Connect with us

Editoriali

Vincenza Sicari: verso la soluzione?

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 5 minuti Da più di un mese, ripetendo un copione già recitato, Vincenza Sicari è ricoverata all’Ospedale S. Andrea di Roma

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 5 minuti
image_pdfimage_print

 

di Roberto Ragone


 


Da troppo tempo Vincenza Sicari, l’ex maratoneta ricoverata ora all’ospedale S. Andrea di Roma, la cui vicenda abbiamo seguito con costanza su queste righe dal 22 di marzo del 2016, aspetta una parola certa a proposito della malattia che da più di due anni la inchioda ad un letto, paralizzata dalla vita in giù. Più volte abbiamo scritto a proposito di questa vicenda che ha dell’assurdo. Cioè, ha dell’assurdo il fatto che, nonostante il pellegrinaggio di Vincenza in numerosi ospedali della nostra penisola, nessuno sia riuscito, o abbia voluto, o sia stato capace, di trovare la causa della sua malattia. Che sarà pure rara, o inconsueta, o difficile, ma che, come tutte le cose umane, deve avere una spiegazione. Da più di un mese, ripetendo un copione già recitato, Vincenza Sicari è ricoverata all’Ospedale S. Andrea di Roma, uno dei migliori nosocomi della città, e quindi d’Italia. Purtroppo, come d’abitudine, a fronte degli esami clinici effettuati, non s’è partorita alcuna diagnosi. Abbiamo parlato con l’avvocato Luana Sciamanna, che, con la collega Giorgia La Leggia, cura gli interessi di Vincenza. “Da due giorni abbiamo attivato alcune richieste formali, come la richiesta di cartella clinica” ci ha spiegato l’avvocato Sciamanna “che ci verrà consegnata domani (venerdì 30 dicembre ndr) alle ore 12,00. Dobbiamo capire perché Vincenza viene trattenuta in stato di ricovero al S. Andrea, senza tuttavia, secondo ciò che lei riferisce, che le vengano applicate terapie, e né che vengano effettuati accertamenti volti all’individuazione di questa patologia che la sta distruggendo. Noi l’abbiamo incontrata per due volte, in realtà non ha alcun tipo di presidio, né flebo, né respiratori, non ha nulla attaccato, e lei conferma che non le stanno somministrando alcun farmaco. Quindi dobbiamo riuscire a capire perché una paziente ricoverata in una struttura ospedaliera da un mese e sette giorni non sta ricevendo alcun tipo di cura. Mi auguro” continua l’avvocato Sciamanna “che domani sia possibile evincere dalla cartella clinica, anche se parziale perché non ancora chiusa, il motivo per cui Vincenza è comunque ancora trattenuta in ricovero. Questo è quello che ci hanno detto ieri sia il professor Orzi, primario della clinica neurologica, che il vice direttore sanitario, cioè che la cartella clinica sarà ovviamente parziale e non definitiva. Inoltre sempre oggi abbiamo protocollato un’istanza, sempre rivolta al professor Orzi, con la quale chiediamo che venga fatta una relazione in cui si spieghi quale patologia hanno rinvenuta, se l’hanno rinvenuta, quelle che sono le terapie apprezzate, le indagini che sono state fatte o che hanno intenzione di fare, che ci facciano insomma capire cosa s’è fatto e cosa si ha intenzione di fare sulla nostra assistita. La nostra intenzione, anche caldeggiata da Vincenza, è quella di trasferirla in una struttura diversa, dove poter rifare tutti gli esami clinici, visto e considerato che molti di essi sono stati effettuati in tempi remoti, parliamo almeno di uno o due anni fa. Nonostante questo, gli ospedali non intendono ripetere alcuni esami, invece secondo noi è importante che questi esami vengano ripetuti e che vengano letti oggi in un quadro più complesso; quindi non si devono leggere i singoli esami, ma va valutata la situazione con una lettura complessiva degli esami a cui la nostra assistita si è sottoposta, soprattutto perché questa patologia è evidente, non stiamo parlando di un sintomo che la paziente riferisce, ma che non è visibile. Vincenza era una maratoneta ora allettata con una incapacità non solo di camminare, ma anche di fare piccoli movimenti, è completamente paralizzata dalla vita in giù. Credo che sia un sintomo più che evidente di malessere che tuttavia ad oggi non trova una sua connotazione medica. Quindi a questo punto chiediamo che il S. Andrea dica chiaramente se ha una diagnosi, se non l’ha, che cosa sta facendo per individuarla, e che cure intende apprezzare alla nostra assistita, visto che è mantenuta in stato di ricovero.”


