Esteri
Emergenza coronavirus, anche in Belgio partono le restrizioni
Published
5 anni faon
di Alessandro Butticé
BRUXELLES – Dal 18 marzo, il Belgio, parte di quest’Europa a diverse velocità nell’arginare la pandemia covid-19, ha deciso una restrizione, seppure soft, di limitazione all’uscita dalle proprie abitazioni.
Con un decreto governativo del 13 marzo, tutte le attività a carattere privato o pubblico, di natura culturale, sociale, folcloristico, sportivo e ricreativo erano già state vietate fino al 3 aprile.
Dopo aver osservato, a volte con una certa sorpresa o distacco la situazione italiana, negli ultimi giorni anche gli altri Paesi europei, seppure in ordine sparso e poco troppo coordinato, stanno cominciando ad utilizzare misure sempre più severe per cercare di arrestare l’avanzata del Covid-19 che , essendo una pandemia, non conosce frontiere sovraniste.
È quindi illusorio per chiunque poter pensare di essere risparmiati da questo flagello, sanitario, economico e sociale, con la semplice chiusura delle proprie frontiere.
La comunità italiana a Bruxelles segue dall’inizio la critica situazione in Italia e, non con minore preoccupazione, l’avanzata del virus in Belgio. Paese che, pur disponendo di ottime strutture sanitarie, non può non tenere conto dei problemi vissuti dal sistema sanitario lombardo. Che ha fama di essere uno dei migliori del mondo, e non solo di Europa.
L’apprensione è quindi molta. Anche se dimostrata con lo spirito di una latitudine più nordica, e quindi sinora dando meno spazio alla manifestazione di emotività collettiva.
Ma vorrei soffermarmi su alcuni atteggiamenti della comunità italiana, registrati in contatti interpersonali, ma anche sulla stampa ed i social.
Distinguendo la comunità italiana in Belgio, tout court, da quella dei tanti italiani che lavorano invece nelle istituzioni europee.
Gli italiani in generale sono molto condizionati e informati di quanto accade in Italia. E la maggior parte di essi – come chi scrive – da giorni cerca di adottare tutte le misure e i protocolli ampiamente imposti o consigliati in Italia. Cercando quindi di restare il più possibile a casa ed evitare ogni contatto personale, se non con le precauzioni e le distanze note.
Diversa è la reazione, e diversi sono i commenti social, ad alcune altalenanti manifestazioni emotive che giungono dall’Italia Italia. Tra la disperazione ed il risorgimento dell’unità nazionale e l’inneggiamento – con tifoseria e manifestazioni da stadio – nei confronti del nostro Paese.
Alcuni, da quanto si può vedere soprattutto sui social, si uniscono ai cori nazionalisti e quasi festosi da tifo calcistico. Altri – forse più influenzati dal clima nordico che si respira da queste parti – sono piuttosto critici verso queste a volte esuberanti manifestazioni. Mostrando sorpresa per i flash mob e i canti dai balconi, preferiscono soprattutto esprimere la propria vicinanza e solidarietà per i tanti deceduti, per le loro famiglie, ed i tantissimi malati in Italia.
C’è chi scrive ad esempio, firmando il post come “lo sfogo di un’italiana”: “Italia, Italia. Come se fossero i mondiali. Forse sono io che sto vivendo un lutto enorme, ma non capisco. Forse è un limite mio. Trombette come se fossimo allo stadio. Petardi come il 31 dicembre. Torce dei cellulari come consigliato da Barbara D’Urso in collegamento durante il TG5. Gente che canta grazie Roma, forza Lazio o bella ciao senza nessun motivo. Totalmente fuori contesto. Mentre c’è chi in ospedale muore. Chi non può dire addio alla mamma. Al papà. Al nonno. Mentre c’è chi non sa se riaprirà il proprio negozio tra un mese. Chi si ammala in corsia facendo il proprio lavoro. Trasformare una tragedia in una buffonata. In una carnevalata da due soldi in cui si finge di condividere ma in realtà non si condivide un c…. Andrà tutto bene? Col c…. Ci sono già più di mille morti e miliardi di euro bruciati. Passerà. Sicuramente. Ma non sta andando bene per niente. Ditelo a chi ha chiuso il negozio che andrà tutto bene. Ditelo a chi ha perso un genitore. Non c’è niente di romantico nel confondere una tragedia con martedì grasso. Not in my name. Se ne esce con la consapevolezza. Con la compostezza. Con il rispetto. Non con lenticchie e cotechino. Mi isolo che è meglio. Triste e perplessa.»
Da parte di alcuni dei tanti italiani che lavorano presto le istituzioni europee, invece, oltre alla preoccupazione personale per il virus (la Commissione europea da lunedì ha lasciato a casa in tele lavoro tutti i propri funzionari, salvo gli alti dirigenti, mentre il Parlamento Europeo aveva preso misure più restrittive già nelle settimane scorse), c’è quella per il ruolo dell’Europa per fronteggiare questa crisi. Soprattutto per la narrativa che viene riportata sulla stampa e i social, senza risposte credibili, con i fatti e con la comunicazione, da parte della Commissione europea.
