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Editoriali

Ciak si gira. Silenzio e buio in paese: Conte decreta

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Il silenzio regna ovunque e per le strade non c’è più nessuno. E’ ritornato il coprifuoco. Aleggia il fantasma del medioevo. Le caratteristiche ci sono tutte ed il banditore che diffonde le notizie non manca.


Udite, udite, Conte annuncia un altro decreto e poi un altro e poi un altro ancora. Il Viminale raccoglie la sfida e si cimenta nell’emissioni di autocertificazioni, una dopo l’altra, mettendo a dura prova la pazienza e la sopportazione del cittadino. Udite, udite, i bambini possono uscire con un genitore, forse si, forse no, magari dopo, chissà!

Il coprifuoco è fra di noi

Un anziano signore, ultraottantenne, raccontava a suo nipote: “Il mio bisnonno, ai suoi tempi, svolgeva un strano compito comunale. Dopo il passaggio del banditore che girava per le strade del paese, al calar del sole, urlando “sono le sette e tutto va bene”, passava il mio bisnonno, accendendo i fanali stradali, che allora erano alimentati a gas. A quell’ora il paese si svuotava e tutti si ritiravano. Le porte si chiudevano e le finestre pure. Fuori rimaneva qualche cane randagio ed i soliti gatti con il loro miagolare pietoso”. Gli anziani di una certa età ricordano l’ultima guerra mondiale e anche allora, in certi momenti, era vietato lasciare penetrare la luce da fuori le abitazioni. Dopo il tramonto era d’obbligo il coprifuoco. Nascondiamoci che il nemico ci osserva, si diceva allora.
Oggi non c’è il coprifuoco dei tempi del bisnonno, non c’è il coprifuoco dell’ultima guerra mondiale. Oggi c’è il coprifuoco del presidente Conte con l’arma del decreto contro il coronavirus.

La fila indiana, di passata memoria

Il presidente Conte decreta e dei fantasmi del passato riemergono in ogni luogo. Qualcuno ancora ricorda la fila indiana che si faceva alle fermate dell’autobus. Nessuno osava oltrepassare e fare il furbo. Tutti rispettosi seguivano la fila per salire sul bus. Oggi la scena si ripete davanti alla filiale della banca, davanti al bar-tabacchi, davanti all’ufficio postale e davanti ai supermercati. Conte decreta ed il cittadino si mette in fila. Al fedele è stato risparmiato il sacrificio di fare la fila davanti alla chiesa, sbarrando le porte con tanto di avviso: “Inutile bussare, qui non vi aprirà nessuno”.

Il presidente Giuseppe Conte agli italiani: Sereni, sereni!

Dallo scoppio del primo caso di Covid-19 il presidente non ha mai smesso di infondere fiducia al Paese. Il 21 febbraio scorso assicurava: “La situazione è sotto controllo”. Oggi non è certo intenzione con questo articolo ribadire che l’Italia sta piangendo circa 13.955 morti per il Covid-19 e che i malati, a oggi sono 80.572 . E’ giusto, quando si chiede di non fare polemica in questo tragico momento. E per questo tralasciamo di parlare dei 69 medici morti mentre in prima linea combattevano questa battaglia. Non diciamo niente sui 10 mila sanitari contagiati. Nessuna polemica sul dramma delle mascherine. Non si deve parlare della vergogna che, in situazioni di grande difficoltà, nonostante la gravissima carenza, il materiale sanitario sta venendo bloccato alle dogane e chi di dovere non muove un dito per sbloccare la situazione. Niente polemiche, tutto rimandato a dopo crisi.

Quella brace che cova sotto la cenere coronavirus

Sempre il presidente Conte, lo scorso 26 febbraio dalla postazione della Protezione Civile ritornava a tranquillizzare il paese: ‘Niente polemiche, è l’ora dell’unità’. Ci stiamo adoperando con grande impegno, avvalendoci dei migliori esperti, per gestire questa emergenza nel modo più efficace”. Niente polemica, va bene, ma qualche domanda si può fare? Nell’era dell’avanzata tecnologia web, quando da un remoto paesino dell’Aspromonte, oggi ci si può mettere visibilmente in contatto con un congiunto risedente nella parte più remota del globo. Considerato ciò, come si poteva negare e continuare a negare ad un anziano moribondo, di salutare e vedere per l’ultima volta i suoi cari? A che serve il progresso se non risponde alle più elementari aspettative dell’uomo?

