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Economia e Finanza

Coronabond contro la crisi: domani vertice europeo

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Nove leader europei, tra i quali il premier Giuseppe Conte e il presidente francese Emmanuel Macron, hanno firmato una lettera congiunta per chiedere, in vista del vertice europeo di domani, la creazione dei ‘Coronabond’ per fronteggiare la crisi economica dovuta alla pandemia. La lettera è firmata da Spagna, Francia, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio, Lussemburgo e Italia. Lo conferma Palazzo Chigi.

“Dobbiamo riconoscere – scrivono i leader – la gravità della situazione e la necessità di un’ulteriore reazione per rafforzare le nostre economie oggi, al fine di metterle nelle migliori condizioni per una rapida ripartenza domani. Questo richiede l’attivazione di tutti i comuni strumenti fiscali a sostegno degli sforzi nazionali e a garanzia della solidarietà finanziaria, specialmente nell’Eurozona. In particolare, dobbiamo lavorare su uno strumento di debito comune emesso da una Istituzione dell’Ue per raccogliere risorse sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati Membri, garantendo in questo modo il finanziamento stabile e a lungo termine delle politiche utili a contrastare i danni causati da questa pandemia”. Secondo i nove leader, “vi sono valide ragioni per sostenere tale strumento comune, poiché stiamo tutti affrontando uno shock simmetrico esogeno, di cui non è responsabile alcun Paese, ma le cui conseguenze negative gravano su tutti. E dobbiamo rendere conto collettivamente di una risposta europea efficace ed unita. Questo strumento di debito comune dovrà essere di dimensioni sufficienti e a lunga scadenza, per essere pienamente efficace e per evitare rischi di rifinanziamento ora come nel futuro”.
   Per quanto riguarda le risorse da mettere in campo nella lettera si sottolinea che “i fondi raccolti saranno destinati a finanziare, in tutti gli Stati Membri, i necessari investimenti nei sistemi sanitari e le politiche temporanee volte a proteggere le nostre economie e il nostro modello sociale”. Ma i leader suggeriscono anche che “con lo stesso spirito di efficienza e solidarietà, potremo esplorare altri strumenti all’interno del bilancio Ue, come un fondo specifico per spese legate alla lotta al Coronavirus, almeno per gli anni 2020 e 2021, al di là di quelli già annunciati dalla Commissione. Dando un chiaro messaggio di voler affrontare tutti assieme questo shock unico, rafforzeremmo l’Unione Economica e Monetaria e, soprattutto, invieremmo un fortissimo segnale ai nostri cittadini circa la cooperazione determinata e risoluta con la quale l’Unione Europea è impegnata a fornire una risposta efficace ed unitaria”.

“L’emergenza che stiamo vivendo non conosce confini. A livello europeo c’è necessità di uniformare le prassi sanitarie e di aumentare lo scambio di informazioni, soprattutto adesso, nella fase più acuta dell’epidemia. La risposta, anche sul piano economico-finanziario, deve essere poderosa, coesa, tempestiva”. Lo scrive su Fb il premier Giuseppe Conte rilanciando la lettera scritta al presidente del Consiglio Ue

La presidente della Bce Christine Lagarde, nella videoconferenza dell’Eurogruppo di ieri, ha spinto i ministri a considerare la creazione di Coronabond sotto forma di ‘una tantum’, per aiutare l’economia della zona euro. Secondo quanto si apprende da fonti Ue, per Lagarde l’utilizzo delle Enhanced Conditions Credit Line (ECCL) del Mes è solo un passo iniziale, mentre bisognerebbe esplorare ulteriormente i Coronabond, non a tempo indeterminato, ma legati soltanto a questa emergenza.

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Economia e Finanza

L’Italia è il paese più ricco di strutture ricettive in Europa

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Il fenomeno dell’eccesso turistico costituisce attualmente tema importante del dibattito pubblico, anche grazie a tutta una serie di proteste che si sono verificate in alcune delle mete turistiche più frequentate del continente europeo, con le più accese a Barcellona e Maiorca. Con questa espressione si intende una situazione in cui l’impatto del turismo supera le capacità fisiche, ambientali, sociali, economiche, psicologiche o politiche dei luoghi in cui accade vedi Venezia o Firenze. Si tratta di dinamiche che hanno delle ripercussioni sia sui residenti delle comunità locali che sui turisti stessi, oltre che sul paesaggio, sui beni culturali e sui servizi presenti all’interno di questi contesti. La misurazione di queste dinamiche è ancora complessa da fare. Si tratta di materia relativamente nuova per le quali ancora non ci sono delle reali linee guida su quali siano gli indicatori da utilizzare. Inoltre, alcune caratteristiche del fenomeno (come la sua stagionalità) rendono ancora più complesse le analisi. Per poter iniziare ad inquadrare il fenomeno è utile valutare lo stato dell’industria turistica nei paesi comunitari, partendo dal numero di strutture ricettive di accoglienza e il numero di posti letto.
 
