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Twin Mirror, un thriller interattivo tutto da giocare

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Con Twin Mirror Dontnod Entertainment torna a raccontare storie, e dopo “Vampyr” e “Life is Strange” stavolta lo fa con un thriller psicologico interattivo per Pc, Xbox e PlayStation che mette i giocatori nei panni di un reporter investigativo alle prese con la morte del suo migliore amico.

Sam Higgs è un uomo sull’orlo di una crisi di nervi. Da quando Anna ha rotto con lui ha deciso di allontanarsi, da Basswood, dal giornale locale di cui era reporter investigativo di punta, dagli affetti. Perfino da Nicholas Waldron, collega e amico fraterno, dai record sul sudicio e diroccato cabinato di Pac-Man, attrazione principale del pub locale insieme alla birra annacquata e alle risse.

E pensare che ha avuto persino l’onore di diventare padrino di Joan, sua figlia. Tutto andato in fumo, perso in un cellulare che ha trasformato le persone in squilli a vuoto, fino al giorno in cui un messaggio ha decretato, tragicamente, la fine dell’esilio. “Nick è morto in un incidente stradale, verrai al funerale?”. Un momento troppo intimo per svelarlo al giocatore, che viene accompagnato da Dontnod nel suo viaggio di ritorno alle origini in auto: fuori dai finestrini l’autunno pallido del West Virginia. L’imbarazzo di incontrare persone che si è deciso di archiviare dall’oggi al domani, costretti a condoglianze e sorrisi forzati. E poi il dispiacere della perdita aggravato dai sospetti della figlia, chiamata “Bug” dalla sua passione per gli insetti, troppo sveglia e intelligente per la sua età, per bere alla goccia la storia della fatalità, amara e ustionante come whiskey liscio.

Twin Mirror diventa così un thriller dalle premesse estremamente umane che di sicuro interesserà chiunque decida di affrontarlo. Tornare nella sua cittadina natale, per Sam, non è stato facile. Troppe cose lo hanno frastornato e deluso, tanto da rintanarsi in sé stesso. Il protagonista è un personaggio che non porta nulla di realmente innovativo nel campo del medium videoludico, però gli sviluppatori sono stati abili a ricreare una situazione psicologica decisamente credibile, oltre che ben scritta. In termini di gameplay, i pensieri di Sam sono contenuti nel suo “Palazzo Mentale”, una ricostruzione cristallizzata dove sono contenuti tutti i suoi ricordi che noi possiamo rivivere con l’avanzamento della storia. Alcuni di questi saranno invece opzionali e andranno ad arricchire tutti gli altri aspetti del carattere dei personaggi principali e delle vicende che li circonda. L’obiettivo di chi gioca è quello di scoprire cosa è successo al proprio amico, se si tratta di un reale incidente stradale oppure se dietro la vicenda si nasconde un qualcosa che va al di là della semplice casualità.

Con Twin Mirror si vivranno in prima persona le turbolente vicissitudini di tutti i cittadini e respirando l’aria cupa e inquietante di una città sull’orlo del fallimento. Ulteriormente simbolica nelle produzioni di Dontnod Entertainment è anche la figura del doppio, una sorta di doppelganger mentale che, in molti casi del passato, era la figura del giocatore che usava i pensieri dei personaggi per giocare, mentre nel caso di Sam, il suo doppio è Lui, il suo Super Io che vuole aiutare o sabotare (a seconda dei punti di vista). Si potrà decidere di ascoltarlo o ignorarlo, dando al giocatore un ruolo diverso questa volta, quello del giudice che analizza i dettagli e che si ritroverà, soprattutto nel finale, a capire le reali intenzioni degli sviluppatori: non bisogna partecipare alle vicende, ma sarà necessario piuttosto comprenderle.

