Connect with us

Editoriali

Giornata contro le mafie: solo con un giornalismo che parla al cuore umano è possibile sconfiggere la mafia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Noi giornalisti abbiamo l’obbligo morale di combattere contro le ingiustizie attraverso la diffusione della cultura della giustizia

di Biagio Maimone 

Per la stragrande maggioranza delle persone la mafia è  un’associazione a delinquere. Tuttavia, la parola “mafia” rimanda a molteplici significati, che definiscono l’agire umano per quanto attiene agli aspetti più deteriori che lo connotano, quali la violenza, l’esclusione, il malaffare, il crimine, per permettere il monopolio del potere di alcune persone,  in ogni ambito della vita umana.  Si riscontra l’esistenza di una mentalità mafiosa, molto diffusa e radicata, non violenta dal punto di vista fisico, che rappresenta la mentalità del potere che, spesso, anche se non sempre, determina l’identità degli ambiti principali dell’esistenza umana e, fra questi, quello economico, seguito, subito dopo, da  quello politico.  
Si verifica, per tale motivo, che la società civile è permeata da lobby di potere che decidono quali debbano essere i soggetti che la governano.  Molti interessi economici scaturiscono da tale modo di dominare la realtà, nei  campi più svariati.  

Quando si parla di raccomandazione, termine molto in uso, si parla di uno dei modi più comuni mediante 0cui si esprime la mentalità mafiosa.  

Non si può non riconoscere che la mafia vive, innanzitutto, nel cuore umano, altrimenti non si esprimerebbe nella realtà. Essa è alimentata dall’ignoranza, dal  pregiudizio, dalla stupidità e da quel falso e deleterio concetto di potere. C’è da chiedersi se un mondo migliore è possibile? Senz’altro: impegnandosi per l’affermazione della democrazia .  

La mafia, difatti, in quanto alimentata dalla violenza, espressa materialmente oppure moralmente, è l’antidemocrazia per eccellenza. La democrazia è foriera di pace sociale e di amore sociale, nonché di crescita e sviluppo armonioso della società. Si può, mediante la diffusione di una cultura parallela, che affermi la democrazia, creare un’alternativa di governo della realtà. Questo dipende,  non vi è dubbio, dalla lealtà di quanti a tale impegno si accingono.  

Bisogna tenere in considerazione che la concezione mafiosa della vita, ossia la ghettizzazione della realtà,  non ne ha determinato l’espressione delle sue reali potenzialità, tenendola ferma nel regresso.  
Da tale mentalità è proliferata la povertà, di cui, attualmente, si raccolgono i risultati deleteri.   Tuttavia, il terzo millennio, che può definirsi l’epoca della verità, con l’acuirsi della povertà nelle sue forme più  estreme, ha posto in luce una necessità impellente, quella di  lottare per  l’inclusione, pena il decadimento definitivo ed irreparabile nell’indigenza,  facendo esprimere le diversità, ossia ogni essere umano in ogni contesto. L’impegno è di carattere morale e culturale.   

Autentiche frane si sono aperte nel tessuto socio-economico di ogni Stato ed altre si apriranno, che fanno emergere che non è questa forma di potere, ossia quello mafioso, quello capace di reggere la crescita ed il benessere dei popoli.  

E’ qui che emerge una verità storica, che la storia la fanno gli uomini, tutti gli uomini, soprattutto quelli che amano il proprio universo e chi lo abita, ossia l’essere umano. Noi che ci occupiamo di comunicazione  dobbiamo accogliere l’appello che tanta miseria economica ed insieme morale rivolge alle nostre coscienze.  

Dobbiamo, perciò, veicolare nuovi contenuti che pongono al centro il valore sacro di ogni individuo, che insieme agli altri individui, dà vita alla democrazia,  unica forma di potere che può governare la realtà e farla crescere, perché fondata sull’amore per il prossimo, sul valore della dignità umana e perché  sa discernere l’economia che si dirige verso l’altruismo da quella impoverente che si fonda sull’egoismo, ossia sul potere di pochi, accecati dall’odio e dall’amore per il  potere fine a se stesso.  

Noi dobbiamo porre in luce quanto importante e costruttivo sia il potere della verità.  E’ un compito educativo e, nel contempo, morale.  Riscatteremo dal degrado il concetto di Stato, di Nazione, il concetto di lavoro, il concetto di cultura, il concetto di politica.

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

Continua a leggere

Editoriali

Un anno senza Silvio Berlusconi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti