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La Fase 2 è all’orizzonte, ma molte attività potrebbero non riaprire. Il 32% delle piccole e medie imprese che lavorano nel commercio e turismo ritiene che il lungo lockdown, anche se in esaurimento, potrebbe comunque averle messe a rischio di chiudere definitivamente. In più un 35% teme di chiudere se l’emergenza dovesse protrarsi ancora.
E’ il quadro che emerge dalle elaborazioni condotte da Confesercenti sulla base dei dati disponibili e di sondaggi agli imprenditori somministrati con SWG. A preoccupareil 57% degli imprenditori dei due settori è la recessione economica più dei contagi. Anche con una ripartenza graduale a partire dal 4 maggio, infatti, l’economia del lockdown costerà alle imprese nel 2020 oltre 30 miliardi di euro di atturato: fino ad un terzo di quello annuale per pubblici esercizi (-29,4%), attività ricettive (-31%) e ambulanti (-32,9%), settore quest’ultimo in stato precario ormai da anni.
Cancellato, in media, anche il 19,4% dei ricavi annuali delle imprese del commercio non alimentare. Arriva a perdere il 25,7% del fatturato l’abbigliamento, che dopo un decennio di crisi rischia il baratro con la perdita dell’intera stagione primaverile, la merce giacente ed i pagamenti che scadono. E le prospettive di ripresa non sono semplici: l’onda lunga dell’emergenza dovrebbe durare fino a dicembre, in parte per le restrizioni che resteranno comunque in vigore, in parte per un probabile comportamento di spesa delle famiglie ancora condizionato dall’emergenza.
Per far fronte alla caduta di fatturato oltre la metà delle imprese valuta di utilizzare la possibilità di chiedere una linea di credito aggiuntiva pari al 25% del fatturato dell’anno precedente: il 23% ha intenzione di farlo subito, mentre il 30% non ha ancora deciso.
Interventi di sostegno messi in campo bocciati dalle imprese
Il 73% li ritiene “poco” o “per niente adeguati”. “Le attività – spiega la presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise – hanno già subito forti perdite e continueranno a subirne, per la lentezza della ripresa e per le difficoltà e le incertezze”. “Le misure del governo per assicurare liquidità alle imprese – sostiene – vanno accelerate e rese certe; ma non basteranno comunque a colmare i mancati ricavi e redditi”. “Servono forme di indennizzo o finanziamento a fondo perduto. Le prospettive di ripresa non sono semplici: l’onda lunga dell’emergenza dovrebbe durare fino a dicembre, in parte per le restrizioni che resteranno comunque in vigore, in parte per un probabile comportamento di spesa delle famiglie ancora condizionato dall’emergenza. Per avviare la fase di riapertura in sicurezza, invece, occorre accelerare sui protocolli di sicurezza per dare modo ai mancati redditi, per dare la possibilità alle imprese ed agli imprenditori di non chiudere definitivamente”.
Confindustria: problemi molto gravi per il 43,7% delle imprese
“Le imprese con problemi molto gravi sono adesso il 43,7% contro il 14,4% della precedente indagine”. Confindustria lo indica tra i risultati di un secondo sondaggio, avviato il 4 aprile su un campione di 4.420 imprese italiane, sugli effetti dell’emergenza Covid-19. Il 36,5%, dopo i Dpcm del 22 e del 25 marzo, ha dovuto chiudere la propria attività mentre il 33,8% l’ha chiusa parzialmente. Per il 53,1% dei dipendenti si potrebbe dover ricorrere ad ammortizzatori sociali. Gli imprenditori “si sentono disarmati” (78,2%).
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