C’è ad esempio, come chi scrive, chi esorta tutti i funzionari europei italiani, e soprattutto i loro vertici, a metterci la faccia. Confrontandosi attraverso l’informazione con miriadi di concittadini che, approfittando della crisi, e ispirati dalla frustrazione ma anche dalla disinformazione, quando non da interessi politici, inneggiano persino alla secondo me suicidaria Italexit. Spiegando sui social il contributo che loro e l’UE stanno dando – seppur con poteri e risorse certamente limitate dall’egoismo nazionale che la governa, attraverso il Consiglio – per fronteggiare la crisi. Come, ad esempio, che la Commissione Europea è riuscita, grazie allo sforzo personale del commissario francese Thierry Breton, a fare sbloccare alla Francia e alla Germania le esportazioni di mascherine verso l’Italia, che potrà quindi aumentare il proprio approvvigionamento di uno strumento indispensabile per il personale sanitario.
Ma quanto si è letta sui social e sui media questa notizia? Affogata dalle grida di protesta, inneggianti invece, magari, alla “generosità interessata” della Cina. Dopo che solo qualche giorno fa era stata dileggiata come “l’untore” dalla volubile e volatile opinione pubblica italiana.
Personalmente penso che quello che l’Europa sta facendo, dovrebbe dirlo e farlo sapere con azioni di comunicazione tipo Karshere, e non con l’annaffiatoio utilizzato nel deserto dell’atavica disinformazione sulle materie europee.
E molti italiani a Bruxelles cominciano a pensare che l’UE si stia davvero giocando l’Italia. E se questo avvenisse sarebbe la fine dell’Unitá Europea. Come ha giustamente osservato il filosofo ed ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari. C’è quindi chi, tra i funzionari italiani, vorrebbe stimolare i propri colleghi – finché non ci riesce la Commissione Europea con i suoi strumenti, spesso troppo timidi, di comunicazione istituzionale – ad impegnarsi volontariamente e a livello personale sui social per spiegare (assieme alle foto dei propri cani, gatti e pesci rossi) cosa stanno facendo, e cosa sta facendo l’Europa per i cittadini in questo drammatico momento. Amplificando sulla rete semplici notizie che sono già di dominio pubblico, sui siti delle istituzioni europee. Ma spesso troppo nascoste, e poco diffuse. Spesso non tradotte in italiano. Quasi sempre ben poco spiegate (malgrado la loro frequente ermeticità che lo renderebbe necessario) e troppo poco diffuse con gli strumenti del XXI secolo.
Attivissimi, in Belgio, sono stati invece gli organi diplomatici italiani, sin dall’inizio della crisi. Per far valere le ragioni italiane, come l’Ambasciatore Maurizio Massari presso l’Unione Europea, e l’Ambasciatrice presso il Belgio, Elena Basile.
L’Ambasciatrice Basile è molto attiva anche sui social personali, oltre che su quelli istituzionali, senza nessun timore di mettere sempre la propria faccia sulle questioni anche più delicate. Cosa molto apprezzata dalla comunità italiana, che è molto fiera della sua rappresentante. Già il 5 marzo aveva incontrato la Ministra belga alla Sanità, Maggie De Block, che aveva voluto essere informata nel dettaglio di tutte le misure prese dall’Italia. Misure che, dopo essere state ritenute esemplari dall’OMS, poco a poco ora tutti gli altri Paesi stanno introducendo.
Il sito dell’Ambasciata d’Italia ha una pagina «Focus Covid-19» oltre alla pagina «l’Ambasciata d’Italia comunica» che viene aggiornato costantemente e poi rilanciato sui social media. Vi sono pubblicati l’indirizzo e i numeri di reperibilità, nonché le ultime informazioni su come raggiungere l’Italia dal Belgio, anche alla luce delle misure prese dagli altri Paesi.
Pure il Rappresentante Permanente d’Italia alla NATO, l’Ambasciatore Francesco Talò, è stato sin dall’inizio molto attivo presso il Consiglio atlantico nel sensibilizzare anche tutti i suoi colleghi sull’emergenza italiana e la necessità di valorizzare gli sforzi che disciplinatamente gli italiani compiono a difesa di tutti, in un contesto che incide sulle nostre esigenze di sicurezza e sulla solidarietà transatlantica. Ha contribuito quindi a far sì che la Nato reagisse per impegnarsi ad assicurare la sicurezza del proprio personale nella sede di Bruxelles e nelle varie operazioni, in modo da garantire la continuità e la credibilità dell’azione dell’alleanza. È stato poi tra i primi ambasciatori alla NATO a mettere il proprio personale in telelavoro, riducendo così la presenza in ufficio degli effettivi della Rappresentanza attorno al 20%.
I grandi sforzi dei nostri rappresentanti diplomatici hanno senza dubbio contribuito, ognuno nell’ambito di competenza, alla presa di coscienza dei nostri partner a non sottovalutare il loro rischio di vivere in diretta la stessa situazione italiana, senza sprecare l’esperienza che viene dal nord della penisola, e prendere quindi al più presto misure omogenee. Questo anche per non rendere vani gli sforzi e i sacrifici italiani, e prevenire al massimo l’effetto ping-pong tra diversi paesi, tipico delle infezioni.