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Editoriali

Lo strano caso di Liliana Segre

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Io sono dalla parte degli Ebrei. Lo sono per molti motivi, e da molto tempo. Posso dire d’esserlo sempre stato, senz’ombra di dubbio. Lo sono a causa della persecuzione subita dai nazifascisti. Lo sono per la loro storia, che mi ha insegnato a conoscere quel popolo. Lo sono perché sono un piccolo popolo, ma ricco di vittorie. Lo sono perché il soldato israeliano, come si diceva una volta, è il migliore del mondo. Lo sono perché hanno trasformato in un giardino quello che era soltanto deserto. Lo sono perché ritengo che quel territorio che hanno strappato alla desolazione spetta loro di diritto, come contemplato nell’Antico Testamento. Mi hanno entusiasmato due episodi, della loro storia più recente: la guerra dei sei giorni, condotta da Moshe Dayan, un generale con un occhio solo, una guerra lampo che ha permesso loro di riconquistare il territorio del Sinai; il raid di Entebbe, con la liberazione di tutti i passeggeri – tranne un’anziana signora – di un volo della El Al sequestrato da terroristi palestinesi con la connivenza di Idi Amin Dada, dittatore ugandese, che offrì loro supporto logistico.

Era il periodo dei dirottamenti, e tutti seguivamo con interesse ognuno di questi episodi. Anche questa fu una vittoria di tutto il popolo ebraico, in Italia segregato in ghetti, ma sempre in grado di risollevare la testa. Sono stato a tavola con Eli Wiesel, per due anni consecutivi, quando vivevo a Bari, invitato a cene di Pesach, cioè la commemorazione della fuga del popolo ebraico dall’Egitto, con il ‘passaggio’ dell’angelo della morte. Eli Wiesel, reduce dal campo di sterminio di Auschwitz, è stato insignito del premio Nobel per la pace nel 1986.

Ho stretto la mano, una sera, al Teatro Petruzzelli, prima dell’incendio che lo ha distrutto, al rabbino Toaff. Non sempre ho ricevuto da qualcuno di loro la stessa dimostrazione di amicizia, ma c’è il buono e il cattivo dappertutto, ed è sbagliato fare di tutte le erbe un fascio. Per esempio, stimo molto Enrico Mentana, come professionista. Molto meno Gad Lerner, per la sua faziosità pelosa. Non mi piacciono George Soros, né la famiglia Rotschild, e tanto meno quella Rockfeller, per la loro smania di dirigere il mondo. Non è tra le mie simpatie neanche l’onorevole Fiano, per la sua appartenenza ad una sinistra che si mostra, da una parte amica della causa palestinese; dall’altra demagogicamente si schiera in difesa di persone, come la Segre, minacciate da presunti ‘fascisti’, e comunque, antisemiti. Ma i primi antisemiti, caro Fiano, sono proprio gli eredi dei comunisti, quali voi vorreste essere. Oppure, con un doppio avvitamento carpiato, siete da due parti, secondo l’occasione?

Un bel giorno, si affaccia sulla scena pubblica una distinta signora, molto elegante, con una bella capigliatura bianca: una donna d’immagine, che colpisce subito la fantasia di tutti. E’ una di quelle persone che sono riuscite a sopravvivere ai campi di sterminio, si chiama Liliana Segre, è ebrea. Suppongo a causa del suo passato, per il quale merita rispetto, ma anche per il suo attivismo politico, viene elevata dal presidente Mattarella al rango di senatrice a vita. Diventa un personaggio pubblico, e le sue interviste vengono trasmesse in televisione. Viene anche invitata in diverse occasioni più o meno istituzionali, durante le quali dice e fa ciò che lei sa che gli altri si aspettano da lei, cioè parla della persecuzione, dei fascisti, delle leggi razziali italiane, delle deportazioni e così via. Tutti argomenti del “Per non dimenticare”. Nessuno vuole dimenticare quei momenti bui della nostra società. E nessuno ha alcunché in contrario a che vengano ricordati. Ma la nostra sinistra ha il sasso in tasca.

È un momento politicamente difficile, per la sinistra e per il M5S. Di Maio e i suoi compagni di partito hanno appena gabbato Matteo Salvini, bloccando ogni attività del governo gialloverde, e facendogli credere, con dichiarazioni fuor dai denti, che mai sarebbero andati con il PD.

Di contro, il buon Zingaretti, l’uomo che ride a prescindere, ha dichiarato che mai sarebbe andato con i grillini. Il gioco, suggerito da quel Machiavelli di Matteo Renzi, è fatto. Salvini chiede elezioni e si ritira dal governo, Di Maio e Conte si alleano con i presunti avversari piddini. Nasce un governo che ha la maggioranza in Parlamento, ma non nel paese. Soffia infatti un vento di destra che vorrebbe al potere la Lega, o magari un nuovo centrodestra. Per questo è obbligatorio bloccare qualsiasi tentativo di andare a nuove elezioni, che la Lega, con Salvini, vincerebbe a man bassa. Ricordo ancora l’espressione sollevata del presidente Mattarella quando, uscendo alla Vetrata, annunciò che il governo era fatto, fra M5S e PD. Anche lui temeva, date le sue origini politiche, una vittoria di Salvini.