 


“Ho letto di una intenzione di trasferimento a Tor Vergata, è esatto?”


“La signora Sicari ha chiesto di essere trasferita a Tor Vergata, non per essere per l’ennesima volta parcheggiata, ma allo scopo di ripetere completamente tutti gli esami. Chiediamo che la Regione Lazio imponga – se non lo farà la Regione lo faremo noi attraverso il tribunale – a Tor Vergata di ripetere tutti gli esami, perché in questa situazione in cui ancora Vincenza non ha una diagnosi, è importante che si incontrino tutte le eccellenze della medicina italiana, per finalmente stilare una diagnosi precisa. Ha trentasette anni, non è giusto che stia in un letto d’ospedale, abbandonata a sé stessa, come appare evidente. Poi, dalla lettura della cartella clinica vedremo cosa è stato fatto. La richiesta della cartella clinica l’abbiamo fatta noi per la prima volta, in passato non era mai stata fatta. Nessun difensore ha mai pensato di leggerla.”


 


"S'era parlato di una richiesta di intervento della Lorenzin, cosa state facendo in questo senso, oppure è più giusto rivolgersi a Zingaretti?"


"A questo proposito siamo in contatto con il segretario dell'onorevole Dall'Osso, del M5S, che si è fatto portavoce delle istanze di Vincenza e ha rappresentato al ministro Lorenzin proprio questa situazione. Questo è ciò che ci è stato riferito. Se lei mi chiede le prove di questo, io non ne ho, è soltanto quello che mi è stato riferito da questo portavoce. Ora, se il ministro sia stata informata o meno, non è dato saperlo con certezza. Quello che le posso dire è che io oggi ho inviato, io e la collega La Leggia, una richiesta via mail alla Regione Lazio, al presidente Zingaretti, per essere ricevute, e per portare personalmente le richieste di Vincenza anche in Regione, visto e considerato che poi questi aspetti della Sanità attengono più ad una sfera regionale che ad una sfera istituzionale. Quindi ritengo che sia più pertinente che le richieste vengano fatte al presidente della Regione. Per il momento non abbiamo avuto ancora alcun tipo di risposta, però sappiamo che oggi il presidente era molto impegnato per questioni di bilancio. Auspichiamo che a brevissimo ci sia udienza, perché è giusto che anche Zingaretti venga informato di questa situazione assolutamente paradossale.”


 


“Certo, anzi il primo articolo l’ho scritto io il 22 di marzo – ne ho scritti in tutto sette fino d oggi,- e non è successo nulla, tranne che tutti gli altri media si sono interessati della faccenda, dalla carta stampata, ai rotocalchi, alla televisione, Rai e Mediaset.”


“Questo è un merito, anzi adesso io credo che a bomba la cosa fa notizia e quindi tutti hanno voglia di raccontarla. Ho sempre detto a Vincenza, non dobbiamo diventare il caso pietoso, dobbiamo diventare il caso che solleva degli interrogativi, perché lei non dev’essere trattata come l’ex maratoneta, l’ex atleta, dev’essere trattata come un qualsiasi paziente che ha una patologia difficile da accertare, non entro nel merito di queste faccende, ma come qualsiasi persona che entra in un ospedale, ha diritto di avere riconosciuta la propria patologia, e di essere curata. Non è soltanto perché siamo davanti ad una sportiva che bisogna allertare i media, questa è una cittadina italiana, che si sta lasciando da un mese e dieci giorni in ospedale senza nulla.”


