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4 anni faon
Non sarebbe stato un incidente a causare la morte, lo scorso 11 gennaio, di una bambina di 18 mesi di Cabiate (Como). In base agli accertamenti medico legali, la piccola è stata “ripetutamente picchiata” e “violentata”.
In carcere, per questo motivo, è finito il compagno della madre: solo in casa, quando la bimba era stata trovata agonizzante dalla nonna materna, aveva sostenuto che si era tirata addosso una stufa mentre giocava.
Questo l’agghiacciante quadro che emerge dagli ultimi sviluppi dell’indagine relativi al decesso della piccola S. B., morta lo scorso 11 gennaio all’età di soli diciotto mesi presso l’ Ospedale Papa Giovanni XXIII” di Bergamo dove era stata trasportata d’urgenza per le gravi lesioni riportate nel pomeriggio dello stesso giorno presso l’ abitazione di Cabiate, mentre si trovava in compagnia del compagno della madre.
In base alle informazioni inizialmente fornite da quest’ultimo alla nonna ed alla madre della bambina (entrambe assenti al momento del verificarsi delle lesioni), la piccola sarebbe stata colpita da una stufa, (rinvenuta danneggiata sul pavimento in sede di sopralluogo nwella abitazione da parte dei Carabinieri della Tenenza di Mariano Comense) che lei stessa aveva (asseritamente) fatto accidentalmente cadere da una scarpiera ed inizialmente non avrebbe mostrato alcun sintomo di malessere (tanto da continuare a giocare).
La nonna materna, intervenuta nell’appartamento dopo circa due ore dall’asserito incidente domestico, aveva trovato la nipote priva di sensi, con la maglietta recante tracce di vomito e pertanto sollecitava il compagno della figlia a chiamare il 118. Prima del ricovero in ospedale, nel corso di interlocuzioni telefoniche con il compagno, la madre della bambina riscontrava delle lesioni al labbro della piccola che il compagno cercava di confusamente di giustificare attribuendole ad una caduta o ad un urto.
Successivamente al decesso della vittima venivano disposti accertamenti autoptici.
Le relazioni preliminari del medico legale hanno smentito le dinamiche inizialmente riferite dall’unica persona che si trovava in compagnia della bambina prima che sopraggiungesse la nonna materna :
il decesso della piccola è sttao infatti ricondotto a “traumatismo cranico contusivo produttivo di frattura cranica occipitale sinistra, dei focali sanguinamenti intracranici ed un edema cerebrale massivo.
Sul corpo della piccola sono state inoltre rinvenute molte lesioni, quali escoriazioni al vertice del capo, ecchimosi in regione frontale e in regioni zigomatiche, escoriazioni al naso e al labbro superiore, una lacerazione del frenulo labiale superiore, ecchimosi sotto il mento, escoriazioni al dorso in corrispondenza della colonna vertebrale, ecchimosi in corrispondenza della cresta iliaca destra e di quella di sinistra di diverse cromie, plurime ecchimosi, distribuite al tronco e ai quattro arti di diverse cromie (non compatibili con cadute accidentali e risalenti ad epoca anteriore e non prossima al decesso), lacerazioni dell’orifizio anale, una minuscola escoriazione alla commessura labiale posteriore della vulva, una soffusione ecchimotica fronto-parieto-temporale destra, coinvolgente anche il padiglione auricolare, con una minuscola ferita alla sua radice.
Gli accertamenti del medico legale hanno quindi consentito di ritenere che:
1) le lesioni del capo, per la loro pluralità e la loro localizzazione (vertice, volto, lato destro, regione posteriore, regione sotto il mento) non possono ricondursi a mera accidentalità;
– non permettono di ipotizzare che la bambina con un trauma cranico di tale entità sia stata in grado di riprendere a giocare;
– comportano dolore, irritazione meningea da sanguinamento intracranico e compromissione neurologica.
2) le lesioni in sede anale non sono accidentali ma attribuibili a penetrazioni e probabilmente ad unglie e quindi ad una violenza sessuale ai sensi dell’art. 609 bis del c.p..
Quanto pertanto riferito dal compagno della madre della piccola (che inqualche altra circostanza si è trovato da solo nella abitazione insieme alla bambina, mentre la madre era impegnata al lavoro) a giustificazione dell’infortunio è quindi risultato menzognero.
Gli esiti preliminari della consulenza medico legale unitamente agli accertamenti scrupolosaamente svolti dal Tenenza dei Carabinieri di Mariano Comense (che ha altresì ininterrottamente controllato il compagno della madre della vittima sin dal momento in cui sono emerse le prime incongruenze nel suo racconto, per le quali ha assunto la qualità di persona sottoposta ad indagini) inducono pertanto a ritenere che la piccola sia stata ripetutamente picchiata (verosimilmente non solo in occasione del pomeriggio di lunedì 11 gennaio, allorquando si trovava da sola con l’indagato, ma anche in precedenti circostanze), nonché violentata in una epoca prossima al tragico pomeriggio di lunedì 11 gennaio 2021.
Per questa ragione la Procura della Repubblica ha avanzato in data 22.1.2021 una richiesta di applicazione di misure coercitive nei confronti del compagno della madre della piccola vittima, ravvisando la sussistenza di gravi indizi per contestare allo stato (salvo modifica delle imputazioni che possa scaturire dagli ulteriori sviluppi delle indagini ancora in corso) i reati di
Il Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Como ha accolto la richiesta del pubblico ministero disponendo in data 23.2.2021 per l’indagato (che nelle ultime ore aveva lasciato l’abitazione della convivente per trasferirsi in altra località) la custodia cautelare in carcere.
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Luciano Calzati
24 Gennaio 2021 at 12:40
Naturalmente di tratta di una svista del cronista di non precisare che “il compagno della madre” è un rumeno ventottenne