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Editoriali

Gli italiani fuggono, arrivano i migranti

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di Roberto Ragone

 

Alla fine, fra Boeri e Fornero, tutti sono stati costretti a riconoscere che il progetto di affidare al lavoro degli stranieri del barcone le pensioni degli Italiani, era fallimentare, basato sul fatto che tanti stranieri non raggiungono l'anzianità necessaria per maturare una pensione.  Anche perché, a sentire la Fornero, si sta studiando un sistema per conferire agli stranieri tornati in patria dopo avere versato parte dei contributi, quella parte di pensione che spetterebbe loro se rimanessero in Italia.

Tutto ciò senza voler guardare la luna, ma solo il dito, visto che le pensioni basse sono la reale causa dell’esodo degli anziani, costretti ad emigrare per sopravvivere, mentre i giovani vanno all’estero per trovare un lavoro degno di questo nome, magari in USA, dove vengono apprezzati molto di più che da noi, dove se non hai lo zio monsignore finisci a fare il lavapiatti in qualche ristorante – sempre che il posto non sia stato occupato da un ‘migrante’.  In questo momento, a scapito dei paradisi caraibici, la nazione che riscuote maggior successo è il Portogallo, dove i pensionati non pagano tasse, e dove la vita è tranquilla dal punto di vista sicurezza, oltre che a costare molto meno che in Italia. Tutto ciò ha allarmato chi di dovere, e allora l'Agenzia delle Entrate ha incominciato a fare due conti, ipotizzando un accordo fra l'Italia e la nazione di residenza del pensionato, per comunque succhiare altro denaro a chi è costretto a fuggire da una nazione con politiche dissennate e poco democratiche.

Le pensioni agli Italiani all’estero vengono erogate al lordo di detrazioni fiscali, dato che le tasse vanno pagate nel paese di residenza, e questo aumenta di un venti/trenta per cento la disponibilità di chi quel denaro riceve. Se poi, come in Portogallo, i pensionati non pagano tasse, ecco che una pensione di mille euro che in Italia è  assolutamente insufficiente a sopravvivere, diventa fattore di benessere in una nazione meno esosa.  Il tutto grazie ad una politica previdente e assennata, dobbiamo concludere, visto che sulla carta il Portogallo dovrebbe essere, in una scala di valori europea, sotto l’Italia. Un’Italia in cui le emergenze fanno comodo per tanti fattori; e infatti siamo sempre in emergenza, vuoi per gli incendi, vuoi per i terremoti, per gli allagamenti, per la mancanza d’acqua, per i vaccini, per il morbillo – che strano, le epidemie di morbillo divenute mortali! Ma non l’avranno portato con i barconi? – per le inquinanti trivellazioni selvagge in mare, per le inutili ma sponsorizzate TAV e TAP, per gli sbarchi quotidiani, per le aggressioni ai controllori dei treni e ai conducenti dei bus, dove nessuno paga il biglietto, e questo accade anche nelle metropolitane; l'Italia costretta ad importare prodotti agricoli dall'estero, come olio arance e frutta varia, distruggendo la nostra economia rurale, solo perchè “ce lo chiede l'Europa” per conto delle lobby e delle banche. Un'Italia in cui le nostre donne e le nostre ragazze hanno dovuto imparare a difendersi da chi  le considera facile preda alla mercè di chiunque voglia abusarne, di giorno, di notte, in città o nelle campagne, in branco o da soli: soltanto perchè da loro si fa così, con buona pace della signora Boldrini, femminista convinta ma non convincente: eccetera eccetera.

Salvo poi, le emergenze, a fare i conti con la burocrazia, vera spina dorsale dell’italica inefficienza, e, secondo alcuni, fonte ed effetto di corruzione e mala gestione, dove il vero potere è in mano ai burocrati, anonimi personaggi da scrivania e ‘cartellino’. I terremotati abruzzesi, per esempio, per la maggior parte, sono ancora baraccati, per motivi burocratici, nonostante le promesse di Renzi, secondo il quale ‘per Natale 2016 tutti avrebbero avuto una casa’. Già le promesse di Renzi… per chi ancora ci crede, ma ormai non ci credono più neanche quelli del Giglio Magico.