 


Ringraziamo l’avvocato Sciamnana per la sua disponibilità ed anche per l’impegno profuso a favore di Vincenza, a cui tutti ci siamo affezionati. Non è la prima, ma l’ennesima volta, aggiungiamo noi, che Vincenza viene ‘parcheggiata’ in ospedale, visto che ha fatto il giro d’italia degli ospedali. Possiamo dire, senza temere d’essere smentiti, che il rumore suscitato attorno al caso di Vincenza Sicari, come diceva l’avvocato Sciamanna, non è stato originato dal fatto che lei fosse un’atleta: dopo tutto la maratona è uno sport oscuro, fatto di molti sacrifici e poche soddisfazioni, soprattutto economiche. Si fosse trattato di un campione del football, le cose sarebbero andate diversamente. Personalmente, ho avuto attestazioni di solidarietà da parte di persone che hanno guardato solo al caso umano e non ad altro. Confidiamo che con questi due nuovi ed agguerriti legali Vincenza Sicari possa aver trovato finalmente chi si prende cura di lei, anche al di fuori dell’ospedale, in sede legale. E confidiamo che presto, superate le colonne d’Ercole di varia natura, che riguardano eventuali disfunzioni sanitarie – chiamiamole così – nel merito delle quali non vogliamo entrare, Vincenza troverà una vera diagnosi ed una vera cura.


 


 

 

Editoriali

Migranti in crociera tra Italia e Albania: la politicizzazione di certe toghe e il peso sulle spalle dei contribuenti

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

La lotta politica di alcuni magistrati rende inefficaci le soluzioni migratorie e spreca milioni di euro a spese dei cittadini

La recente vicenda dei migranti trasferiti dall’Italia all’Albania, e poi riportati indietro lo stesso giorno, ha sollevato un’ondata di critiche, non solo verso il governo, ma soprattutto verso alcuni magistrati, la cui politicizzazione sembra ormai sempre più evidente. Ancora una volta, i contribuenti si trovano a pagare il conto di operazioni dispendiose, mal gestite e inefficaci, mentre l’azione della magistratura, spesso influenzata da ideologie politiche, complica ulteriormente una situazione già di per sé delicata.

Il trasferimento di 12 migranti in Albania, solo per riportarli in Italia dopo poche ore, rappresenta l’ennesimo esempio di un fallimento organizzativo e gestionale, pagato interamente dai cittadini. Questa crociera inutile, spacciata come un simbolo di cooperazione internazionale, ha gettato luce sulla debolezza delle attuali politiche migratorie, ma anche sull’interferenza di alcuni settori della magistratura che, anziché facilitare la risoluzione delle questioni, sembrano perseguire agende personali e ideologiche.

Infatti, non è un mistero che una parte della magistratura italiana sembri sempre più politicizzata, influenzando le decisioni su questioni che dovrebbero restare nell’ambito della politica e dell’esecutivo. Quando si tratta di immigrazione, alcuni giudici si ergono a paladini di un’interpretazione dei diritti umani che non considera minimamente il peso che certe decisioni hanno sulla comunità nazionale e sulle risorse pubbliche. Questo approccio, spesso lontano da una visione pragmatica, rischia di vanificare gli sforzi del governo di gestire in modo ordinato e sostenibile i flussi migratori.

È evidente che un dialogo costruttivo tra esecutivo e magistratura sia sempre più difficile. L’immagine che ne emerge è quella di uno Stato in cui le istituzioni non collaborano, anzi, si ostacolano reciprocamente. Da un lato, il governo cerca di trovare soluzioni concrete – come l’accordo con l’Albania – per decongestionare i centri di accoglienza e alleggerire il peso sulle spalle dei cittadini italiani. Dall’altro, la magistratura, influenzata da una certa sinistra ideologica, interviene per bloccare o vanificare ogni tentativo di riorganizzazione.

Il risultato? Un teatro grottesco in cui i migranti vengono trattati come pedine di un gioco politico, e i contribuenti italiani sono costretti a finanziare operazioni inconcludenti. Nel caso dei 12 migranti trasferiti in Albania, il governo si è visto costretto a riportarli indietro per evitare problemi legali legati ai diritti di asilo e protezione, ma questo avvenimento mette in luce quanto il problema sia radicato: le leggi e le sentenze emanate da certi giudici rendono quasi impossibile l’attuazione di politiche migratorie efficaci.

