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Resident Evil 3, Nemesis torna nel nuovo remake di Capcom

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Resident Evil 3, uno fra i titoli più amati dai fan della serie videoludica targata Capcom, torna su Pc, Ps4 e Xbox One in una veste totalmente rinnovata e incredibilmente spettacolare. A differenza del bellissimo remake di Resident Evil 2 (qui la nostra recensione), questo sequel è una sostanziale reinterpretazione del titolo classico, con tutto ciò che ne consegue. Quando si imbocca un sentiero del genere, infatti, c’è sempre il rischio che le scelte produttive finiscano col deludere le aspettative degli appassionati, mancando di valorizzare appieno il materiale di riferimento. Un campo minato che purtroppo il team di Capcom non ha affrontato nel migliore dei modi, tanto da rendere la fuga disperata di Jill Valentine meno brillante del previsto, ma comunque sempre adrenalinica e interessante da giocare.

A livello di trama Resident Evil 3 non delude: l’implacabile avanzata del Virus-T sta trasformando la cittadina di Raccoon City in un inferno brulicante di non-morti, mostrando il vero volto del terrore a quei pochi sopravvissuti che in preda al panico e al terrore si trascinano per raggiungere una salvezza impossibile. Tutt’altro che preparati a una simile evenienza, gli agenti dell’R.P.D. e dell’Umbrella Countermeasure Service tentano di ritardare la fine di una battaglia già persa, mentre forze oscure sfruttano la situazione per testare le prestazioni degli abomini creati dalla casa farmaceutica. Nell’occhio di questo ciclone di morte, una Jill Valentine segnata dagli eventi di Villa Spencer prepara la sua fuga in fretta e furia, facendo appello a quel po’ di forza che le è rimasta per ragionare con lucidità. L’avvincente prologo di Resident Evil 3 è decisamente più a fuoco dell’originale, grazie a una messa in scena di grande impatto che tratteggia con efficacia il dramma che si sta consumando a Raccoon City. Dopo aver incontrato Carlos, la protagonista accetta di tornare in strada per riattivare la metro, nella speranza di salvare se stessa e i propri concittadini. Un obiettivo che rappresenta il primo passo di un’impresa dal ritmo incalzante, che in parte abbandona la connotazione survival horror del secondo capitolo per votarsi a una formula decisamente più votata verso l’azione pura. In Resident Evil 3, la città di Raccoon City si mostra viva come non mai. Complice la presenza di file e documenti di vario genere, ciascuna ambientazione aggiunge tasselli a un mosaico narrativo ben più ricco rispetto a quello originale, al netto di qualche importante omissione. Nel remake manca ad esempio una delle location più iconiche del gioco, sostituita da una sezione “di passaggio” che non mancherà di lasciare un po’ d’amaro in bocca ai fan della serie. C’è da dire però che alcune aree di gioco riescono davvero a sorprendere sia in termini di level design che di narrazione ambientale, quest’ultima modellata per rafforzare un nodo chiave nella lore di Resident Evil: l’intera Raccon City non è altro che un’immensa copertura per nascondere le attività dell’Umbrella. Pur mancando del pathos che rendeva memorabili alcune delle sequenze di Resident Evil 2, la trama del terzo capitolo è stata riadattata per risultare un po’ più credibile rispetto a quella del ‘99, alternando ad esempio le motivazioni che, durante la campagna, spingono alcuni personaggi ad agire in un determinato modo. Insomma, nonostante qualche mancanza, anche pesante, il risultato a livello narrativo e di location è comunque molto positivo.

