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Call of Duty Modern Warfare, il reboot che rilancia la saga

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Call of Duty Modern Warfare è un reboot della saga che ha rivoluzionato il concetto di sparatutto in prima persona ed è disponibile su Pc, Xbox One e Ps4. Per anni gli appassionati di questo genere, dopo una prima trilogia indimenticabile e diversi titoli futuristici che non hanno avuto lo stesso impatto della serie MW originale, hanno desiderato un ritorno alle origini, e quest’anno Activision e Infinity Ward hanno deciso di accontentare i fan. Il nuovo capitolo di Call of Duty, infatti, non è altro che una rilettura del titolo uscito nel 2007 che utilizza alcuni fra i personaggi iconici del brand e apre la strada verso un futuro che sembra essere pronto a riscrivere una delle storie più amate dal popolo dei gamers. Call of Duty Modern Warfare ripropone i tre pilastri storici del brand, ossia: la Campagna single player, una corposa componente multiplayer, vero fulcro del gioco per milioni di appassionati, e una componente cooperativa basata su orde di nemici IA con le Operazioni Speciali. Prima analizzare queste modalità, è però doveroso parlare di un’altra novità: dopo anni e anni di riciclo e ritocchi del motore originale della serie, lo studio stavolta ha introdotto un engine grafico completamente nuovo, pensato per gli hardware di prossima generazione che anche sulle console di attuale generazione si difende davvero bene con modelli estremamente curati, animazioni fluidissime ed effetti speciali hollywoodiani che rendono tantissime parti della campagna realistiche quasi quanto un film di guerra.

Come già detto, per quanto riguarda la storia in singolo, Infinity Ward ha deciso di tornare ai suoi titoli più famosi, con un vero e proprio reboot che riprende personaggi e tematiche dei vecchi titoli, inserendoli in un nuovo contesto. La campagna, come detto dallo stesso studio di sviluppo, vuole essere uno spaccato sulla guerra moderna. Nel 2007 Call of Duty 4: Modern Warfare aveva lo stesso obiettivo, ma era figlio di un’altra epoca; 12 anni fa, erano ancora forti tematiche come la guerra in medio-oriente, una guerra diversa da quelle del passato, ma in cui ancora si potevano vedere eserciti, regolari e non, scontrarsi tra loro. Dodici anni sono passati e con essi è cambiato, almeno per il team di Infinity Ward, il significato di “guerra moderna”. Per questo Call of Duty: Modern Warfare non presenta battaglie tra eserciti di soldati, ma una guerra più subdola, che entra nelle vite di tutti i giorni. Per far comprendere pienamente i toni di questo gioco e che cosa si intende per “guerra moderna” ci basterà descrivere brevemente una missione: in una di quelle iniziali, infatti, il giocatore si trova a Picadilly, una delle strade più famose di Londra. La vita scorre come da norma per la metropolitana: folle di persone che sciamano lungo i marciapiedi, le strade bloccate dal traffico, le luci elettriche che illuminano la serata. Il giocatore, però, nei panni di un agente delle forze speciali, stiamo cercando di fermare una cellula terroristica che, a bordo di un veicolo, si lancia tra la folla e facendosi esplodere. La battaglia comincia così, tra le strade di Londra, in mezzo ai civili, in mezzo alle grida disperate. Le tematiche toccate dal gioco sono forti e riguardano argomenti davvero contemporanei, che non sono affatto semplici da trattare. Fortunatamente, Call of Duty: Modern Warfare riesce anche a evitare un approccio eccessivamente apodittico all’argomento. Se in molte missioni ci si trova nei panni di soldati occidentali, in altre si vestono i panni dei ribelli dell’Urzikstan, che hanno intenti simili alle cellule terroristiche di Al-Qatala, vale a dire la liberazione del loro Paese. In particolare, ci sono missioni ambientate nell’infanzia della comandante dei ribelli, Farah, che mostrano la violenza che è stata usata contro il suo popolo e che portano a capire tanto i suoi motivi quanto quelli delle cellule terroristiche, di cui Farah e i suoi ribelli non condividono i metodi. In questa situazione è difficile fare una divisione netta tra buoni e cattivi. Ci sono personaggi ambigui tra le forze occidentali, ma ve ne sono anche negli altri gruppi. Infiltrarsi nei covi dei terroristi significa infiltrarsi in case di persone che non sono dei veri soldati, persone che hanno una famiglia, mogli, mariti e figli. Sono queste missioni, più di altre, che generano una sensazione contrastante, gettando veri dubbi su quale sia la cosa giusta da fare in queste situazioni. La campagna di Call of Duty Modern Warfare ha una tenuta narrativa che la serie non vedeva dai tempi di Black Ops 2, e che sicuramente rientra tra le migliori offerte dalla serie fino ad ora. Questo, grazie anche ad un cast di personaggi che rimane impresso, anche dopo l’avventura. Le storie dei quattro protagonisti sono ben delineate e, alla fine della campagna, è chiaro che i loro volti sono destinati a tornare presto, ma saranno accompagnati da alcune vecchie conoscenze. Chi vivrà vedrà. Volendo essere puntigliosi e trovare un difetto per questa modalità, possiamo dire che la durata della campagna è piuttosto breve, intorno alle sei/7 ore, e ad essere penalizzata è la parte finale. Il ritmo narrativo subisce infatti un’improvvisa accelerata verso la fine, che stona con il resto della storia. La sensazione che si ha una volta portata a termine la storia è infatti quella che manchi qualcosa per completare il tutto.

