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Editoriali

Renziade: la lunga ombra di Napolitano

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Tempo di lettura 4 minuti Niente soluzione di continuità, quindi, si parla addirittura di un Renzi bis

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di Roberto Ragone
 
Come previsto, l’ipotesi più probabile, conoscendo i nostri polli, rimane quella del quarto governo non eletto, che ci porti alla fine della legislatura. Un governo che permetta a circa 600 parlamentari di completare il periodo di 4 anni, 6 mesi e un giorno di esercizio, per poter ‘godere’ del vitalizio a cui ormai si fanno risalire tutte le vocazioni politiche, quasi che fare un periodo al governo fosse un’opera di beneficenza.
 
Di contro, la prima alla Scala, con grande dispiegamento di forze di polizia per proteggere i VIP, completamente avulsi dalla realtà e incapaci di comprendere le ragioni dei pochi che si sono radunati davanti al teatro per manifestare il loro disagio. Tutti gli intervistati nel foyer hanno parlato soltanto di una ‘grande emozione’ di fronte ad una versione della Butterfly mai rappresentata prima. Un contrasto stridente fra le ‘mise’ delle signore arrivate con grande codazzo di auto di lusso, e i cartelli di chi legittimamente manifestava perché non riesce a tirare la fine del mese, e magari neanche a trovare un lavoro vero, nonostante Renzi & Co. continuino, nel riassunto dei ‘meravigliosi mille giorni’, a decantare le bellezze delle centinaia di migliaia di posti di lavoro in più, circa 550 al giorno.
 
Peccato che nessuno se ne sia accorto, e che i salari siano sempre più bassi, e che le ore lavorate e pagate con i vaucher abbiano raggiunto la quota di 1 milione 700mila. Peccato anche che il 75% degli Italiani non riesca più a mettere da parte un soldo, e che i poveri siano più che raddoppiati in due anni e mezzo. Abbiamo anche imparato che si è poveri quando:
1) non si può cambiare la lavatrice;
2) non si può cambiare l’auto;
3) si lasciano indietro bollette da pagare;
4) non si può far fronte a spese impreviste;
5) non si può permettersi una breve vacanza, di una settimana.
 
Cioè praticamente la condizione generale di quasi tutti gli Italiani, tranne quei pochi ricchi che continuano a rastrellare denaro. Quindi ricchi sempre più ricchi, e poveri sempre più numerosi e sempre più poveri. Fra la Casta finanziaria e la vita reale la forbice s’allarga sempre di più, come accade anche con la Casta politica. Un’esercito di gente che ha in mano le leve del potere e dell’economia, a cui non importa nulla della condizione dei cittadini, soprattutto perché non la capiscono. E non la capiscono perché non si preoccupano minimamente di capirla. Pancia piena non pensa a quella vuota. Intanto, Napolitano parteciperà alle consultazioni per la soluzione del vuoto di potere, dopo la farsa della fiducia posta al governo dimissionario per l’approvazione della legge di bilancio. Abbiamo un Renzi abbondantemente squalificato sia come capo del governo che come segretario del partito, e ancora la sua presenza è condizionante per le decisioni da prendere, anche se non parteciperà alle consultazioni. A cui, invece, parteciperà il presidente emerito Giorgio Napolitano: in che veste, se c’è già Mattarella? Per controllare che l’incarico sia dato ad una persona di sua ‘fiducia’, per continuare la politica intrapresa?
 
Niente soluzione di continuità, quindi, si parla addirittura di un Renzi bis, anche se don Matteo fa il ritroso, giusto per far credere che poi avremo bisogno di lui, che proprio, se fosse per lui mollerebbe tutto, ci mancherebbe, dopo le dimissioni ‘irrevocabili’, accolte impropriamente da Mattarella ‘con riserva’. Mille giorni in cui l’Italia è andata sempre peggio. Renzi, se ci lascia – e tutti ce lo auguriamo, almeno il 60% degli aventi diritto al voto – ci lascia una nazione in pezzi, con gli stipendi ai minimi termini, i poveri che aumentano ogni giorno, la disoccupazione galoppante, i pensionati che fuggono all’estero, i migranti che arrivano in numero sempre maggiore, i guasti nella gestione delle case popolari che creano guerre fra poveri, e famiglie che vanno a vivere nelle cantine dei palazzi, ove trovino posto. Uno sfacelo che don Matteo definisce ‘mille giorni meravigliosi’. Cosa ci trovi di meraviglioso, lo sa solo lui. Lui che non solo non è guarito dalla sua solita arroganza, ma, dopo il lacrimevole discorso pronunciato con la moglie a tre metri di distanza, sullo sfondo, – discorso che pare non sia neanche farina del suo sacco – ha ripreso il suo solito atteggiamento. Certa gente non impara mai. Mentre fuori dal teatro alla Scala i poveri, quelli veri, si accalcano, cercando di manifestare della loro condizione a persone che, ingioiellate e vestite in alcuni casi, con un chimono come la protagonista –  “L’avevo nell’armadio, e ho pensato bene di metterlo”: perché mai una donna debba avere un chimono giapponese nel suo armadio, nessuno lo sa – sono arrivate con auto di lusso in fila indiana, ben protette e attente a non contaminarsi con gli straccioni che chiedevano solo un po’ di giustizia sociale.
 
Si racconta che Maria Antonietta, di fronte al popolo che protestava fuori del palazzo reale, abbia chiesto alla sua servitù per quale motivo lo facesse. “Maestà” fu la risposta “Non hanno pane.” “E allora che mangino brioches” pare che sia stata la risposta. Ora, al di là della leggenda, sappiamo come è andata a finire, con la ghigliottina in piazza. Non siamo a quei tempi, ma la disuguaglianza sociale è arrivata a livelli insopportabili, specialmente se teniamo conto del fatto che il compito dei governi dovrebbe essere quello di creare le condizioni di vita giuste per i cittadini. Dopo la consultazione referendaria sarebbe stato giusto che chi ha fallito in maniera così clamorosa fosse andato veramente a casa. L’esito del referendum ha detto chiaramente che gli Italiani non sono soddisfatti di questa gente e delle loro politiche, tutte tese al vantaggio dei poteri forti, che ormai sappiamo bene chi sono e a chi fanno capo in Italia. Così stando le cose, è molto facile che, sotto la spinta di un Napolitano tanto emerito quanto redivivo, ci venga imposto un quarto governo non eletto. Chiamatelo come volete: tecnico, provvisorio, istituzionale: non c’è niente di più definitivo di una cosa provvisoria. Anche perché è chiaro come il sole che, a dispetto delle ‘gride’ della destra, Salvini in testa, la mira di chi è ancora al potere nonostante tutto, è di arrivare al 2018, cioè a fine legislatura. L’unica strettoia per chi dovrà decidere il prosieguo di questo disgraziato governo sarà l’attenzione ad adottare misure che taglino fuori i Cinquestelle. È probabile, e speriamo di sbagliare, che sarà adottata la soluzione del Renzi-bis, il che consentirebbe di non sconvolgere i piani Bilderberg/Unione Europea. Questo spiegherebbe il perché del mancato sconvolgimento dei mercati finanziari. Con buona pace di chi legittimamente chiede di andare finalmente a votare, dopo il parere della Consulta, il 24 gennaio o giù di lì: infatti non è necessario un nuovo governo per cambiare la legge elettorale, basta, appunto, la modifica della Corte Costituzionale.

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Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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