Del resto, Matteo Renzi, che sarà anche un Pinocchio eccetera eccetera, ma le cose sa vederle in anticipo,  ha sempre detto che, andando a votare, avrebbero consegnato il paese a Salvini. Occorreva quindi combattere questo pericoloso avversario politico. E come, se non tacciandolo di razzismo, di antisemitismo, di odio? Infatti, la commissione parlamentare ventilata, forse in buona fede, da Liliana Segre, è “Contro l’odio”. Quell’odio che la sinistra e i grillini hanno sempre dimostrato nei confronti di Salvini, e che invece vorrebbero attribuire al capo della Lega. Quindi nell’ottica della delegittimazione, è partita anche la campagna Segre.

Due quotidiani in edicola ieri, 12 novembre, due ‘giornaloni’, portano in prima pagina la notizia relativa a quella che sarebbe una bufala, cioè le duecento pretese minacce quotidiane di  antisemiti nei confronti della Segre. Pare invece, a ciò che scrivono, che qualche insulto l’abbia ricevuto (come un po’ tutti noi, sui social), ma nell’ordine di poche decine al’anno. La decisione di dare una scorta di due carabinieri a Liliana Segre era apparsa subito esagerata e strumentale, diretto ad amplificare ad arte una situazione di pericolo leghista. Ora possiamo dire, guardando queste notizie, che lo strumento politico che la sinistra ha voluto creare contro Salvini – per traslazione colpevole di odio antisemita, di nuovo nazifascismo e di nazionalpopulismo, oltre che di razzismo – è proprio quella minuta e signorile vecchietta reduce dal campo di sterminio, Liliana Segre, non sappiamo quanto consapevole del suo ruolo. E allora, le persone che stanno al governo, e che vorrebbero portare la nostra nazione in una condizione di ‘crescita’ e di benessere, nonché di stabilità politica (a parole), e che poi nei fatti dimostrano d’essere ben altro, sono queste. Uno Zingaretti che sorride sempre e che ricorda che il PD ha salvato l’Italia dall’aumento dell’IVA – mentre l’IVA non sarebbe aumentata neanche con Salvini. Un Di Maio che, glissando sul suo ‘tradimento’ del compagno di governo, dichiara che facendo cadere il governo Salvini avrebbe voluto monetizzare il vantaggio elettorale che i sondaggi gli attribuivano, così ammettendo di essere comunque ancora in minoranza.

Il premier Giuseppi, mancato Cincinnato, che secondo alcuni ha diversi scheletri nell’armadio, e che dichiarò alla Vetrata che avrebbe fatto un governo ‘per’ qualcuno e non ‘contro’ nessuno, e invece non manca occasione per scagliarsi contro un Salvini che era stato al suo fianco fino all’ultimo, non subodorando il voltafaccia. Tra parentesi, quando stipulò il millantato accordo con Malta per i migranti ebbe a dire che aveva fatto più lui in un giorno che Salvini in sei mesi. Risultato: Malta manda le vedette libiche a respingere i barconi, e i migranti che arrivano ce li cucchiamo tutti noi, perché Merkel e Co. vogliono prima ‘vagliarne la qualità’. Avere strumentalizzato la figura di una reduce da Auschwitz-Birkenau per cercare di screditare un avversario politico, al punto di attribuirle una scorta (la tenga pure, oggi una scorta non si nega a nessuno, tranne a chi ne ha bisogno, come il colonnello Ultimo o il giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle BR sotto casa, definito ‘rompicoglioni’ dal ministro Scajola, per la sua insistenza nel chiederne una – proprio quel personaggio, Scajola, a cui hanno intestato un appartamento al centro di Roma ‘a sua insaputa’) denota il carattere delle persone e il loro progetto sinistroide. Vorremmo affidare il nostro futuro a persone così? Persone che non sanno se agitare la bandiera rossa e appoggiare i terroristi palestinesi; e che poi diventano filo ebraici quando si tratta di tacciare di ‘odiatore’ l’avversario politico? Personalmente farei un’altra scelta, ma questo è tacito. E comunque, è vero che ‘in amore e in guerra tutto è lecito’, come recita un proverbio. Ma è anche vero che a governare una nazione ci vogliono persone che abbiano principi sani e onesti; che siano al di sopra di ogni sospetto; e che, come diceva Cesare di sua moglie, non devono soltanto apparire onesti, ma devono esserlo. E qui mi sa che non ci siamo.

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