Lo step successivo alla Campagna in singolo è quello della modalità cooperativa Operazioni Speciali, che è possibile affrontare in locale (fino a 2 giocatori) e online (fino a 4 persone). Tale tipologia di gioco permette ai giocatori di affrontare missioni top secret ad alto tasso di adrenalina contro orde di soldati IA sempre più equipaggiati e letali. A differenza della storia proposta da Call of Duty Modern Warfare, però, questa modalità sembra realizzata in maniera piuttosto frettolosa, con poca cura per i dettagli ed asset che sembrano quasi nati per altri utilizzi. Una volta lanciata una delle missioni disponibili, ci si trova infatti in una gigantesca mappa con strade, edifici e punti di interesse basati su mappe storiche della saga, divisa in aree accessibili a seconda delle operazioni, che sembra palesemente creata per una qualche modalità Battle Royale non ancora rilasciata (ma si mormora che arriverà ad inizio 2020). Qui le missioni presentano obiettivi piuttosto semplici come l’uccisione di determinati nemici o la conquista di alcune aree, il tutto mentre si affrontano orde di soldati IA sempre più forti, che vanno dai soldati semplici fino ai temibili Juggernaut o altri che utilizzano carri armati ed elicotteri, fino a completare gli obiettivi per poi essere estratti da un elicottero per terminare la missione. Il tutto sembra molto bello se non che, ad oggi, raggiungere questo obiettivo è praticamente impossibile: infatti i nemici respawnano di continuo anche a pochi metri dai giocatori o addirittura alle loro spalle, e grazie al time-to-kill bassissimo che accompagna ogni modalità del gioco, restare in piedi è un’impresa disperata vista anche la scarsità delle coperture in giro per la mappa. L’unica strategia che funziona al momento, ma solo in alcune aree, sembra essere quella di nascondere un giocatore in un punto irraggiungibile all’IA, perché se qualcuno resta in vita anche i compagni morti possono rientrare dopo circa un minuto di attesa. Insomma, le operazioni speciali di Call of Duty Modern Warfare a nostro avviso rappresentano una modalità sfruttata male e che al momento offre pochi motivi per essere giocata. Tale tipologia di gioco necessiterà di diversi aggiornamenti per diventare degna di attenzione o quanto meno al pari di quelle viste nel 2009 con CoD MW2. Peccato davvero.