Città invivibili, soffocate dal traffico e dalle multe per fare cassa, e più di recente senz’acqua; quando si sa che il 40%, ma anche di più, dell’erogazione idrica viene dispersa per la cattiva manutenzione degli acquedotti: e questo è noto da almeno trent’anni, ma nessuno si è data la briga di riparare fosse pure una falla. Falla che, riportata nelle pensioni, si moltiplica. Infatti le perdite sono innumerevoli, e per perdite s’intendono pensioni pagate a che non ha sufficientemente versato. In prima fila i politici: Cicciolina-Ilona Staller, per esempio, dopo una legislatura, allo scoccare dei sessantacinque anni, ha maturato un vitalizio di 3000 euro al mese. Ma… i versamenti?

E come lei tanti, tutti, troppi; a fronte di chi ha realmente lavorato e  versato per oltre trenta o quarant’anni, e che si ritrova con una elemosina.  Intanto, nessuno parla delle pensioni che l’INOPS eroga a favore di 14mila sacerdoti. Il governo ha ammesso che, nonostante lo Stato italiano ogni anno versi nelle casse del Fondo Clero una somma pari a 7 milioni e 924mila euro, in quel fondo sopravvive un ‘buco’ di 2 miliardi, e non c’è volontà di intervenire. Tanto paga Pantalone, e il denaro dei nostri versamenti vanno a favore di chi versato non ha, almeno a sufficienza. Con il rischio che a carico del sistema ci siano pensioni d’oro versate ad alti prelati. Il ministro Poletti, ad una interrogazione specifica, ha risposto che il problema risiede nello squilibrio tra contributi versati e prestazioni erogate, con un rapporto, per il 2015, di tre a uno. Cioè, in pratica, una prestazione pensionistica ha avuto versamenti solo per il 30% del necessario.

Insomma, questa Italia sta andando a picco. Governi e partiti che badano solo al consenso politico, fosse pure solo in aula, come faceva Renzi quando era premier, mentre a far andar dritta la nazione non ci pensa nessuno. Un poliziotto della stradale sanzionato per aver detto ciò che tutti, o molti, pensano, a proposito degli stranieri e delle ‘risorse’, senza contare le proteste da parte dei ‘migranti’ [lo metto tra virgolette perché è un neologismo, coniato per fare in modo che non si usasse il termine, che sarebbe più appropriato, di ‘clandestini’, né si potrebbero chiamare ‘emigranti’, visto che per l’emigrazione esistono appositi uffici che rilasciano visti, senza dei quali ognuno rimare a casa sua] che un giorno sì e l’altro pure, avendo intuito il ventre molle della nostra nazione, scendono in piazza perché ‘cibo no buono, no pasta, carne scaduta, cibo scaduto, niente televisore, niente wi-fi, casa troppo piccola’.