I giocatori non saranno chiamati a risolvere il mistero, bisognerà conoscere Sam nelle sue varie sfaccettature e riuscire ad immedesimarsi nella psiche dell’uomo senza empatizzare interattivamente con le vicende, ma bensì con gli aspetti più personali ed emotivi del personaggio. Gli stessi protagonisti, in taluni casi, mostrano di voler rompere la quarta parete e chiedere direttamente a chi gioca che cosa ne pensa. Dopo Life is Strange ci si chiedeva se quest’opera fosse stato un colpo di fortuna per gli sviluppatori. Le ultime produzioni hanno mostrato degli evidenti miglioramenti su molti campi, ma la linea narrativa si focalizzava molto su aspetti attuali e che sono spesso al centro di polemiche. Con Twin Mirror si capisce fin da subito che si tratta di una narrativa decisamente più matura, anche più cupa e sicuramente più interessante. Si affrontano problemi legati alla psiche, alle relazioni sociali e tanti altri temi più “adulti” rispetto anche all’ultimo Tell Me Why o Life is Strange 2. Ovviamente tutto ciò non è privo di difetti, anzi, il gioco offre una trama davvero interessante e intrigante, tanto da incollare il giocatore allo schermo, ma rispetto al passato si nota anche una certa frettolosità nei dialoghi e nelle scene, rendendo certe situazioni fini a sé stesse.

Per quanto riguarda la longevità, Twin Mirror purtroppo dura meno di quello che si sperava. Ma la durata è limitata anche per via di una bassa interattività dei luoghi che si visitano. Se in Life is Strange si poteva osservare quasi ogni dettaglio e scoprirne la natura, in Twin Mirror questo avviene in misura minore. Infatti anche per l’aspetto inerente alle indagini, sia gli indizi che le prove sono pochi e facilmente trovabili, velocizzando notevolmente il ritmo. Infatti se analizzassimo la durata sotto il profilo del ritmo, possiamo ritenerci soddisfatti, in quanto per completare il titolo servono circa cinque o sei ore delle quali l’intensità va crescendo, senza tempi morti. Riteniamo infatti che nel complesso, quello di Twin Mirror sia un viaggio molto interessante e soddisfacente nonostante la durata possa non favorire molti giocatori. In sua difesa possiamo dire che rigiocarlo con altre scelte, in questo caso, non risulta inutile: andare a vedere su YouTube i diversi finali non vi mostrerà nulla di diverso, sarà più interessante provare a conoscere Sam attraverso diverse opzioni e provare a capire il suo reale pensiero quale sia.

Se il comparto grafico risulta a un primo impatto davvero ben realizzato, specialmente per quanto riguarda la progettazione anche estetica del Palazzo della Mente, emergono a più riprese alcune sfaccettature non particolarmente rifinite. A livello di animazioni, ad esempio, non manca qualche problematica a volte anche eccessivamente fastidiosa come se gli sviluppatori avessero tralasciato alcuni piccoli particolari. Stesso discorso per quanto riguarda le texture, non sempre del tutto perfette e a tratti ampiamente migliorabili, ma questi piccoli nei fortunatamente non minano quella che è un’opera estremamente profonda e intelligente.

Per quanto concerne invece il gioco in quanto esperienza ludica, Twin Mirror presenta alcuni alti e bassi non sempre trascurabili. Non mancano infatti momenti filler, riempitivi che vanno ad abbassare quel livello di una tensione che dovrebbe sempre essere elevato in un’opera thriller come questa. Nulla di eccessivamente compromettente in ogni caso: dall’inizio alla fine l’avventura di Sam risulterà infatti godibile e appassionante, e se a tratti la narrazione dovesse apparire altalenante è altresì vero che spesso e volentieri il colpo di scena è letteralmente dietro l’angolo. Tirando le somme, nonostante Twin Mirror non rappresenti un “mostro sacro” di questa stagione, vale la pensa di essere giocato. Le emozioni che può dare e la sua particolarità a livello estetico lo rendono infatti un prodotto interessante e adatto a coloro i quali adorano i thriller o i misteri di tipo psicologico. Se cercate un titolo diverso dal normale, ma in grado di catturare la vostra attenzione e di tenervi incollati alla poltrona, allora questo Twin Mirror rappresenta ciò che cercate.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 7,5

