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Bari, la violenza nelle mura domestiche e maltrattamenti in famiglia: Stati Uniti e Italia a confronto

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Tempo di lettura 4 minuti Il 27 maggio il tanto atteso convegno organizzato da Penelope Puglia Onlus e Gens Nova Onlus in collaborazione con l'I.P.A.

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di Angelo Barraco – Paolino Canzoneri
 
 
Bari – Le associazioni Penelope Italia Onlus, Penelope Puglia Onlus e Gens Nova Onlus in collaborazione con l'I.P.A. (International Police Association) hanno organizzato un Convegno Internazionale dal nome "La violenza nelle mura domestiche e maltrattamenti in famiglia: Stati Uniti e Italia a confronto". L'evento vedrà il coinvolgimento di altre realtà associativa del territorio regionale e nazionale ed è previsto per sabato 27 maggio, alle ore 09:00 a Bari presso la Sala Convegni dell'Hotel Excelsior in Via Giulio Petroni n. 15. I relatori previsti per l'evento saranno il dott. Michael F. Pietruszka, Giudice Dipendente della Suprema Corte di Giustizia di New York; l’avv. Antonio Maria Lascala, avvocato Penalista del Foro di Bari e Presidente nazionale dell’associazione Penelope Italia Onlus e Gens Nova Onlus. All’evento parteciperà anche il Gen. Nicola Marzulli, Comandante del Corpo di Polizia Locale di Bari. Data la rilevanza sociale dell’evento l’ingresso è libero e gratuito. 
 
Il numero delle donne che annualmente subiscono violenza da parte del marito o del compagno putroppo è ancora altissimo. La condizione di sottomissione e coercizione costringe le donne a subire un isolamento da parte di amici o parenti e troppo spesso la violenza stessa non è solo fisica ma anche sessuale, psicologica ed economica. Una catena di maltrattamenti e brutalità reiterate nel tempo che nascono e si sviluppano tragicamente per lo più in ambito familiare ma che, con il passare degli anni, vedono sempre più vittime di ogni livello sociale rifiutare di sopportare e tollerare quel clima. Dire basta con forza ad una vita che non è vita. Il Convegno sarà sede e occasione di confronto tra Italia e Stati Uniti sul tema. Parteciperanno inoltre i rappresentati  di Penelope provenienti da altre regioni d’Italia. 
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo parlato il Prof. Avv. Antonio Maria La Scala, Avvocato Penalista del foro di Bari e Presidente Nazionale dell’Associazione Penelope Italia Onlus e Gens Nova Onlus, che in questi anni ha intrapreso delle importanti battaglie, una su tutte contro il femminicidio.
 
– Di cosa si parlerà in questo confronto tra Italia e Stati Uniti in merito alla violenza nelle mura domestiche e maltrattamenti in famiglia?
Questo è il terzo incontro in tre anni che l’Associazione Gens Nova Onlus –che è l’altra mia Associazione- fa le istituzioni americane. Due anni fa venne un giudice delle Corte federale dell’ Oklahoma, l’anno scorso venne il responsabile della banca dati dell’FBI, colui che ha creato e gestito per 21 anni a Quantico la banca dati del DNA perché era da poco entrata in vigore a giugno 2016 anche in Italia la banca dati del DNA, quindi per fare il confronto. Quest’anno la tematica è molto attuale, quella delle violenze domestiche, abbiamo invitato il Giudice dello Stato di New York della contea di Buffalo che si occupa prevalentemente di maltrattamenti in famiglia e violenze domestiche. E’ importante perché nell’ambito di questa collaborazione che l’Associazione Gens Nova Onlus e Penelope Italia Onlus hanno con le istituzioni americane è un’ulteriore controllo per capire se loro potrebbero fornire qualche strumento che adoperano già negli Stati Uniti e che noi come Associazione possiamo proporre in Italia. 
 
– Ci sarà anche un confronto dal punto di vista giurisprudenziale quindi…
Si, giuridico e giurisprudenziale. Loro ad esempio sui maltrattamenti in famiglia hanno una cosa che noi non abbiamo ovvero l’udienza di pericolosità, cioè se una donna fa un esposto, loro fanno un udienza velocissima. Il Giudice chiama le due persone, le esamina e studia la credibilità o meno per poter dare seguito alle indagini successivamente. E’ una sorta di udienza filtro che viene fatta nell’immediatezza, ancor prima di una causa. Il problema nella violenza domestica è che la donna fa la denuncia, ma prima che si trasforma in condanna definitiva passano anni. 
 
– Voi in passato avete dato un importante impulso per l’introduzione di leggi. Questo incontro può portare ad eventuali introduzioni di nuove norme?
Vogliamo sapere da loro che strumenti hanno diversi dai nostri affinché noi possiamo eventualmente proporli a livello nazionale. Abbiamo avuto sicuramente un forte impulso per la banca dati del DNA, era una legge del 2009 che è stata resa esecutiva solo a giugno 2016, 7 anni dopo, grazie anche a Penelope. Ho fatto una proposta di legge e molti tabella sono stati trasfusi nel disegno di legge approvato il 2 febbraio alla Camera dei Deputati all’unanimità; che prevede l’ergastolo per l’omicida, il sequestro dei beni dell’omicida in attesa di giudizio,  un fondo per risarcire i figli vittime del femminicidio,  la possibilità che la sentenza di condanna per omicidio dichiari il marito indegno all’eredità della moglie in automatico e non come accade oggi tramite una separata causa civile. Nella mia proposta che è stata accolta, se il Giudice dovesse condannare per femminicidio con la stessa sentenza si applica la pena accessoria dell’indennità all’eredità quindi non si deve fare una causa civile ma in automatico viene dichiarato indegno, nel frattempo con il rinvio a giudizio vengono sequestrati i beni così il patrimonio dell’assassino è congelato. Nel frattempo, con la richiesta di rinvio a giudizio, la Procura o i familiari possono chiedere il sequestro conservativo dei beni del presunto assassino.

L’Avvocato La Scala ci ha spiegato inoltre che pochi giorni fa, al Viminale, hanno presentato la relazione semestrale luglio-dicembre 2016 ed è emerso che in Italia ci sono 44mila persone scomparse. Una cifra spaventosa con un aumento notevole rispetto agli anni scorsi. Molte scomparse di donne sono quasi sicuramente riconducibili al femminicidio. Negli Stati Uniti le persone scomparse sono oltre 100mila, rapportato ai 51 Stati. Però hanno ottenuto un grosso risultato grazie alla banca dati del DNA, dando nome e cognome a 2/3 dei cadaveri non identificati. Hanno strumenti certamente più efficaci e tempestivi rispetto ai rispettabilissimi strumenti utilizzati in Italia poiché negli USA la scomparsa viene considerata sin da subito come un dato penalmente rilevante, in Italia invece succede l’esatto contrario poiché la si considera come allontanamento volontario e quindi si viene a creare un ritardo nelle indagini che non porta all’immediata individuazione del soggetto. 

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Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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