Differentemente dalle operazioni speciali, le modalità online di Call of Duty Modern Warfare raggiungono in pieno l’obiettivo: una partita tira l’altra ed è un piacere ritornare nelle mappe per un altro scontro. C’è da dire che fortunatamente quest’anno il multiplayer ha subito più di una rivoluzione soprattutto per quel che riguarda le modalità di gioco, che guardano sia a giochi di guerra su grande scala come Battlefield che a titoli che prediligono le lotte due contro due. Ovviamente è presente anche il multiplayer “classico”, dove due squadre di 5 o 6 giocatori si affrontano in mappe medio-piccole nelle classiche modalità che ormai famose della saga come il Deathmatch a Squadre, Cerca e Distruggi ma anche lo spassoso Attacco Hacker che ricalca le regole del CeD tranne che per il fatto che i compagni possono essere rianimati, creando così dinamiche di ingaggio molto più variegate con un 1v4 che può tranquillamente diventare 4v2 se il giocatore rimasto è bravo ad aggirare i nemici. On Call of Duty Modern Warfare anche le meccaniche di gioco hanno subito alcuni cambiamenti: velocità di movimento ridotta, tempi di mira allungati, possibilità di agganciarsi alle coperture per sbirciare più al sicuro e ottenere una mira più precisa a discapito della mobilità, mappe con tanta verticalità e dove lo scavalcamento degli ostacoli risulta molto più immediato rispetto a prima hanno portato a un approccio più cauto e meno da “Rambo”. Da tutto questo e da livelli di salute molto più bassi rispetto ai classici CoD ne deriva uno stile di gioco più fluido ma anche più lento e ragionato, amplificato dall’impressionante volume sonoro dei passi che rivelano rapidamente la posizione ai nemici circostanti e dal ritorno delle letali mine claymore. Ovviamente in Call of Duty Modern Warfare c’è anche la possibilità di personalizzare le proprie classi. Via il sistema Pick 10, si torna al sistema inventato nel 2007 da Infinity Ward stessa nel primo Modern Warfare, dove ogni slot ha un utilizzo specifico e vanno occupato per forza partendo dall’arma principale fino ad arrivare alle granate e ai perk. Tra questi si sottolinea la presenza di ritorni eccellenti come Fantasma, che nasconde i giocatori ai radar degli aerei spia, o un perk inedito che ricarica automaticamente ogni 30 secondi granate, claymore, flashbang o qualunque altro equipaggiamento in possesso del giocatore. La chicca del multiplayer di Call of Duty Modern Warfare però è l’Armeria, luogo dove è possibile creare migliaia di combinazioni letali per personalizzare al meglio qualunque arma, cambiandone anche drasticamente l’utilizzo. Insomma, in questo nuovo capitolo della serie sparatutto più famosa del mondo i contenuti non mancano di certo e non resta altro che vedere come se la caverà poi Infinity Ward con il supporto post-lancio. Al momento non ci sono neanche microtransazioni (con gli sviluppatori che hanno dichiarato di rilasciare tutte le mappe gratuitamente e di non introdurre meccaniche loot-box), mentre diverse novità come il cross-play tra tutti i sistemi e il supporto mouse e tastiera sono già delle novità più che benvenute. Presente ovviamente anche la localizzazione completa in italiano del titolo che rende l’avventura ancora più bella da vivere e totalmente immersiva.

Come già accennato, grazie al nuovo motore grafico Call of Duty: Modern Warfare porta la serie Activision verso nuovi standard qualitativi. Chiaramente ciò va a incidere sulle prestazioni del gioco in termini di frame rate e se vi state domandando su quale piattaforma gira meglio il titolo? Bene ecco il mostro responso riguardo la campagna: la maggiore risoluzione utilizzata da Infinity Ward su Xbox One X rende questa versione del gioco non sempre stabile e talvolta soggetta a cali anche abbastanza vistosi, cosa che di contro non accade su PS4 Pro dove la console Sony offre più stabilità a scapito di una qualità grafica leggermente inferiore. Per quanto concerne invece i modelli base, PS4 e Xbox One, la situazione appare decisamente più problematica dove il target dei 60 fps spesso e volentieri non viene raggiunto. Ovviamente, quest’utima analisi di Call of Duty Modern Warfare è mirata a evidenziare aspetti assolutamente non percettibili da occhi inesperti. Il titolo offre un’ottima esperienza su entrambe le console e ovviamente anche su Pc. Quindi, alla luce di quanto detto, se siete alla ricerca di uno sparatutto in prima persona che ricordi i CoD di fine decennio scorso, il nuovo prodotto di Activision e Infinity Ward sarà una vera e propria gioia. Con questo reboot della saga il brand sembra finalmente aver trovato la via d’uscita dal tunnel di buio e monotonia in cui era finita negli ultimi anni. Quindi, tirando le somme, siamo assolutamente certi che la riedizione del grande classico del 2007 sarà decisamente un prodotto apprezzato dalle nuove generazioni di gamers, ma anche da chi 12 anni fa giocava al titolo originale.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Gameplay: 9