La politicizzazione di certi magistrati è un ostacolo al funzionamento di uno Stato democratico. L’immigrazione è un tema complesso, che richiede decisioni tempestive e incisive. Tuttavia, la costante interferenza di un potere giudiziario sempre più politicizzato ostacola la possibilità di governare in modo efficace. Certi magistrati sembrano più interessati a fare opposizione politica che a garantire il rispetto della legge in modo equo e imparziale. In questo contesto, le operazioni come il trasferimento dei migranti in Albania finiscono per essere inutili teatrini, che aggiungono solo confusione e spreco di denaro pubblico.

Ma chi paga il prezzo di questa inefficienza? I cittadini, naturalmente. L’Italia è già alle prese con una pressione fiscale elevata e un debito pubblico in crescita, eppure milioni di euro vengono spesi per iniziative fallimentari come queste, mentre la magistratura blocca sistematicamente ogni tentativo di cambiamento reale. Ogni giorno che passa, appare sempre più chiaro che il vero ostacolo non è tanto la complessità della questione migratoria, quanto piuttosto la resistenza di un apparato giudiziario che si arroga il diritto di decidere ciò che è politicamente giusto o sbagliato, senza tener conto del benessere della collettività.

Alla luce di questi fatti, è lecito chiedersi: fino a quando i cittadini italiani dovranno continuare a pagare per operazioni inutili come questa “crociera dei migranti”? E quanto ancora il nostro sistema giudiziario potrà permettersi di ignorare il principio di separazione dei poteri, intervenendo su questioni che dovrebbero essere di esclusiva competenza del governo? Se non si affronta con decisione la questione della politicizzazione di certi magistrati, l’Italia continuerà a essere ostaggio di un sistema disfunzionale, in cui il bene comune viene messo da parte in nome di battaglie ideologiche.

È tempo che le istituzioni tornino a lavorare insieme, senza interferenze, per garantire una gestione responsabile delle risorse pubbliche e una soluzione concreta ai problemi del Paese. Diversamente, gli sprechi e i fallimenti continueranno a moltiplicarsi, e i cittadini, ancora una volta, saranno costretti a pagare il prezzo di un sistema che non funziona.

Continua a leggere

Editoriali

“Fuori dal Coro”, Mario Giordano: accuse e disinformazione, tra “ladri di salute” e realtà distorta

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

La trasmissione di Rete4 punta il dito sulle liste d’attesa con tagli e montaggi che distorcono la realtà dando poco spazio alle spiegazioni sulle cause strutturali e storiche di questo problema

Le liste d’attesa sanitarie nella regione Lazio rappresentano da anni una delle maggiori sfide per i cittadini e le istituzioni. Problemi come i lunghi tempi di attesa per visite specialistiche e interventi chirurgici affliggono il sistema sanitario da decenni, ereditati da diverse amministrazioni regionali. Negli ultimi mesi, tuttavia, la trasmissione Fuori dal Coro, condotta da Mario Giordano su Rete4, ha acceso i riflettori sul tema, con servizi che spesso sembrano puntare il dito contro l’attuale governatore Francesco Rocca e i dirigenti delle ASL.

La narrazione mediatica proposta dal programma sembra suggerire che la responsabilità delle inefficienze sia interamente da attribuire alla giunta Rocca, ignorando la complessità storica e sistemica del problema.

