro, che tali fortunati  nazionali di ogni categoria e contesto fossero stati obbligati d’imperio a rinunciare a  una parte proporzionale dei loro emolumenti a favore della maggioranza sofferente: zero e niente e quindi oggi più che mai si assiste a situazioni che ci riportano agli epuloni di Gesù. La medesima indifferenza si riscontra verso le società  del gas, dell’acqua, dell’elettricità, ecc. ai quali imporre l’immediato abbassamento delle tariffe, già ora le più esose d’Europa. Nulla anche ora. E dire che tra di loro vi sono categorie di fortunati dipendenti ai quali si riconoscono, pare,  sedici mensilità di emolumenti!      

Anche in questi casi di occasioni, fino ad oggi, miseramente perse,  la lezione ci viene da un vicino, da Papa Francesco, che, a seguito di una loro contingenza ha abbassato gli stipendi di tutti i dipendenti, a partire dai cardinali, d’imperio!

Ho voluto ricordare Coluche  († 1986), caro ai francesi come la Rivoluzione, come la Marsigliese,  come la Semeuse perché fu il personaggio  pubblico che una cinquantina di anni fa aprì gli occhi verso i cosiddetti ‘barboni’, i ‘clochards’ di Parigi, cioè gli ultimi della società e con alcuni amici e a spese proprie, inventarono letteralmente i ‘Ristoranti del cuore’, i ‘Restos du Coeur’ di cui abbiamo scritto in qualche passata nota. E qui mi arresto e invito i lettori  a corroborarsi l’anima e lo spirito, andando in  rete e leggere  la storia dei ‘Restos du Coeur’  che oggi in regime di pandemia, stanno vivendo un momento ancora più eccezionale in fatto di solidarietà e di soccorso agli sfortunati. Sono qualcosa come la nostra benemerita Comunità di S. Egidio, ma di livello nazionale e pubblico.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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