Domani, crisi alle spalle, qualcuno dovrà rispondere

Un altro quesito che lascia tanti dubbi e perplessità riguardo quelle salme sequestrate ai congiunti aventi diritto. A questi ultimi è stato negato di dare una degna sepoltura ai loro cari ed avere una lapide dove domani sarebbero potuti andare a posare un fiore e dire una preghiera. Dei loro cari non hanno lasciato che polvere. Chi li ha mai autorizzati ad incenerire quelle salme? Qualcuno ha chiesto l’autorizzazione dei parenti aventi diritto? Quanta brace cova sotto la cenere del Covid-19! Quanti atti illiberali! Quanti pubblici ministeri già affilano le pratiche per avviare indagini, denunce, avvisi di garanzia! Quanti “eroi” stanno rischiando di finire domani dietro le sbarre!

Ai posteri l’ardua sentenza

C’è troppa euforia. Ci sono troppi galli che cantano. Troppe divergenze. Mille virologi, immunologi, esperti, analisti dei dati statistici, matematici e mille proposte, mille soluzioni. Dice un vecchio saggio: quando si ha fretta è il momento di andare piano. Si sta correndo troppo e non tutto il Paese ce la fa a tenere il passo. Niente polemiche. Conte decreta, la CEI si accoda e i cittadini eseguono. Sarà un bene, sarà unmale? Ai posteri l’ardua sentenza.

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“Fuori dal Coro”, Mario Giordano: accuse e disinformazione, tra “ladri di salute” e realtà distorta

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La trasmissione di Rete4 punta il dito sulle liste d’attesa con tagli e montaggi che distorcono la realtà dando poco spazio alle spiegazioni sulle cause strutturali e storiche di questo problema

Le liste d’attesa sanitarie nella regione Lazio rappresentano da anni una delle maggiori sfide per i cittadini e le istituzioni. Problemi come i lunghi tempi di attesa per visite specialistiche e interventi chirurgici affliggono il sistema sanitario da decenni, ereditati da diverse amministrazioni regionali. Negli ultimi mesi, tuttavia, la trasmissione Fuori dal Coro, condotta da Mario Giordano su Rete4, ha acceso i riflettori sul tema, con servizi che spesso sembrano puntare il dito contro l’attuale governatore Francesco Rocca e i dirigenti delle ASL.

La narrazione mediatica proposta dal programma sembra suggerire che la responsabilità delle inefficienze sia interamente da attribuire alla giunta Rocca, ignorando la complessità storica e sistemica del problema.

La campagna mediatica di Fuori dal Coro

La trasmissione di Giordano, Fuori dal Coro, è nota per il suo stile provocatorio e per servizi che mirano a denunciare inefficienze e disservizi in vari settori della vita pubblica italiana. Negli ultimi tempi, il programma ha rivolto un’attenzione particolare alla sanità del Lazio, accusando il sistema di essere gestito da “ladri di salute”. Giordano, con i suoi servizi taglienti, ha puntato il dito contro la gestione delle liste d’attesa e il ruolo delle ASL, alimentando polemiche sulla responsabilità del governatore Rocca e delle amministrazioni locali nel garantire un servizio sanitario efficiente utilizzando filmati montati ad arte per evidenziare episodi di presunta incompetenza o scarsa trasparenza da parte dei dirigenti delle ASL. Questi servizi, sebbene utili per accendere il dibattito pubblico, rischiano di presentare un quadro distorto della realtà, facendo sembrare che il problema delle liste d’attesa sia frutto esclusivo dell’attuale amministrazione. Gli spezzoni video presentati, tagliati e cuciti ad arte, non offrono sempre un quadro completo delle azioni e delle iniziative messe in campo per risolvere un problema così complesso. Rocca e le ASL regionali vengono spesso messi in ridicolo, attraverso un montaggio selettivo che dà poco spazio alle spiegazioni sulle cause strutturali e storiche di questo problema.

Un problema di lungo corso: le cause storiche delle liste d’attesa

La questione delle liste d’attesa nel Lazio ha radici profonde, e risale a molto prima della gestione di Rocca. Secondo i dati forniti dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), la Regione Lazio si è trovata negli ultimi 10 anni a fronteggiare un aumento costante delle richieste di prestazioni sanitarie. Questo è avvenuto in un contesto di scarsità di risorse, con un personale sanitario insufficiente rispetto al fabbisogno, strutture ospedaliere spesso sovraccariche e difficoltà nel gestire in modo efficiente il sistema delle prenotazioni.

Le precedenti amministrazioni regionali hanno tentato varie riforme per affrontare il problema, ma con risultati alterni. Nel 2019, sotto la giunta Zingaretti, il Lazio era già tra le regioni con le più lunghe liste d’attesa in Italia, con pazienti costretti ad attendere mesi, se non anni, per accedere a esami diagnostici e visite specialistiche .