Sonoro: 9

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise

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  1. Pingback: MW3, Call of Duty non è mai stato così grande – L'Osservatore d'Italia

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Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

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Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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iPhone pieghevole nel 2027, un nuovo brevetto online fa esplodere i rumors

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iPhone pieghevole? Tornano i rumors. Le ultime indiscrezioni arrivano proprio da un nuovo brevetto che Apple ha registrato negli Stati Uniti. Il lancio però dovrebbe avvenire tra qualche anno, non prima del 2027. Il nome del documento, ripreso dal sito Cnet, è “dispositivi elettronici con display pieghevoli durevoli”, depositato nel 2021 ma concesso il 16 luglio di quest’anno. Al suo interno, alcune soluzioni che la Mela potrebbe seguire per realizzare l’iPhone Flip, ossia un telefono che si chiude a conchiglia, come il recente Motorola Razr 50 Ultra. Il testo elenca in modo dettagliato la presenza delle varie componenti del prodotto, dalla batteria alla ricarica wireless, connettività Bluetooth e Wi-Fi, display led o lcd, microfoni e sensori capacitivi, tattili e così via. C’è un riferimento esplicito ad un display pieghevole di 180 gradi, o completamente piatto, in linea con le declinazioni attualmente sul mercato anche a marchio Samsung e Oppo. Se sembra alquanto certo che Apple stia esplorando la possibilità di lanciarsi nel mercato dei pieghevoli, più dubbi sussistono sulle tempistiche. L’analista Ross Young ha affermato che un modello del genere è stato posticipato ad almeno il 2025. Più o meno la stessa tempistica suggerita dall’analista esperto di Apple, Ming Chi Kuo, che ha ribadito la possibile finestra di presentazione. C’è chi va anche oltre: i ricercatori di TrendForce sottolineano che le rigorose procedure di controllo qualità di Cupertino e l’aumento nella richiesta di pannelli flessibili porterà l’azienda a concludere un primo lotto di disponibilità dell’iPhone Flip non prima del 2027, quanto Samsung sarà alla nona generazione di Galaxy Z Flip. Insomma, stando alle nuove indiscrezioni nel futuro degli smartphone della Mela il dispositivo pieghevole sembra essere presente. Non resta altro che aspettare per saperne di più.

F.P.L.

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Elden Ring: Shadow of the Erdtree, molto più che una semplice espansione

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Elden Ring: Shadow of the Erdtree è un’espansione enorme e sorprendente, che conferma la posizione di FromSoftware tra i migliori team di sviluppo in circolazione nel panorama videoludico contemporaneo. Il dlc (anche se chiamarlo così è riduttivo) è ovviamente disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, quindi tutti coloro che hanno potuto giocare a Elden Ring (qui la nostra recensione), potranno cimentarsi in questa nuova avventura e proseguire il loro cammino. Ricordiamo a tutti coloro che sono interessati a intraprendere questo nuovo viaggio che per entrare nell’universo offerto da Shadow of the Erdtree è necessario aver ucciso Radahn e Mohg. Una volta fatto ciò si deve interagire col bozzolo di Miquella, parlando prima con un NPC che si troverà proprio lì davanti. Essendo una macro-area da visitare dopo l’endgame, il livello di difficoltà dei nemici al suo interno è piuttosto sostenuto. Questo vuol dire che provare a esplorare stando al di sotto di un livello medio che si aggira attorno al 140, o addirittura di parecchio inferiore, si va incontro alla morte anche coi nemici più insignificanti. Prendere sotto gamba il livello è un errore da non fare in quanto per chi volesse provare l’ebbrezza di addentrarsi nel “nuovo mondo”, l’impatto sarà assolutamente traumatico. Gli antagonisti sono capaci di uccidere con uno o due colpi e le zone più avanzate, assieme a quelle segrete e ai boss facoltativi, risultano quasi impossibili da completare. Eppure Elden Ring Shadow of the Erdtree, così come il gioco principale, non è mai scorretto col giocatore. Ovviamente il titolo impartirà dure lezioni ancora una volta, ma quando si inizierà a comprendere il gioco delle minacce che piagano la Terra delle Ombre, affrontare ogni ostacolo sarà fonte di assoluta soddisfazione. Differentemente da quanto i più possano pensare, l’aumento di livello non è la chiave per poter dominare sul campo di battaglia. Stavolta From Software ha applicato una sorta di sistema di potenziamento interno all’espansione che funziona grossomodo come i pezzi di maschera già visti in Sekiro. Va da sé che le reali differenze durante l’avanzamento, e soprattutto durante gli scontri coi boss, si notano solo raccogliendo i frammenti sparsi per la mappa di gioco, taluni ben nascosti o accessibili solo dopo alcune fasi di sbarramento. Una volta fermi ai Luoghi di Grazia, si potrà consultare il menù arricchito con una nuova voce che consente di migliorare in modo permanente alcune delle statistiche passive. Questa scelta adottata per Elden Ring Shadow of the Erdtree ha una duplice funzione: non rendere il contenuto troppo semplice anche per i veterani e obbligare i giocatori a esplorare davvero a fondo ogni angolo di mappa. L’esperta FromSoftware non ha però reso semplice l’accesso a tutte le aree, e in questa espansione si percepisce un senso della scoperta ancora più meraviglioso e sbalorditivo, reso tale da un design delle aree molto più articolato e complesso.