Gameplay: 7,5

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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Nobody Wants to Die, il videogame thriller in salsa cyberpunk

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Nobody Wants to Die, titolo sviluppato da Critical Hit Games disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, è un’avventura di stampo noir ambientata nella città di New York del 2329. Protagonista dell’avventura è il detective James Karra che si trova a dover indagare su una serie di misteriosi omicidi. Il poliziotto però non è solo, ma dovrà affrontare le indagini assieme alla giovane collega Sara Kai, suo braccio destro nonché personaggio fondamentale nel corso della storia. Fin dai primi passi mossi in questo thriller decisamente molto curato per quanto riguarda l’aspetto grafico, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera da detective story in stile Blade Runner, dove però il focus devia totalmente dalle dinamiche di combattimento che ci si aspetterebbe. Nel corso di tutta la durata di Nobody Wants to Die, infatti, non si incontrerà alcuna sequenza di combattimento. Un vero peccato perché a nostro avviso qualche sparatoria avrebbe sicuramente messo più pepe al tutto. Come si può intuire, quindi, i cardini della produzione sono racchiusi tutti in tre elementi: storia, personaggi e ambientazione. A livello narrativo l’avventura ha inizio con il detective James Karra che torna a lavorare in polizia dopo un recente incidente in seguito al quale sembra aver avuto delle conseguenze sulla sua salute psichica. Proprio nel suo giorno di riposo viene incaricato dal suo capo di indagare sul presunto suicidio di uno degli uomini più ricchi di New York, Edward Green. L’uomo si accorgerà ben presto però che il caso affidatogli non è quel che sembra e, in compagnia della sua collega, Sarah, si troverà invischiato in un intrigo politico estremamente pericoloso e complesso.

Fra livelli che si sviluppano in verticale man mano che aumenta il tenore di vita dei cittadini, auto volanti che affollano i cieli ed enormi insegne luminose a fendere l’oscura decadenza di una metropoli in cui piove sempre o quasi, l’ambientazione di Nobody Wants to Die si ispira in maniera palese a Blade Runner ed è ovviamente un peccato che la si possa solo ammirare da lontano. Sono presenti infatti sequenze in cui il protagonista si ritrova a contemplare il profilo della sua New York e il traffico che scorre fra i palazzi, magari mentre si affaccia dallo sportello aperto della sua stessa auto volante. Tuttavia, una volta messo in moto il veicolo, l’atto di viaggiare verso una qualsiasi destinazione viene rappresentato in maniera automatica, senza la possibilità di pilotare il mezzo. Di fatto i momenti in cui viene concesso di esplorare lo scenario sono pochi e limitati, a dimostrazione di come il contorno scenografico dell’avventura sia appunto questo: un semplice sfondo, pensato per arricchire e contestualizzare un gameplay che di fatto si limita all’analisi delle scene del crimine o ai puzzle che concludono un’indagine andando a sommare i vari elementi. A livello di giocabilità, una volta giunti sulla scena del crimine si può azionare un dispositivo in grado di “riavvolgere il tempo” e rivelare elementi da approfondire e visualizzare, ricorrendo anche ad apparecchi come la fotocamera, la lampada UV e il visore a raggi X per ricostruire di volta in volta ciò che è accaduto e chi ha fatto cosa. Questa parte dell’esperienza è piacevole e molto ben coreografata, ma come detto risulta parecchio guidata. L’interfaccia del gioco, infatti, dispensa suggerimenti in continuazione, al punto che la modalità di visualizzazione teoricamente deputata a fornire dei consigli si rivela inutile. Viene detto fino a dove far scorrere il tempo, che strumento utilizzare e quando, rendendo futile persino la ruota di selezione dei dispositivi; e così anche il gameplay stesso di Nobody Wants to Die si rivela semplicemente funzionale alla narrazione e nient’altro.

