Editoriali
Estensione legittima difesa: in Parlamento esultano sulla bocciatura e intanto a Budrio ci esce il morto
Tempo di lettura 6 minutiNon sarà che, come succede fin troppo spesso, il malvivente era stato fermato e rimesso in libertà da uno dei soliti giudici, che non ha ben valutato la pericolosità sociale dell’individuo?
Published
8 anni agoon
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di Roberto Ragone
Tutto secondo copione. Un bandito armato di fucile da caccia e di pistola irrompe in un bar, a Riccardina di Budrio, nel bolognese, e intima al proprietario di consegnare la cassa.
Nel bar tabacchi a quell’ora sono presenti altre persone. Il titolare del bar, Davide Fabbri, di 52 anni, afferra la canna del fucile, e ingaggia una colluttazione con il malvivente, vestito con una tuta mimetica e a volto coperto. Parte un colpo, e alcuni pallini feriscono leggermente un paio di persone, e forse anche lo stesso bandito. A questo punto, il rapinatore estrae una pistola – risultata essere una 9×21 rapinata il 29 marzo ad una guardia giurata a Consandolo, in provincia di Ferrara – e spara un unico colpo al cuore di Davide Fabbri, uccidendolo.
Nella concitazione del momento, il rapinatore fugge, non si sa se a piedi o con un mezzo diverso, su cui avrebbe potuto aspettarlo un complice. Alla luce delle indagini immediatamente scattate, viene sospettato un ex militare dell’Est, già ricercato per alcune rapine violente commesse in provincia di Ferrara. Alcuni cittadini riferiscono di aver visto una persona che indossava un giubbotto militare aggirarsi in bicicletta nella zona pianeggiante fra Ferrara e Bologna, con un fucile a tracolla, ma tutti hanno pensato ad un cacciatore. Alcune considerazioni: è chiaro che, a posteriori, tutti possiamo convenire che sarebbe stato meglio consegnare al rapinatore l’incasso, che di sicuro non sarà stato cospicuo.
Ma non siamo delle macchine. Piuttosto dobbiamo fare alcune considerazioni. Qui è mancato il controllo del territorio. Se è vero che il rapinatore è quella persona già ricercata per rapine violente, commesse non molto tempo prima, visto che la pistola è stata rapinata alla guardia giurata solo il 29 di marzo, è molto grave che lo stesso abbia potuto andare in giro libero e in bicicletta sotto gli occhi di tutti, e magari anche dei Carabinieri che avrebbero dovuto arrestarlo. Il fucile, poi, era stato usato anche nella rapina alla guardia giurata. A nessuno è venuto in mente di controllare i documenti del ‘cacciatore’, né ad una guardia venatoria, né ad un rappresentante delle forze dell’ordine, visto che il fucile era in bella vista. E poi, come fanno gli investigatori a sapere che si tratta di un ex militare, per giunta venuto da oltre cortina?
Non sarà che, come succede fin troppo spesso, sia stato fermato e rimesso in libertà da uno dei soliti giudici, che non ha ben valutato la pericolosità sociale dell’individuo? Se Fabbri fosse stato armato, avrebbe potuto legittimamente difendersi? Ma in quel caso sarebbero partiti alti lai, dalla parte dei buonisti a tutti i costi, e ci troveremmo di fronte ad un altro caso Sicignano, o Mattielli, o Stacchio. E qualcuno sarebbe andato a mettere un fiore sul terreno, dove il bandito avrebbe esalato l’ultimo respiro. Invece, tutto secondo copione, ce lo insegnano i film americani, in cui il buono viene sacrificato all’inizio, per permettere la vendetta dell’eroe. Solo che qui non siamo in un film. Il copione buonista prevede che il morto debba essere l’Abele sacrificato dal Caino di turno, e così tutto rientra nella normalità: difendersi per lo stato italiano è un crimine, ancor più se si causa la morte dell’aggressore. Lasciamo i criminali a fare il loro mestiere, e facciamo il nostro, cioè le vittime.Tutto secondo copione, dunque, e così eviteremo le mielose e pietose rimostranze nei vari programmi tv, che condannano l’onesto che difende la sua vita, di fronte ad un morto straniero che, magari, non aveva ancora trent’anni, e aveva ‘tutta una vita davanti’. Da trascorrere in carcere, speriamo.
La Commissione parlamentare di recente ha bocciato la richiesta di una estensione all’esercizio della legittima difesa, in pratica l’eliminazione, o quasi, dell’eccesso in legittima difesa, e tutti hanno esultato. Perché le destre hanno perso, dicono alcuni, e Salvini è rimasto "scornato". Chissà perché, poi, il diritto alla difesa dev’essere soltanto di destra, assimilando una certa fama di violenza – peraltro abbondantemente condivisa con la sinistra negli anni 70 – alla reazione armata di fronte ad un’aggressione.