Gli sforzi della giunta Rocca per ridurre i tempi

Dal suo insediamento, Francesco Rocca ha reso le liste d’attesa una priorità per la sua amministrazione. Il governatore, insieme agli assessori competenti, ha avviato un piano di riorganizzazione del sistema sanitario regionale che mira a ridurre significativamente i tempi di attesa. Uno dei punti chiave è l’incremento delle risorse destinate all’assunzione di nuovo personale sanitario e all’implementazione di sistemi digitali più efficaci per la gestione delle prenotazioni.

Un passo importante è stato l’avvio della piattaforma Recup, il sistema unico regionale per le prenotazioni di visite ed esami, che dovrebbe rendere più trasparente e immediata la gestione delle richieste. Inoltre, la giunta Rocca ha stanziato fondi per migliorare l’infrastruttura tecnologica degli ospedali, con l’obiettivo di abbattere le inefficienze burocratiche che spesso causano ritardi nelle prestazioni sanitarie.

Nonostante questi sforzi, il sistema sanitario del Lazio si trova ancora in una fase di transizione, e ci vorrà del tempo prima che le riforme possano produrre risultati tangibili. Le criticità attuali, infatti, sono l’eredità di anni di mancati investimenti e tagli alla sanità, e non possono essere risolte nell’arco di pochi mesi.

Il ruolo delle ASL e il problema della comunicazione

Un altro punto sollevato da Fuori dal Coro riguarda i dirigenti delle ASL, spesso accusati di essere poco trasparenti o addirittura di boicottare le riforme. Tuttavia, è importante ricordare che le ASL sono strutture complesse, e molte delle inefficienze segnalate dipendono da vincoli amministrativi e da una scarsità di risorse che si protrae da anni.

La campagna di discredito portata avanti da alcuni programmi televisivi rischia di delegittimare il lavoro di migliaia di professionisti della sanità, che ogni giorno si impegnano per garantire il miglior servizio possibile ai cittadini, nonostante le difficoltà.

La necessità di una corretta informazione

In un contesto così delicato, è fondamentale che il dibattito pubblico venga alimentato da informazioni accurate e contestualizzate. La disinformazione, come quella veicolata da montaggi video parziali, non fa altro che creare sfiducia nei confronti delle istituzioni e alimentare tensioni sociali. Al contrario, è necessario riconoscere gli sforzi che la Regione Lazio sta compiendo per risolvere un problema che affligge non solo questa regione, ma molte altre parti d’Italia.

Le riforme sanitarie richiedono tempo, risorse e la collaborazione di tutti gli attori coinvolti, dai politici ai dirigenti sanitari, fino ai cittadini stessi. Solo attraverso un approccio condiviso e una comunicazione trasparente si potranno raggiungere risultati concreti e duraturi nella riduzione delle liste d’attesa e nel miglioramento della sanità pubblica.

E così, mentre la trasmissione Fuori dal Coro punta il dito contro Rocca e le ASL del Lazio, sarebbe invece importante non perdere di vista la complessità della questione e il lavoro che si sta facendo per migliorare una situazione ereditata da anni di difficoltà strutturali.

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Un anno di articoli con L’Osservatore d’Italia

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Un anno di esperienza con questa testata giornalistica! Beh che dire, lo staff è davvero impegnato su diversi fronti e la collaborazione con loro aiuta sicuramente uno scrittore esordiente ad imparare a scrivere in termini giornalistici.

La testata giornalistica di www.osservatoreitalia.it è sempre molto accattivante e ricca di notizie, dalla cronaca nera a quella rosa. Fare esperienza con un’equipe ben organizzata è il giusto trampolino di lancio per modellare e migliorare l’arte dello scrivere.

La possibilità di vedere i propri articoli pubblicati e seguiti da molti followers investe positivamente sia sul pubblicista che sul giornale. La direttrice, Chiara Rai e il marito Ivan Galea sono impegnati su tanti fronti (dalla politica, alla finanza, alla salute, alla cronaca etc ..) e si occupano in modo chiaro di dare qualità al loro lavoro.

Un “mestiere” quello del giornalista molto scrupoloso e curioso che deve accendere nei lettori la necessità di leggere una determinata notizia. Il giornale si occupa di organizzare momenti di rassegna stampa su diverse tematiche interessanti.

Scrivere articoli per www.osservatoreitalia.it è stata e sarà un’esperienza che ha colmato lacune e incoraggiato l’uso della lingua italiana. Ha arricchito l’esperienza culturale di ciascun collaboratore che ne fa parte.

www.osservatoreitalia.it è una realtà in espansione e mi auguro di vederla sempre di più crescere nell’ambito giornalistico e di espressione. È un’opportunità che va calibrata e pensata, nessuna notizia può essere un caso, ma deve rispecchiare gli avvenimenti reali della nostra quotidianità. Deve incuriosire per espandersi sempre oltre.