L’ambientazione oscura scelta dal team polacco è di certo la componente meglio riuscita dell’intera produzione perché, al netto delle sue evidentissime ispirazioni, riesce a far emergere una discreta personalità all’interno delle suggestioni cyberpunk grazie ad un retro-futurismo datato ma efficace: l’impatto scenografico prestato da Blade Runner è qui mescolato ad un’estetica anni Quaranta, generando una dose di malinconia mista a tristezza nell’osservare auto volanti e dal design antiquato sfrecciare tra le piogge acide di una notte perenne. La colonna sonora doom jazz accompagna le elucubrazioni di un protagonista costretto a vivere per sempre nonostante la mancanza di stimoli reali, tratteggiando i confini di un universo in cui l’immortalità non è un dono, ma una condanna a vivere con i propri rimorsi. L’Unreal Engine 5 è qui utilizzato per donare un elevato grado di dettaglio ad ambientazioni contenute e ben diverse tra di loro, con un preset “Qualità” che fa sfoggio di un ray tracing corposo e di un’illuminazione efficace, mentre quello “Prestazioni” – che mantiene stabilmente i 60 fps – smorza il colpo d’occhio facendo calare la definizione e riducendo i giochi di luce. Tirando le somme possiamo dire che questo Nobody Wants to Die è nel complesso un’avventura a base narrativa caratterizzata da un’affascinante ambientazione cyberpunk, che attinge a piene mani da alcune opere piuttosto celebri, come il già citato Blade Runner, per raccontare una storia interessante e coinvolgente, costruita interamente sui due protagonisti. È vero: il gameplay si limita all’analisi delle scene del crimine e gli sviluppatori non hanno osato sconfinare, infarcendo anzi le meccaniche investigative di suggerimenti contestuali che rendono l’esperienza parecchio guidata, ma non per questo meno piacevole. Se quello che si cerca è un titolo tranquillo, con un’ambientazione molto suggestiva e che sia privo di una componente action, allora Nobody Wants to Die è il titolo che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 7
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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Threads in forte ascesa, superati i 200 milioni di utenti

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Threads, l’ultimo nato fra i social di Meta, ha superato il traguardo dei 200 milioni di utenti. Lo ha affermato con un post online Adam Mosseri, capo di Instagram, sulla cui rete Threads si basa. L’annuncio arriva un giorno dopo che Mark Zuckerberg aveva dichiarato durante una call sugli utili di Meta, che l’app stava per raggiungere i 200 milioni di utenti. In passato, il fondatore di Facebook ha più volte ipotizzato che Threads mira a diventare un social da un miliardo di iscritti. “La mia speranza è che Threads possa ispirare idee che uniscano le persone e che questa straordinaria comunità continui a crescere. Grazie a tutti per aver investito il vostro tempo e fornito feedback che rendono questo posto migliore per tutti” ha scritto Mosseri dal suo profilo su Threads. Come concorrente di X, l’app deve ancora risolvere alcune lacune che la differenziano ancora dal colosso guidato da Elon Musk. Come scrive Engadget, la stessa Meta è conscia del fatto che l’algoritmo che presenta i post in tempo reale di X sia molto più veloce di quello su Threads. “Non siamo ancora abbastanza veloci, e stiamo lavorando attivamente per migliorare” ha proseguito Mosseri. In ogni caso i numeri parlano chiaro, Threads in poco tempo sembra aver conquistato un elevato numero di utenti e sembra che il fenomeno sia destinato a crescere. Riuscirà a diventare la nuova punta di diamante di Meta? Lo scopriremo solo seguendo gli sviluppi e la crescita di questo giovanissimo social media.

F.P.L.

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Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

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Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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