Hanno anche imparato a distinguere fra cibo scaduto – il che non corrisponde a verità, tranne forse in alcuni casi – e cibo ‘buono’, che poi non si sa per loro quale sia. Nella realtà abitano in alberghi e sistemazioni molto più confortevoli di tanti nostri connazionali costretti a dormire con la famiglia in auto o in roulotte. Quindi le ‘risorse’, così le chiama la Presidenta Boldrini, non si toccano, pena sospensione e successiva sanzione. Ma lo sapete che questi uomini, i poliziotti, stanno tutto il giorno sulla strada per la nostra sicurezza, con stipendi a volte insufficienti per la famiglia, e che quella ‘risorsa’ su Graziella in autostrada era un pericolo per sé e per gli altri? L’Italia si svuota, come abbiamo detto, di Italiani, e l’Italia si riempie di ‘risorse’. Vanno via gli Italiani, laureati, e arrivano i ‘migranti’, bassa forza. Nessun italiano tende a sposarsi, dimostrando ancora una volta il fallimento della Chiesa cattolica, e nessuno fa più figli, ormai, non solo perché costano troppo, a fronte di nessuna politica seria che incentivi l’incremento demografico, come nelle nazioni più civili della nostra, ma perché le coppie non vogliono in futuro affidare un figlio a questa Italia che non promette nulla di buono. Fra poco nelle classi elementari saranno tutti stranieri, e i nostri nipoti saranno a parlare inglese da qualche altra parte. O portoghese. Svuotare e riempire, questa è la politica assurda che non tutela chi in questa nazione ha la sue radici. Massimo D’Azeglio pronunciò la famosa frase: “Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani”. Ormai, posto che li abbiamo fatti – e non è così –  li dovremo ‘rifare’, visto che di Italiani fra un po’ non ce ne saranno più. La Presidenta  Boldrini spinge per lo ‘ius soli’, e quando tanto si spinge, qualcosa accade. Magari non prima della fine della presente legislatura, ma subito dopo. Un’ultima domanda, rivolta al vento: ma se le pensioni sono una rendita derivante da somme versate in età di lavoro, perché devono essere tassate, e tassate come IRPEF?

Non è, la pensione, un reddito da lavoro, ma una sorta di assicurazione, di investimento a lungo termine, una rendita per cui s’è versato per anni, togliendo dal budget familiare cifre anche importanti: come si fa a tassarla come fosse un reddito tout-court?  In pratica, ho messo a frutto un risparmio, e ho già pagato: perché devo pagare ancora? Non si potrebbe, ad evitare l’esodo in età canuta, quando ognuno vorrebbe passare gli ultimi anni della sua vita fra gli affetti e le cose più care, eliminare l’iniquo balzello, e consentire ai pensionati di spendere il proprio denaro in Italia? Pare che così si eviterebbe l’esodo di circa tre miliardi di euro l’anno. Vi pare poco?

Ma forse è una soluzione troppo intelligente. Abbiamo la minaccia di una islamizzazione galoppante, con la creazione di un partito politico che sulla carta ha i numeri per ottenere una trentina di seggi in Parlamento. E abbiamo una frase pronunziata da un imam tempo fa: "Vi batteremo con la vostra libertà, vi conquisteremo con la vostra democrazia", previsione, il 2050. Tutto ciò si sta avverando. Ma abbiamo una illuminante previsione più vicina nel tempo, da parte del professor Roberto Orsi, un professore emigrato in UK presso la London School of Economics, secondo il quale nel 2025 l'Italia non esisterà più, distrutta dall'euro e dalla Unione Europea: “Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate di terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale.

Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. E peggiorerà”. Quando si tratta di individuare le responsabilità, Orsi non ha dubbi nel puntare il dito contro la politica, contro quella che lui chiama 'anomalia costituzionale', avendo la politica portato la nazione ai limiti del collasso nel 2011. Questo è avvenuto, secondo Orsi, da parte dei tecnocrati provenienti dall'ufficio dell'ex Presidente della Repubblica [Napolitano], dai burocrati di diversi ministeri chiave e la banca d'Italia, con l'unico compito di garantire la stabilità italiana nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari, a qualsiasi costo. Ricordiamo le iniziative prese dal prof. Monti, apparentemente tese a sanare una situazione economica della nazione, in realtà aventi l'unico scopo di distruggere la nostra economia: una per tutte, ricordiamo l'aumento sconsiderato delle rendite catastali che ha distrutto il mercato immobiliare e quello delle nuove costruzioni. Orsi prosegue condannando l'interventismo "onnipresente e costituzionalmente discutibile" dell'ex Presidente della Repubblica, che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell'ordine repubblicano, imponendo le sue direttive nella creazione del governo Monti, e suscitando i due successivi governi non eletti, entrambi espressione diretta del Quirinale. " L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano" prosegue il prof. Orsi "è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che solo Monti ha aggravato la già grave recessione. Chi lo ha sostituito ha seguito esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia”.

 

 

 

 

 

 

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Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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