Quindi, la sinistra difende i ladri, e la destra i cittadini? La proposta di estensione dell’art. 52 è stata bocciata per motivi elettorali: infatti non s’è voluto dare a Salvini neanche l’appiglio per una presunta vittoria politica. La sicurezza non è di destra, né di sinistra, e chi rema contro dimostra di non essere intelligente. Se alcuni esprimono in TV il timore che l’Italia diventi un Far West, dico subito che l’Italia è già un far West, e questi episodi lo dimostrano. E la responsabilità, come è giusto che sia, va a chi governa e ha governato negli ultimi venti/trent’anni, e anche a chi ha impedito di governare. Eliminare l’eccesso in legittima difesa, sempre con le dovute precauzioni, non avrebbe portato a creare una popolazione di armati.
Angelo Mascolo, un magistrato di Treviso, ha dichiarato: “Lo stato non c’è più, abbiamo perso il controllo del territorio. È tempo che la gente impari a difendersi da sola. Darei la pistola perfino a mia figlia. Meglio un brutto processo che un bel funerale.” Un vecchio proverbio, ma sempre più d’attualità. L’eliminazione dell’eccesso in legittima difesa, che oggi riguarda anche i tutori dell’ordine, quelli che girano armati per dovere d’ufficio, e che sono preposti alla nostra sicurezza e al rispetto della legge, avrebbe avuto un effetto che nessuno ha messo in evidenza, cioè la preclusione, ai familiari del bandito morto nell’esercizio delle sue funzioni, di potersi costituire parte civile e, confortati da leggi assurde e da magistrati compiacenti, ottenere un risarcimento molto più importante di quello che sarebbe stato il bottino del loro congiunto, e questo riguarda anche polizia e carabinieri, come abbiamo visto anche di recente. Oggi questo è reso possibile dal fatto che si presume che chi uccide un rapinatore commetta un illecito, e quindi da’ agio ai parenti di andare in tribunale e spogliare la vittima. Non altrettanto accade quando il morto è il commerciante, o il privato cittadino, dato che questa gentaglia che vive sulle spalle degli altri non ha beni di fortuna. Bisogna partire da questa riforma dell’art. 52 CP, consentendo la legittima difesa, sempre legittima quando si è fatti oggetto di rapina. Dico rapina e non furto. Il ladro entra quando non c’è nessuno, ruba a e va via. Il rapinatore affronta il rapinando e lo brutalizza. Bisogna poi considerare che il danno della rapina – e questo lo devono fare i giudici e i legislatori – non è soltanto patrimoniale, e considerare la rapina come crimine verso la persona. Chi viene rapinato, e magari è costretto a sparare e a uccidere, ne porta le conseguenze per tutta la vita; quindi adeguare le pene per rapina a questa nuova visione. Il terzo punto è: eliminare tutti i benefici di legge.
La pena si chiama pena perchè deve punire, e non solo rieducare, a prescindere dal soggetto, come ad esempio, quello di Budrio. Un ex militare che ha partecipato ad una guerra come quella dei Balcani, non è recuperabile, almeno non con qualche anno di galera in Italia. Uno sconto di tre mesi ogni anno di buona condotta, il rito abbreviato – concesso sempre e a tutti – che riduce la pena di un terzo, la semilibertà, per cui chi è condannato esce e magari, com’è successo, va a continuare a fare rapine, l’affidamento ai servizi sociali, la libertà provvisoria, sono tutti istituti che vanno rivisti. Quarto punto, la certezza della pena, quindi. Quinto punto, nuove carceri. Invece di impegnare le nostre risorse in ‘grandi opere’, che portano solo a favorire gli amici degli amici, nella ricerca di un consenso sempre più ampio, di elargizioni alle ‘fondazioni’ di turno, e di una maggioranza parlamentare sempre più robusta, si potrebbe impegnare il denaro delle nostre tasse in costruzione di nuovi edifici carcerari, risparmiando così il denaro delle multe che paghiamo mensilmente all’UE a fondo perduto, invece di depenalizzare i reati che più colpiscono l’uomo della strada, per tenere sotto controllo l’affollamento carcerario.
Questo è un punto che è stato dibattuto anche dai sindacati di polizia, ultimamente, durante la puntata dello scorso 9 marzo di Officina Stampa. Sesto ed ultimo, mettere finalmente le forze dell’ordine – polizia, carabinieri, finanza – in condizioni di avere uomini e mezzi sufficienti ad un vero e stretto controllo del territorio. Sia la polizia, che i carabinieri, che la finanza sono sotto organico, e la politica non ascolta. È una questione di denaro e di opportunità. Durante il breve, ma fin troppo lungo, regno di Matteo Renzi, il debito pubblico è aumentato, secondo alcuni giornali, di quaranta miliardi di euro, spesi in prebende elettorali, come gli ottanta o i cinquecento euro, e in viaggi all’estero con aereo personale, oltre che per altre cose che non è dato a noi di conoscere. Quaranta miliardi di euro sono tanti, una finanziaria e mezzo, in tre anni, oltre alle bugie che ci sono state propinate a man salva. Come sempre, il pesce puzza dalla testa. I mezzi ci sarebbero, anzi ci sono, ma la politica è in tutt’altre faccende affaccendata. Soprattutto a guadagnare voti. E la gente muore.
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