Il Regno delle Ombre è una mappa affascinante e con un design complesso e raffinato che conquista. Tuttavia è doveroso fare una menzione speciale ai dungeon/legacy, che presentano le medesime qualità. Anche qui il team di From Software è riuscito a creare livelli pieni di anfratti, percorsi alternativi, uscite, scorciatoie e connessioni all’interno di architetture colossali e uniche. Tra quelle esplorate ce ne sono due in particolare che abbiamo apprezzato. Autentiche opere di ingegneria studiate nei minimi dettagli: dalla disposizione dei nemici a quella delle sezioni interconnesse con una naturalezza disarmante. Un altro aspetto positivo positivo di Elden Ring: Shadow of the Erdtree riguarda la significativa riduzione del numero di mini-dungeon. Ora ce ne saranno di meno, ma più interessanti, elaborati e complessi. Spesso con meccaniche uniche e con boss sempre differenti, che garantiranno uno stimolo costante per quanto concerne l’esplorazione. Altro punto di forza della produzione sono i boss. In Elden Ring: Shadow of the Erdtree ce ne sono circa una decina, e sono tutti assolutamente straordinari sia per design che per le meccaniche di combattimento. E’ davvero sorprendente vedere come il team di From Software continui a sorprendere la sua fan base con creature così imponenti e ricche di personalità, capaci di proporre battaglie uniche, intense e sempre molto complesse da affromntare. Oltre a quanto detto, quest’espansione di Elden Ring ha un altro merito, ovvero: riuscire a sorprendere anche per il numero smodato di armi, talismani e magie aggiuntive, oggetti peraltro pensati per modificare sensibilmente lo stile di qualunque giocatore. Si vede chiaramente che l’intento di FromSoftware nella Terra delle Ombre è stato chiaramente uno solo: offrire un gran quantitativo di strumenti adatti a ogni genere di build, dotati di mosse e poteri così unici da spingere i giocatori a testarli anche se non necessariamente ottimali. E se da una parte alcune combinazioni del gioco base restano spettacolarmente efficaci e difficilmente sostituibili, riteniamo che FromSoftware abbia davvero trovato la chiave di volta qui, perché è stato praticamente impossibile non cambiare varie volte specializzazioni ed equipaggiamento dinanzi a certe novità. Ci sono ben otto categorie di armi del tutto nuove, e alcune di queste coprono delle mancanze significative del gioco base. A tutto ciò va anche sommato un discreto numero di ottime nuove stregonerie e un mix incredibile di incantesimi Il risultato finale? Un vero paradiso per chi ama sperimentare con statistiche ed equipaggiamento. Tirando le somme, questo Elden Ring: Shadow of the Erdtree è un’espansione incredibile, un lavoro di grande pregio che torna in parte alle origini dei souls, senza però tradire lo spirito del gioco base né abbandonare le caratteristiche che lo hanno fatto amare da così tanti giocatori. Si tratta di un lavoro impressionante, capace di stupire sia per il suo incredibile map design sia per la varietà delle novità introdotte. Impossibile, davanti a un’opera simile, non confermare il già notevole voto del gioco base. Impossibile lasciarselo sfuggire se avete amato il titolo originale.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise

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