La campagna mediatica di Fuori dal Coro

La trasmissione di Giordano, Fuori dal Coro, è nota per il suo stile provocatorio e per servizi che mirano a denunciare inefficienze e disservizi in vari settori della vita pubblica italiana. Negli ultimi tempi, il programma ha rivolto un’attenzione particolare alla sanità del Lazio, accusando il sistema di essere gestito da “ladri di salute”. Giordano, con i suoi servizi taglienti, ha puntato il dito contro la gestione delle liste d’attesa e il ruolo delle ASL, alimentando polemiche sulla responsabilità del governatore Rocca e delle amministrazioni locali nel garantire un servizio sanitario efficiente utilizzando filmati montati ad arte per evidenziare episodi di presunta incompetenza o scarsa trasparenza da parte dei dirigenti delle ASL. Questi servizi, sebbene utili per accendere il dibattito pubblico, rischiano di presentare un quadro distorto della realtà, facendo sembrare che il problema delle liste d’attesa sia frutto esclusivo dell’attuale amministrazione. Gli spezzoni video presentati, tagliati e cuciti ad arte, non offrono sempre un quadro completo delle azioni e delle iniziative messe in campo per risolvere un problema così complesso. Rocca e le ASL regionali vengono spesso messi in ridicolo, attraverso un montaggio selettivo che dà poco spazio alle spiegazioni sulle cause strutturali e storiche di questo problema.

Un problema di lungo corso: le cause storiche delle liste d’attesa

La questione delle liste d’attesa nel Lazio ha radici profonde, e risale a molto prima della gestione di Rocca. Secondo i dati forniti dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), la Regione Lazio si è trovata negli ultimi 10 anni a fronteggiare un aumento costante delle richieste di prestazioni sanitarie. Questo è avvenuto in un contesto di scarsità di risorse, con un personale sanitario insufficiente rispetto al fabbisogno, strutture ospedaliere spesso sovraccariche e difficoltà nel gestire in modo efficiente il sistema delle prenotazioni.

Le precedenti amministrazioni regionali hanno tentato varie riforme per affrontare il problema, ma con risultati alterni. Nel 2019, sotto la giunta Zingaretti, il Lazio era già tra le regioni con le più lunghe liste d’attesa in Italia, con pazienti costretti ad attendere mesi, se non anni, per accedere a esami diagnostici e visite specialistiche .

Gli sforzi della giunta Rocca per ridurre i tempi

Dal suo insediamento, Francesco Rocca ha reso le liste d’attesa una priorità per la sua amministrazione. Il governatore, insieme agli assessori competenti, ha avviato un piano di riorganizzazione del sistema sanitario regionale che mira a ridurre significativamente i tempi di attesa. Uno dei punti chiave è l’incremento delle risorse destinate all’assunzione di nuovo personale sanitario e all’implementazione di sistemi digitali più efficaci per la gestione delle prenotazioni.

Un passo importante è stato l’avvio della piattaforma Recup, il sistema unico regionale per le prenotazioni di visite ed esami, che dovrebbe rendere più trasparente e immediata la gestione delle richieste. Inoltre, la giunta Rocca ha stanziato fondi per migliorare l’infrastruttura tecnologica degli ospedali, con l’obiettivo di abbattere le inefficienze burocratiche che spesso causano ritardi nelle prestazioni sanitarie.

Nonostante questi sforzi, il sistema sanitario del Lazio si trova ancora in una fase di transizione, e ci vorrà del tempo prima che le riforme possano produrre risultati tangibili. Le criticità attuali, infatti, sono l’eredità di anni di mancati investimenti e tagli alla sanità, e non possono essere risolte nell’arco di pochi mesi.

Il ruolo delle ASL e il problema della comunicazione

Un altro punto sollevato da Fuori dal Coro riguarda i dirigenti delle ASL, spesso accusati di essere poco trasparenti o addirittura di boicottare le riforme. Tuttavia, è importante ricordare che le ASL sono strutture complesse, e molte delle inefficienze segnalate dipendono da vincoli amministrativi e da una scarsità di risorse che si protrae da anni.

La campagna di discredito portata avanti da alcuni programmi televisivi rischia di delegittimare il lavoro di migliaia di professionisti della sanità, che ogni giorno si impegnano per garantire il miglior servizio possibile ai cittadini, nonostante le difficoltà.

La necessità di una corretta informazione

In un contesto così delicato, è fondamentale che il dibattito pubblico venga alimentato da informazioni accurate e contestualizzate. La disinformazione, come quella veicolata da montaggi video parziali, non fa altro che creare sfiducia nei confronti delle istituzioni e alimentare tensioni sociali. Al contrario, è necessario riconoscere gli sforzi che la Regione Lazio sta compiendo per risolvere un problema che affligge non solo questa regione, ma molte altre parti d’Italia.