Nel suo complesso, l’Unione Europea conta oltre 636mila strutture ricettive con più di 29 milioni di posti letto. In questo dato si comprendono non soltanto gli alberghi ma anche altre strutture di alloggio simili come i B&B oltre a campeggi e aree camperistiche attrezzate.
 
Negli anni delle restrizioni dovute alla pandemia si registra un calo ma i valori attuali (riferiti al 2023) sono in crescita rispetto al periodo pre-Covid. Per quel che riguarda il numero di strutture ricettive, si registra un incremento del 3% rispetto al 2019 mentre per i posti letto l’aumento è dell’1,5%. Il 21,1% delle strutture turistiche europee si trova in aree urbane centrali, che comprendono il 22,6% dei posti letto. Seguono poi le zone periferiche (32,5% strutture, 33,6% posti letto) e le zone rurali (46,4% e 43,8%). Circa la metà delle infrastrutture turistiche europee si trova in aree costiere (51,1%) e copre il 41,6% dei posti conteggiati.
 
Come informa Openpolis, su elaborazione dati da Eurostat, in termini assoluti l’Italia è il paese europeo dotato del maggior numero di strutture ricettive (229.513) e di posti-letto (5,2 milioni). Rispettivamente, coprono il 36,1% e il 17,8% dell’offerta nel continente; per quel che riguarda le infrastrutture turistiche, seguono Croazia (117.476, il 18,5%), Germania (48.275, 7,6%) e Francia (29.375, 4,6%). In coda,  tre piccoli paesi dell’unione: Cipro (771, 0,1%), Lussemburgo (357, 0,1%) e Malta (335, 0,1%).
 
Per quel che riguarda invece i posti-letto, al nostro paese seguono Francia (5.094.909, 17,5%), Germania (3.665.302, 12,6%) e Paesi Bassi (1.400.003, 4,8%). Gli stati caratterizzati da una minore quantità di posti letto sono invece Lussemburgo (57.830, 0,2%), Lettonia (52.263, 0,2%) e Malta (51.041, 0,2%). Occorre evidenziare che risultano mancanti i dati dell’Irlanda mentre quelli della Spagna sono invece parziali, motivo per cui non sono stati considerati nell’analisi.
 
Questi dati sono disponibili a livello regionale per quasi tutte le aree dell’UE. Per poter permettere di confrontare il dato tra regioni con popolazione differente, è stata calcolata l’incidenza ogni 10mila abitanti. La regione europea con l’incidenza maggiore di strutture ricettive è Jadranska Hrvatska (857,64 ogni 10mila abitanti), che comprende tutta l’area della Croazia. Seguono Ionia Nisia (Grecia, 223,90) e la provincia autonoma di Bolzano (221,55). Tra le prime dieci europee, quattro sono italiane: oltre al territorio già citato, sono presenti anche il Veneto (123,84), la Valle d’Aosta (103,39) e il Friuli-Venezia Giulia (83,07). Sui posti letto invece i valori maggiori si registrano nella regione di Notio Aigaio (Grecia, 9.084,56), Jadranska Hrvatska (Croazia, 8.357,92), Ionia Nisia (Grecia, 7.714,12) e Corsica (Francia, 4.728,77).
 
È importante notare che valutare l’incidenza delle strutture ricettive turistiche sul territorio è solo uno degli elementi utili per considerare lo stato del turismo in una regione. Di fondamentale importanza è considerare anche la quantità di notti passate dai turisti in un paese, così come l’incidenza del settore nel calcolo del Pil.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Economia e Finanza

Sicilia, discariche sature: 90mila tonnellate di rifiuti in partenza per la Finlandia

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Di Paola (M5s): “Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche”

È da tempo risaputo come anche i rifiuti siano una risorsa ma una risorsa non facile da gestire e trasformare in prodotti utili. Si apprende dunque sa organi d’informazione siciliani che è stata recentemente definitiva una disposizione o decreto regionale, del 1° agosto scorso, che consente di spedire i rifiuti della Sicilia all’estero fino al prossimo 30 giugno e questa volta con destinazione Finlandia.

L’assessorato regionale competente pei rifiuti ha deciso che dall’isola Sicilia saranno effettuate almeno 3 mila spedizioni di rifiuti indifferenziati, trattati negli impianti Tmb, che non possono essere più smaltiti in loco, per complessive circa 90 mila tonnellate di rifiuti, decisione provocata dalla saturazione delle discariche locali, come quella di Lentini, gestita dalla Sicula Trasporti.

Questi trasferimenti, però, non sono indolori per i Comuni siciliani, che vedranno sobbarcarsi un costo extra

Lo smaltimento in Sicilia costava tra i 200 e i 250 euro a tonnellata, mentre in Danimarca, nel termovalorizzatore di Copenaghen, la cifra è salita a 400 euro a tonnellata. Adesso, l’immondizia di circa 150 Comuni siciliani, soprattutto della Sicilia orientale ma anche del Trapanese, Agrigentino e Palermitano, finirà in Finlandia trasportata dalla ditta lombarda Vibeco, nel termovalorizzatore della società Loviisan Satama Oy, sita a Valko, ove verranno trattati nell’ottica del recupero energetico.