A nostro avviso il più grande problema di Resident Evil 3 Remake consiste nella sua longevità: per concludere una run a difficoltà Standard bastano poco più di cinque ore. Prima di terminare la nostra prova abbiamo finito Resident Evil 3 anche a difficoltà Estrema e Incubo, con l’obiettivo di verificare la rigiocabilità di un titolo che si dimostra capace di offrire ben più di uno stimolo ai completisti incalliti. In ogni caso, complice l’assenza del New Game Plus e della doppia avventura, la mole contenutistica di Resident Evil 3 si conferma nettamente inferiore rispetto a quella del predecessore, nonostante l’aggiunta di Resident Evil: Resistance tenti di pareggiare i conti. Il titolo di Capcom e M2 differisce non poco dall’indagine di Leon e Claire, e non solo sul fronte del combat system. Il ritmo del gioco è decisamente più incalzante ma, di contro, l’ampiezza media degli scenari risulta considerevolmente ridotta. Oltretutto, la gamma degli enigmi e ridotta all’osso e le opportunità di backtracking sono veramente scarsine. A questo proposito, non abbiamo gradito la scelta di impedire ai giocatori di tornare nelle zone precedentemente visitate per completare l’esplorazione, specialmente considerando quanto sia difficile dedicarsi a questa attività durante gli assalti del Nemesis. Una volta ottenuti gli strumenti necessari è comunque possibile attardarsi per setacciare al meglio ogni anfratto dell’area cittadina, un compito facilitato da una mappa di gioco che segna con chiarezza lo “stato” delle zone saccheggiate. Nel corso del suo viaggio nell’orrore, Jill prende parte a una miriade di scontri a fuoco dai ritmi serrati, sostenuti da un sistema di puntamento solido, che permette di modificare a piacimento la sensibilità del mirino. Grazie a un gore system di grande effetto, leggere i punti di impatto dei proiettili sui corpi degli avversari risulta molto facile: un feedback visivo che concede di ridurre al minimo lo sperpero di munizioni. Le pistole, i fucili e il resto dell’arsenale, possono essere potenziati con appositi “kit di modifica”, reperibili sia all’interno degli scenari, sia raccogliendo le casse che cadono a Nemesis quando viene stordito. Estendere i caricatori, aggiungere mirini e quant’altro, potrebbe portare alcune armi a occupare più spazio all’interno dell’inventario, che comunque è possibile ampliare recuperando i borselli sparsi per le ambientazioni. Detto questo, gli zombie che popolano il centro cittadino non sono che la prima specie in un roster da incubo con mostruosità di ben altra caratura. A tal proposito, se a livello Standard il numero di cure e munizioni si conferma a dir poco sovrabbondante, la difficoltà Estrema impone una gestione intelligente dell’inventario, in modo da riuscire a fronteggiare le BOW più coriacee con gli armamenti adatti. Parlando dell’antagonista per antonomasia di questo Resident Evil 3, ossia Nemesis, possiamo dire che sul fronte del design, almeno per quanto concerne la sua forma classica, sarebbe stato difficile chiedere di meglio. La gigantesca vena pulsante coperta dal rivestimento pettorale, i denti allungati, e i lembi di carne strappata – segno che la simbiosi tra la bioarma e il parassita Ne-Alpha non sia avvenuta placidamente – sono solo alcune delle idee più riuscite alla base del suo nuovo aspetto, capace di incutere timore e affascinare al tempo stesso. A rendere ancor più snervante questo inarrestabile abominio, c’è una sonorizzazione semplicemente perfetta, che si spinge ben oltre le sue urla rabbiose o l’iconica “S.T.A.R.S.”. Il rumore prodotto dal suo processo di rigenerazione è in grado di far gelare il sangue nelle vene, per non parlare del suo respiro affannoso e dei tonfi sordi prodotti dai suoi scatti furiosi. Insomma Nemesis fa ancora paura come un tempo e forse grazie alle potenzialità attuali riesce anche a far meglio del suo vecchio predecessore.