Le riforme sanitarie richiedono tempo, risorse e la collaborazione di tutti gli attori coinvolti, dai politici ai dirigenti sanitari, fino ai cittadini stessi. Solo attraverso un approccio condiviso e una comunicazione trasparente si potranno raggiungere risultati concreti e duraturi nella riduzione delle liste d’attesa e nel miglioramento della sanità pubblica.

E così, mentre la trasmissione Fuori dal Coro punta il dito contro Rocca e le ASL del Lazio, sarebbe invece importante non perdere di vista la complessità della questione e il lavoro che si sta facendo per migliorare una situazione ereditata da anni di difficoltà strutturali.

Continua a leggere

Editoriali

Un anno di articoli con L’Osservatore d’Italia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Un anno di esperienza con questa testata giornalistica! Beh che dire, lo staff è davvero impegnato su diversi fronti e la collaborazione con loro aiuta sicuramente uno scrittore esordiente ad imparare a scrivere in termini giornalistici.

La testata giornalistica di www.osservatoreitalia.it è sempre molto accattivante e ricca di notizie, dalla cronaca nera a quella rosa. Fare esperienza con un’equipe ben organizzata è il giusto trampolino di lancio per modellare e migliorare l’arte dello scrivere.

La possibilità di vedere i propri articoli pubblicati e seguiti da molti followers investe positivamente sia sul pubblicista che sul giornale. La direttrice, Chiara Rai e il marito Ivan Galea sono impegnati su tanti fronti (dalla politica, alla finanza, alla salute, alla cronaca etc ..) e si occupano in modo chiaro di dare qualità al loro lavoro.

Un “mestiere” quello del giornalista molto scrupoloso e curioso che deve accendere nei lettori la necessità di leggere una determinata notizia. Il giornale si occupa di organizzare momenti di rassegna stampa su diverse tematiche interessanti.

Scrivere articoli per www.osservatoreitalia.it è stata e sarà un’esperienza che ha colmato lacune e incoraggiato l’uso della lingua italiana. Ha arricchito l’esperienza culturale di ciascun collaboratore che ne fa parte.

www.osservatoreitalia.it è una realtà in espansione e mi auguro di vederla sempre di più crescere nell’ambito giornalistico e di espressione. È un’opportunità che va calibrata e pensata, nessuna notizia può essere un caso, ma deve rispecchiare gli avvenimenti reali della nostra quotidianità. Deve incuriosire per espandersi sempre oltre.

La collaborazione con Chiara Rai è efficace sotto ogni punto di vista, poiché il suo modo diretto di spiegare e render noto gli avvenimenti è molto oggettivo e schietto. Non esistono ma e se …, ma la consapevolezza di chi si è e di chi si vuol essere.
Il giornalismo è un’attitudine alla scoperta e alla capacità, non solo di vincere l’attenzione del lettore, ma di formulare articoli chiari e concisi.
La grande “famiglia” di www.osservatoreitalia.it sta lavorando sempre più per ampliare le sue conoscenze e competenze pertanto far parte di questo team è davvero eccezionale.
Nel dedicare questo articolo al mio primo anno di collaborazione, ringrazio Chiara e Ivan in modo speciale. Continuate e continuiamo così, l’informazione c’è e noi ci saremo sempre cari lettori!

Cara Maria Rossella Randi,
grazie di cuore per il tuo bellissimo editoriale e per le parole di stima e apprezzamento verso L’Osservatore d’Italia.

È un piacere sapere che la tua esperienza con noi sia stata così positiva e formativa. Il tuo impegno e la tua dedizione nel contribuire alla nostra testata ci rendono orgogliosi. Il giornalismo è un lavoro di passione e attenzione, e siamo felici che tu abbia trovato in noi una squadra con cui crescere e sviluppare le tue abilità. Siamo certi che il tuo contributo continuerà a essere prezioso, e ti ringraziamo per la fiducia e la collaborazione! Un caro saluto e un grande augurio per il futuro!

La redazione de L’Osservatore d’Italia!

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti