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Cronaca

Catania, mafia: duro colpo al clan Santapaola

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Tempo di lettura 4 minuti In corso imponente operazione dei carabinieri: in manette 54 persone per reati di associazione mafiosa, armi, traffico di stupefacenti, estorsione e rapina

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Red. Cronaca


CATANIA – Imponente operazione da parte dei carabinieri del Comando Provinciale di Catania, quella scattata alle prime luci dell’alba di martedì 4 luglio, che vede impegnati oltre 200 militari dell’Arma che stanno passando al setaccio un intero agglomerato del capoluogo siciliano.

L’operazione è scattata a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 54 persone per i reati di associazione mafiosa, armi, traffico di stupefacenti, estorsione e rapina, ritenute appartenenti alla famiglia Santapaola ed in particolare, al “Gruppo di San Giovanni Galermo” ovvero la compagine ritenuta tra le più affidabili e tenuta maggiormente in considerazione da “Nitto” Santapaola.
Nel corso delle indagini, condotte dai carabinieri della Compagnia di Gravina di Catania, sono stati sequestrati notevoli quantitativi di sostanze stupefacenti ed accertate le dinamiche del gruppo mafioso, soprattutto in relazione alla gestione delle attività di spaccio della droga, con introiti che si aggiravano intorno a 40 mila euro a settimana nonché riscontrate numerose estorsioni commesse in danno di imprenditori e commercianti.

 

Il provvedimento è stato eseguito da oltre duecento Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati (Compagnia di Intervento Operativo del XII Battaglione “Sicilia”, Nuclei Cinofili ed Elicotteri), su tutto il territorio nazionale, ed ha riguardato figure apicali e semplici affiliati del clan “Santapaola-Ercolano” attivo nel capoluogo e con ramificazioni in tutta la provincia etnea, responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, traffico di stupefacenti, rapina.

L’indagine, condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Gravina di Catania dal 2014 al 2016 mediante attività tecniche e dinamiche, ulteriormente riscontrate da dichiarazioni di collaboratori di giustizia, veniva avviata sulla base di intercettazioni emerse da un procedimento in corso per associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni.
Nello specifico, il 15 maggio 2013, in seno a detto procedimento, emergeva che per cause legate a conflittualità  interne conseguenti all’acquisizione della leadership in seno al “gruppo”  mafioso di San Giovanni Galermo, gli indagati MIRENDA Vincenzo, suo fratello Arturo ed un altro correo,  si erano posti alla ricerca del sodale FIORENZA Vittorio Benito per attentare alla sua vita, tanto che, non trovandolo, si recavano presso la sua abitazione ove minacciavano con una pistola i suoi familiari e le persone a lui vicine.
A seguito del grave episodio si avviava una complessa attività tecnica sui fratelli MIRENDA, Arturo e Vincenzo che consentiva di far piena luce anche sulle condotte criminali di un articolato gruppo di spacciatori che, capeggiati da PALERMO Alessandro, si occupavano dell’acquisto di cospicue quantità di stupefacente da destinare sulle piazze dei comuni dell’hinterland nord della provincia per il tramite di pusher locali.
Le intercettazioni ambientali consentivano di appurare come l’alternanza delle figure apicali, inevitabile a seguito degli arresti che si susseguivano, portava gli affiliati a porsi immediatamente alle dipendenze del nuovo responsabile, come nel caso di MOTTA Francesco Lucio, il quale,  dopo l’arresto di GUZZETTA Vincenzo “Enzo il biondo”, si poneva prima agli ordini di FIORE Salvatore “Turi ciuri” e, dopo l’arresto di questi, alle dipendenze di GURRERI Salvatore “il puffo” ed infine dell’ultimo responsabile del gruppo di S. Giovanni Galermo individuato nel corso delle indagini, ovvero MIRENDA Vincenzo “Enzo patata”.
FIORE Salvatore risultava figura di spicco in seno al clan mafioso di riferimento, anche dopo il suo arresto avvenuto nel mese di Aprile 2013 (operazione Fiori Bianchi 2) come emergeva dal fatto che, a seguito degli attriti tra i due fratelli MIRENDA Arturo e Vincenzo su chi dovesse assumere la leadership del gruppo mafioso, il primo per tentare di scalzare il fratello Vincenzo ed avere una posizione di rilievo nel gruppo cercava proprio l’appoggio di FIORE Salvatore, per il tramite della moglie di questi, che fungeva da messaggera durante i colloqui in carcere.
Su tali basi, a partire dal febbraio 2014, l’indagine consentiva di accertare la responsabilità degli indagati in relazione all’appartenenza al “gruppo” della famiglia di Cosa Nostra catanese operante nel quartiere popolare di San Giovanni Galermo, inizialmente capeggiata da GURRIERI Salvatore, il quale pur essendo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari dirigeva le attività illecite grazie ai fratelli MIRENDA, Vincenzo, Arturo ed Angelo. Dalle articolate indagini emergeva la struttura del gruppo, le posizioni di vertice ed i ruoli degli affiliati nell’ambito del sodalizio malavitoso, e veniva anche ricostruito l’ingente volume di affari illegali del clan nei settori delle estorsioni e rapine ai danni di imprenditori e commercianti,  e del traffico di sostanze stupefacenti. L’attività investigativa consentiva di trarre in arresto in flagranza di reato 17 persone per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
 
ELENCO DELLE PERSONE COLPITE DALL’ ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE OPERAZIONE “DOKS” 04.07.2017.
 
AIELLO Giosuè Michele, classe 1993;
BUTTAFUOCO Domenico,  classe 1978;
CALABRETTA Mario Maurizio, classe 1988;
CORALLO Andrea Nicolò, classe 1982;
DIOLOSA’ Mario, classe 1975;
FIORE Salvatore, classe 1967;
FLORIO Andrea, classe 1995;
FRENI Giorgio, classe 1965;
FURNO’ Francesco, classe 1988;
GIGANTINI Vincenzo, classe 1967;
GIUFFRIDA Armando, classe 1980;
IUCULANO Francesco, classe 1986;
LEOTTA Silvana, classe 1976;
LO RE Salvatore, classe 1987;
MANTARRO Salvatore, classe 1965;
MIRENDA Angelo, classe 1964;
MIRENDA Arturo, classe 1961;
MOTTA Francesco Lucio, classe 1986;
MUSUMECI Corin, classe 1995;
MUSUMECI Desiree, classe 1989;
MUSUMECI Domenico, classe 1969;
PALERMO Carmelo, classe 1957;
PALERMO Salvatore Fabio Valentino, classe 1979;
PONZO Salvatore, classe 1986;
RAMPULLA Saverio, classe 1986;
RUSSO Mario, classe 1973;
SAVOCA Antonino, classe 1990;
SPATARO Corrado, classe 1983;
SQUILLACI Damiano Salvatore, classe 1993;
STRANO Nicola, classe 1964;
 
         SOTTOPOSTI AGLI ARRESTI DOMICILIARI
 
AIELLO Diego, classe 1995;
BULLA Alfredo, classe 1984;
LA MANNA Alessio, classe 1988;
GIUFFRIDA Antonino, classe 1963;
COSENTINO Antonino, classe 1979;
FLORIO Vincenzo, classe 1977;
MIRENDA Vincenzo, classe 1973;
PALERMO Alessandro, classe 1975;
CALTABIANO Salvatore, classe 1976;
RUSSO Antonino, classe 1989;
 
         GIA’ DETENUTI
 
AIELLO Claudio Pietro Antonio, classe 1986;
BUTTAFUOCO Daniele, classe 1988;
CALABRETTA Claudio, classe 1964;
CALTABIANO Nunzio, classe 1969;
FIORENZA Vittorio Benito, classe /1981;
DI MAURO Vincenzo, classe 1979;
VIZZINI Massimo, classe 1973;
GUGLIELMINO Mario, classe 1967;
GURRIERI Salvatore, classe 1973;
PRIVITERA Francesco, classe 1993;
VARONCELLI Angelo, classe 1970;
 
AFFIDAMENTO IN PROVA AI SERVIZI SOCIALI ED OBBLIGO DI DIMORA
 
MAZZARINO Andrea, classe 1987;
MANGANO Antonio, classe 1977.
 
 
 
 

Cronaca

Roma, San Paolo: due ladre tentano di investire la commessa di un negozio dopo la rapina

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ROMA – Nel pomeriggio di ieri, i Carabinieri della Stazione di Roma Garbatella sono intervenuti in viale Leonardo Da Vinci, arrestando due donne romane, di 20 e 30 anni, appartenenti a una nota famiglia di nomadi stanziali, con precedenti penali e disoccupate. Le due sono gravemente indiziate di rapina aggravata in concorso.
 
L’episodio è iniziato quando i titolari di un negozio di casalinghi, gestito da cittadini cinesi nel quartiere San Paolo, hanno denunciato che le due donne avevano sottratto diversi articoli per la casa. Una dipendente del negozio, notando il furto, ha cercato di fermarle, ma le due donne, nel tentativo di fuggire, sono salite a bordo della loro auto e hanno cercato di investirla.
 
I Carabinieri, giunti rapidamente sul posto, sono riusciti a bloccare le ladre. La refurtiva, trovata all’interno dell’auto, è stata restituita ai legittimi proprietari. Fortunatamente, la coraggiosa dipendente, visitata dai sanitari del 118, non ha riportato ferite.
 
Successivi accertamenti hanno rivelato che la 30enne era alla guida dell’auto senza patente, mai conseguita, motivo per cui è stata anche sanzionata per violazione al codice della strada. Il Tribunale di Roma ha convalidato l’arresto e disposto gli arresti domiciliari per entrambe le donne.
Privo di virus.www.avast.com

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Castelli Romani

Rocca Priora, arrestati due uomini sorpresi a sotterrare telai di auto rubate

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I Carabinieri della Stazione di Rocca Priora hanno arrestato due uomini italiani, rispettivamente di 59 e 67 anni, entrambi con precedenti penali, accusati di riciclaggio. L’operazione è avvenuta durante un normale servizio di pattugliamento del territorio, quando i militari hanno notato i sospetti intenti a scavare una buca con una ruspa in un terreno situato lungo la via Tuscolana, al chilometro 32. All’interno della buca, i Carabinieri hanno scoperto quattro telai completi di autovetture, successivamente identificati come proventi di furto.
 
Successivamente, i militari hanno eseguito una perquisizione in un capannone nei pressi del luogo del ritrovamento, anch’esso nella disponibilità dei due uomini arrestati. All’interno del capannone, sono state rinvenute numerose parti di veicoli smontati e privi di matricola, le quali sono state immediatamente sequestrate per ulteriori verifiche.
 
I due uomini arrestati sono stati posti agli arresti domiciliari nelle rispettive abitazioni, in attesa dell’udienza di convalida. Le autorità stanno proseguendo le indagini per chiarire ulteriormente la portata dell’attività illegale e identificare eventuali complici.
 
 
 
 
 
Privo di virus.www.avast.com

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Cronaca

Epidemia di Peste Suina, cresce la rivolta degli allevatori: il Ministro Lollobrigida nel mirino

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Il ministro dell’Agricoltura accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza

L’epidemia di peste suina sta mettendo in ginocchio gli allevatori del Nord Italia, con nuovi focolai che si diffondono in Lombardia e Piemonte, alimentando rabbia e frustrazione tra i produttori. Nonostante l’adozione di nuove misure di sicurezza da parte del Commissario straordinario Giovanni Filippini, la situazione continua a peggiorare, con 26 allevamenti contaminati solo in Lombardia, coinvolgendo le province di Pavia, Milano e Lodi.

La diffusione del virus in queste aree altamente densamente popolate da suini, che contano circa 4,5 milioni di capi, ha suscitato un’ondata di proteste da parte degli allevatori, già provati da oltre due anni di gestione considerata fallimentare dell’emergenza. Assosuini, una delle principali associazioni di settore, ha espresso la propria indignazione, lamentando che gli allarmi lanciati dagli allevatori sono stati ignorati per troppo tempo, lasciandoli ora a dover affrontare costi insostenibili e una situazione sanitaria al limite.

La tensione è ulteriormente aggravata dalla critica dei vertici di Coldiretti, che chiedono l’immediata erogazione degli indennizzi alle aziende colpite e certezze sui rimborsi per chi è costretto a sospendere l’attività. Le nuove regole imposte dal commissario includono il divieto di movimentazione degli animali e l’accesso agli allevamenti nelle aree di restrizione, nonché la possibilità di abbattimenti preventivi in caso di rischio di contagio. Tuttavia, l’incertezza regna sovrana, con molti allevatori che si sentono abbandonati dalle istituzioni.

La critica si è rivolta anche verso il governo, e in particolare verso il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza. L’Eu Veterinary Emergency Team, gruppo di esperti della Commissione Europea, ha recentemente bocciato la strategia adottata, suggerendo che sarebbe stato più efficace un approccio basato sul monitoraggio e sul contenimento geografico dei cinghiali, piuttosto che sulla caccia.

Dichiarazioni recenti del ministro Lollobrigida, riportate dai media, sottolineano l’impegno del governo nel fronteggiare la crisi, pur ammettendo le difficoltà incontrate. Lollobrigida ha ribadito l’importanza delle nuove misure di biosicurezza e ha promesso un maggiore supporto agli allevatori, ma per molti queste rassicurazioni arrivano troppo tardi.

Con l’aumento dei focolai, l’epidemia di peste suina si sta trasformando in una catastrofe economica e sanitaria, con conseguenze che potrebbero essere devastanti non solo per il settore zootecnico, ma anche per l’intera economia delle regioni colpite.

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