Merita un capitolo a parte la modalità multiplayer “Resistance” presente insieme a Resident Evil 3 come gioco a parte e che funge da “contenuto” aggiuntivo e sostituisce a tutti gli effetti Mercenari. La stessa è in realtà interessante e diverte il giusto, ma si tratta della classica reinterpretazione survival di prodotti già esistenti come Dead By Daylight e venerdì 13, dove un giocatore ha il compito di eliminare gli altri quattro impegnati a fuggire. In questo caso, il “cattivo” della situazione è il Mastermind, un personaggio interpretato da una delle menti Umbrella. Esso può sfruttare le telecamere di una mappa per posizionare trappole, mostri di vario tipo come zombie o cani. Per “evocare” questi svariati strumenti di morte è necessario utilizzare le carte, tutte con un costo predefinito di energia. Quest’ultima si ricarica col tempo ed è importante stare attenti affinché si sfruttino tutte le possibilità, visto che ogni danno a un sopravvissuto riduce anche il tempo di fuggire per la squadra. Il Mastermind può anche controllare in terza persona un mostro per attaccare i giocatori, così da aver una maggior varietà dell’azione. Ogni Mastermind si differenzia poi per tipo di mostri evocabili e per la ultimate che in questo caso corrisponde a una BOW unica come Birkin contagiato con il Virus-G o l’instancabile Mr X. I sopravvissuti si dividono in offensivo, tank e supporto; ognuno con determinati abilità, assegnabili prima dell’inizio di una partita. Abbiamo un personaggio che cura, un altro che può disattivare le telecamere e altro ancora. Tutti partono nello stesso modo, intorno al singolo livello è possibile raccogliere piante, munizioni e soprattutto crediti Umbrella che permettono di acquistare armi o potenziamenti durante la partita stessa dagli appositi contenitori. Il loro obbiettivo è ovviamente quello di fuggire e raggiungere il nucleo finale, ma per farlo è necessario completare una serie di enigmi che consistono nella ricerca di uno o più oggetti. Sia i Mastermind che i sopravvissuti possono essere personalizzati, dall’estetica alle abilità. La moneta in gioco (RP) è tutta per acquistare casse che contengono skin e altro ancora e si ottiene semplicemente salendo di livello. Insomma, Resistence è una piacevole nonché inedita variante che serve a colmare la breve, seppur intensa, esperienza offerta da Resident Evil 3. Tirando le somme, nonostante questo remake non sia il gioco che ci si aspettava, il risultato nel complesso è più che buono e non giocarlo sarebbe veramente un peccato. L’aggiunta di Resistance poi è una gradita sorpresa, anche se da solo il titolo multiplayer non ha l’impatto necessario per soddisfare completamente i fan della saga.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9

Longevità: 7

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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Nobody Wants to Die, il videogame thriller in salsa cyberpunk

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Nobody Wants to Die, titolo sviluppato da Critical Hit Games disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, è un’avventura di stampo noir ambientata nella città di New York del 2329. Protagonista dell’avventura è il detective James Karra che si trova a dover indagare su una serie di misteriosi omicidi. Il poliziotto però non è solo, ma dovrà affrontare le indagini assieme alla giovane collega Sara Kai, suo braccio destro nonché personaggio fondamentale nel corso della storia. Fin dai primi passi mossi in questo thriller decisamente molto curato per quanto riguarda l’aspetto grafico, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera da detective story in stile Blade Runner, dove però il focus devia totalmente dalle dinamiche di combattimento che ci si aspetterebbe. Nel corso di tutta la durata di Nobody Wants to Die, infatti, non si incontrerà alcuna sequenza di combattimento. Un vero peccato perché a nostro avviso qualche sparatoria avrebbe sicuramente messo più pepe al tutto. Come si può intuire, quindi, i cardini della produzione sono racchiusi tutti in tre elementi: storia, personaggi e ambientazione. A livello narrativo l’avventura ha inizio con il detective James Karra che torna a lavorare in polizia dopo un recente incidente in seguito al quale sembra aver avuto delle conseguenze sulla sua salute psichica. Proprio nel suo giorno di riposo viene incaricato dal suo capo di indagare sul presunto suicidio di uno degli uomini più ricchi di New York, Edward Green. L’uomo si accorgerà ben presto però che il caso affidatogli non è quel che sembra e, in compagnia della sua collega, Sarah, si troverà invischiato in un intrigo politico estremamente pericoloso e complesso.

Fra livelli che si sviluppano in verticale man mano che aumenta il tenore di vita dei cittadini, auto volanti che affollano i cieli ed enormi insegne luminose a fendere l’oscura decadenza di una metropoli in cui piove sempre o quasi, l’ambientazione di Nobody Wants to Die si ispira in maniera palese a Blade Runner ed è ovviamente un peccato che la si possa solo ammirare da lontano. Sono presenti infatti sequenze in cui il protagonista si ritrova a contemplare il profilo della sua New York e il traffico che scorre fra i palazzi, magari mentre si affaccia dallo sportello aperto della sua stessa auto volante. Tuttavia, una volta messo in moto il veicolo, l’atto di viaggiare verso una qualsiasi destinazione viene rappresentato in maniera automatica, senza la possibilità di pilotare il mezzo. Di fatto i momenti in cui viene concesso di esplorare lo scenario sono pochi e limitati, a dimostrazione di come il contorno scenografico dell’avventura sia appunto questo: un semplice sfondo, pensato per arricchire e contestualizzare un gameplay che di fatto si limita all’analisi delle scene del crimine o ai puzzle che concludono un’indagine andando a sommare i vari elementi. A livello di giocabilità, una volta giunti sulla scena del crimine si può azionare un dispositivo in grado di “riavvolgere il tempo” e rivelare elementi da approfondire e visualizzare, ricorrendo anche ad apparecchi come la fotocamera, la lampada UV e il visore a raggi X per ricostruire di volta in volta ciò che è accaduto e chi ha fatto cosa. Questa parte dell’esperienza è piacevole e molto ben coreografata, ma come detto risulta parecchio guidata. L’interfaccia del gioco, infatti, dispensa suggerimenti in continuazione, al punto che la modalità di visualizzazione teoricamente deputata a fornire dei consigli si rivela inutile. Viene detto fino a dove far scorrere il tempo, che strumento utilizzare e quando, rendendo futile persino la ruota di selezione dei dispositivi; e così anche il gameplay stesso di Nobody Wants to Die si rivela semplicemente funzionale alla narrazione e nient’altro.