Ed è prevedibile che i costi lieviteranno ulteriormente. Il porto di Loviisa è un porto marittimo baltico nella città di Loviisa, situato sulla costa meridionale della Finlandia e sulla sponda settentrionale del Golfo di Finlandia. a poco meno di una novantina di km. da Helsinki.
Il decreto non indica alcun prezzo né fornisce un ristoro economico ai sindaci, che già dall’anno scorso avevano chiesto uno stanziamento extra per fronteggiare i costi.

La situazione è ora più complessa e pesante

Secondo l’attuale governo regionale, i rifiuti potranno in futuro essere trattati in Sicilia utilizzando un paio di inceneritori che dovrebbero essere realizzati a Palermo e Catania, ma il cui iter autorizzativo non sembra breve, ragion per cui la soluzione dell’esportazione non appare di breve durata.


Il M5S, con il vicepresidente dell’ARS, Nuccio Di Paola, fiuta il pericolo di una manovra inevitabile per la Regione dichiarando che “se spedire i rifiuti in Finlandia è la soluzione di cui tanto parlava Schifani pochi giorni fa, allora c’è davvero da preoccuparsi.

Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche. Con queste cifre, una amministrazione coscienziosa avrebbe dovuto stringere i tempi per accompagnare le due grandi città siciliane, Catania e Palermo, a ridurre il quantitativo di raccolta non differenziata. Invece a quanto apprendiamo, la musica non cambia. Lo avevamo visto già con Musumeci, continuiamo a vederlo con Schifani”.

Alla destinazione finnica si aggiunge anche una destinazione turca: infatti altri 5 decreti hanno autorizzato l’invio a Aliaga-Izmir, nell’impianto Ege Celik Sanay Ticaret, di 5.733 tonnellate. Anche in questo caso l’autorizzazione all’invio, concordata con i ministeri dell’Ambiente italiano e turco, durerà un anno.

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Costume e Società

Croazia: boom di turisti e prezzi alle stelle

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La Croazia ad oggi è parte dell’Unione Europea e come tale ha acquisito i diritti e i doveri degli altri Paesi che ne fanno parte. Diverse testimonianze di turisti confermano che quest’anno si è osservato un boom turistico proveniente da zone limitrofe e oltre: Italia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Grecia e Francia.

Tuttavia, è credibile che l’entrata della Croazia tra le “stelle” dell’Unione Europea abbia incentivato la costruzione di alberghi e di ristoranti per ospitarne il turismo da un lato, ma dall’altro ha sicuramente rialzato le spese dell’economia croata.

Questo aspetto finanziario dettato dalla moneta unica, rispetto a quello che era il valore della moneta croata, ha “meravigliato” sia la popolazione croata che il turismo, subendo alcuni contraccolpi sia nelle spese che nei ricavi economici.

L’euro, in un certo senso, ha equiparato la Croazia con gli altri Stati Europei da un punto di vista dei tre settori economici: agricoltura, industria e turismo.

Questo requisito ha però modificato la vita quotidiana di ciascun croato che si è ritrovato a dar di conto ad un’economia più ampia e complessa rispetto al passato.

Non c’è alcun dubbio sul fatto che la Croazia si stia notevolmente sviluppando nel turismo con la costruzione di alberghi, di strutture marittime etc…, ma questi nuovi investimenti hanno richiesto all’economia croata di creare adeguate risorse non solo per il turismo, ma anche per gli abitanti stessi.

La Croazia ad ora ha prezzi elevati e poco concorrenziali soprattutto negli alimenti, nelle postazioni turistiche (es. ombrelloni, sdrai), nei vestiti e nell’oggettistica (es. souvenirs), rischiando un saldo economico di ritorno più basso del previsto.

Un tempo il turista che arrivava in Croazia pagava meno rispetto ai servizi di cui necessitava, oggi è inevitabile che l’aumento dei prezzi possa portare con sé il rischio di abbassare il flusso turistico.

La Croazia ha però una particolarità intrinseca rispetto al passato: nelle città costiere i prezzi si sono elevati rispetto alle isole. Questo dato è tratto da alcune ricerche svolte sul campo nei periodi di luglio e agosto; è come se la vita da isolano costasse meno rispetto a quella di città. Il dato potrebbe essere scontato, ma non lo è, poiché prima dell’ingresso nell’Unione Europea, l’intera Croazia aveva costi poco concorrenziali e soprattutto similari nel triangolo costa, città e isola.

Nel frattempo che la Croazia continui il suo “viaggio” di inserimento in Europa, ogni turista sicuramente “farà due conti in tasca prima di avventurarsi in zone della Croazia dove i costi sono saliti alle stelle”.

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