La collaborazione con Chiara Rai è efficace sotto ogni punto di vista, poiché il suo modo diretto di spiegare e render noto gli avvenimenti è molto oggettivo e schietto. Non esistono ma e se …, ma la consapevolezza di chi si è e di chi si vuol essere.
Il giornalismo è un’attitudine alla scoperta e alla capacità, non solo di vincere l’attenzione del lettore, ma di formulare articoli chiari e concisi.
La grande “famiglia” di www.osservatoreitalia.it sta lavorando sempre più per ampliare le sue conoscenze e competenze pertanto far parte di questo team è davvero eccezionale.
Nel dedicare questo articolo al mio primo anno di collaborazione, ringrazio Chiara e Ivan in modo speciale. Continuate e continuiamo così, l’informazione c’è e noi ci saremo sempre cari lettori!

Cara Maria Rossella Randi,
grazie di cuore per il tuo bellissimo editoriale e per le parole di stima e apprezzamento verso L’Osservatore d’Italia.

È un piacere sapere che la tua esperienza con noi sia stata così positiva e formativa. Il tuo impegno e la tua dedizione nel contribuire alla nostra testata ci rendono orgogliosi. Il giornalismo è un lavoro di passione e attenzione, e siamo felici che tu abbia trovato in noi una squadra con cui crescere e sviluppare le tue abilità. Siamo certi che il tuo contributo continuerà a essere prezioso, e ti ringraziamo per la fiducia e la collaborazione! Un caro saluto e un grande augurio per il futuro!

La redazione de L’Osservatore d’Italia!

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Il Consiglio di Stato: “Non ci sono fondi per la disabilità” dobbiamo limitare l’inclusione scolastica

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Il titolo preannuncia una possibile “tragedia” che sta colpendo la dignità umana, questa è pura follia! L’inclusione della disabilità ha seguito un iter legislativo molto complesso che va consolidato ogni giorno con dei progetti validi a livello nazionale/europeo. Sentir parlare di limitare i fondi di bilancio che promuovono l’inclusione della disabilità è disfunzionale alla nostra etica morale.

La scuola italiana negli ultimi decenni si è impegnata sempre più in termini di inclusione, pertanto i “cantieri che si sono aperti” devono essere lavorati e non serrati. Sull’inclusione scolastica sono stati fatti numerosi studi, convegni e seminari; ad esempio l’Università Alma Mater di Bologna riconosce un grande merito al professore Andrea Canevaro, nonché il pioniere della prima cattedra di pedagogia speciale in Italia. Purtroppo, venuto a mancare da qualche anno, il professore Canevaro ha scritto i cardini su cui poggia la pedagogia speciale, ha studiato e fatto ricerca su molti punti chiave della disabilità: in particolare proprio sul concetto di inclusione.

È intervenuto con tecniche e strategie innovative tali da diffondere tre concetti chiave: il disabile non è diverso, ma tutti siamo uomini diversi, la consapevolezza dell’assenza di giudizio, il sostegno alla disabilità e le famiglie come fulcro del suo pensiero pedagogico.
Ostacolare oggi questi studi è come buttare una “mina” su tutto quello che è stato fatto da numerosi professionisti, insegnanti di sostegno e docenti. Inoltre, tutto quello che il Consiglio di Stato Italiano ha detto non ha fatto altro che creare malcontenti, delusioni e rabbia, nonché profonde ferite che colpiscono gli animi dei ragazzi/e, gli studiosi, le istituzioni e le famiglie stesse.
Il taglio dei fondi riguarderebbe non solo la disabilità certificata, ma anche le fragilità di alcuni ragazzi/e (i DSA e i BES). In tal caso, crollerebbe l’istituzione scuola, il ruolo degli insegnanti di sostegno e le progettazioni che si organizzano (es. i Piani Educativi Individualizzati).

Le famiglie sono molto preoccupate dopo la sentenza n° 1798/2024, poiché quest’ultima non riguarderebbe solo la violazione del diritto all’istruzione degli studenti disabili, ma anche di tanti altri servizi importanti come il trasposto, la riabilitazione e le cure. Le amministrazioni certificano, così, che il diritto allo studio per i disabili vale meno degli altri, riportando-ci ad un concetto terrificate: la discriminazione. Concetto, quest’ultimo, che non deve “esistere” in una repubblica democratica come l’Italia.


Se i fondi per l’assistenza scolastica stanno finendo, non bisogna certo infierire contro le situazioni più deboli. In tal caso si vanno ad infrangere i principi della nostra Costituzione Italiana quali, la dignità, l’uguaglianza, l’inclusione e le pari opportunità.

Pertanto, diciamo NO a questi possibili “tagli” ne va della nostra reputazione personale e collettiva.

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