L’ambientazione oscura scelta dal team polacco è di certo la componente meglio riuscita dell’intera produzione perché, al netto delle sue evidentissime ispirazioni, riesce a far emergere una discreta personalità all’interno delle suggestioni cyberpunk grazie ad un retro-futurismo datato ma efficace: l’impatto scenografico prestato da Blade Runner è qui mescolato ad un’estetica anni Quaranta, generando una dose di malinconia mista a tristezza nell’osservare auto volanti e dal design antiquato sfrecciare tra le piogge acide di una notte perenne. La colonna sonora doom jazz accompagna le elucubrazioni di un protagonista costretto a vivere per sempre nonostante la mancanza di stimoli reali, tratteggiando i confini di un universo in cui l’immortalità non è un dono, ma una condanna a vivere con i propri rimorsi. L’Unreal Engine 5 è qui utilizzato per donare un elevato grado di dettaglio ad ambientazioni contenute e ben diverse tra di loro, con un preset “Qualità” che fa sfoggio di un ray tracing corposo e di un’illuminazione efficace, mentre quello “Prestazioni” – che mantiene stabilmente i 60 fps – smorza il colpo d’occhio facendo calare la definizione e riducendo i giochi di luce. Tirando le somme possiamo dire che questo Nobody Wants to Die è nel complesso un’avventura a base narrativa caratterizzata da un’affascinante ambientazione cyberpunk, che attinge a piene mani da alcune opere piuttosto celebri, come il già citato Blade Runner, per raccontare una storia interessante e coinvolgente, costruita interamente sui due protagonisti. È vero: il gameplay si limita all’analisi delle scene del crimine e gli sviluppatori non hanno osato sconfinare, infarcendo anzi le meccaniche investigative di suggerimenti contestuali che rendono l’esperienza parecchio guidata, ma non per questo meno piacevole. Se quello che si cerca è un titolo tranquillo, con un’ambientazione molto suggestiva e che sia privo di una componente action, allora Nobody Wants to Die è il titolo che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 7
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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Threads in forte ascesa, superati i 200 milioni di utenti

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Threads, l’ultimo nato fra i social di Meta, ha superato il traguardo dei 200 milioni di utenti. Lo ha affermato con un post online Adam Mosseri, capo di Instagram, sulla cui rete Threads si basa. L’annuncio arriva un giorno dopo che Mark Zuckerberg aveva dichiarato durante una call sugli utili di Meta, che l’app stava per raggiungere i 200 milioni di utenti. In passato, il fondatore di Facebook ha più volte ipotizzato che Threads mira a diventare un social da un miliardo di iscritti. “La mia speranza è che Threads possa ispirare idee che uniscano le persone e che questa straordinaria comunità continui a crescere. Grazie a tutti per aver investito il vostro tempo e fornito feedback che rendono questo posto migliore per tutti” ha scritto Mosseri dal suo profilo su Threads. Come concorrente di X, l’app deve ancora risolvere alcune lacune che la differenziano ancora dal colosso guidato da Elon Musk. Come scrive Engadget, la stessa Meta è conscia del fatto che l’algoritmo che presenta i post in tempo reale di X sia molto più veloce di quello su Threads. “Non siamo ancora abbastanza veloci, e stiamo lavorando attivamente per migliorare” ha proseguito Mosseri. In ogni caso i numeri parlano chiaro, Threads in poco tempo sembra aver conquistato un elevato numero di utenti e sembra che il fenomeno sia destinato a crescere. Riuscirà a diventare la nuova punta di diamante di Meta? Lo scopriremo solo seguendo gli sviluppi e la crescita di questo giovanissimo social media.

F.P.L.

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Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

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Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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