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Editoriali

Viaggio tra le lucciole a Ferrara

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Di Andrea Barbi

Basta girare in auto in periferia e contare in media, dalle 20 alle 25 ragazze di strada. Di tutte le nazionalità e di ogni età. Si trovano in tutte le zone: dalla stazione verso la Fiera, in via Bologna o con sconfinamenti in nuove aree, quando quelle storiche sono occupate, verso via Ravenna. Non appena il buio sostituisce il grigio delle giornate autunnali di questa piccola città, di poco più di 130 mila abitanti, sulla riva destra del Po e il traffico di auto che dagli uffici e dalle fabbriche riporta i lavoratori nelle loro case, sulle strade fanno la loro comparsa le professioniste del sesso.

In Italia

Per parlare di prostituzione a Ferrara è necessario fotografare prima il fenomeno a livello nazionale anche perché lo stesso copione si ripete tutte le sere, in tutte le città italiane. Alcuni nel vederle si scandalizzano, altri le guardano incuriositi come se stessero osservando degli animali esotici o addirittura le deridono, ma la maggioranza delle persone rimane del tutto indifferente, come se non esistessero.

C’è molta ipocrisia intorno ad un argomento, quello del sesso e in particolare del sesso a pagamento. Pochi cercano di comprendere un fenomeno che molti, evidentemente, considerano estraneo e confinato ad una realtà degradata che non li riguarda; senza riflettere sul fatto che se esiste l’offerta di un determinato servizio, significa che c’è anche una domanda del medesimo. Una domanda molto eterogenea a giudicare dal variopinto panorama di umanità che si può osservare ai lati delle carreggiate. A offrire il proprio corpo in modo esplicito, infatti, non sono solo le classiche belle ragazze, giovani, alte, belle e con fisici statuari, di probabile provenienza est europea, ma anche molte donne di colore e qualche italiana con caratteristiche fisiche simili; passando poi per quelle meno fotogeniche e piuttosto in carne fino ad arrivare agli immancabili transessuali sudamericani.

Proporzioni incalcolabili

E’ doveroso precisare che “l’esposizione umana” visibile da chiunque percorra le strade periferiche delle città, riguarda soltanto una piccolissima parte delle donne che nel nostro paese esercitano il “mestiere più antico del mondo”. Circostanza che non fornisce minimamente un quadro realistico dell’entità del business che ruota intorno al sesso. Da sempre le prostitute cosiddette di alto bordo, o semplicemente più costose, operano in appartamento, ma grazie alla diffusione di internet e dei social network il fenomeno della prostituzione casalinga è aumentato in maniera esponenziale e non riguarda più soltanto prostitute di professione, ma anche donne che lo fanno per integrare uno stipendio insufficiente e/o per divertimento. Da segnalare anche il fenomeno di uomini che si prostituiscono, utilizzando gli stessi canali informatici, accontentando una richiesta principalmente maschile, anche se non mancano i classici gigolò che preferiscono “accompagnare” solo donne. L’informatica ha così permesso a chiunque voglia offrire le proprie prestazioni di ovviare la mediazione di protettori e/o gestori di locali a luci rosse andando direttamente a procacciarsi gli affari in rete. Purtroppo questo non è bastato a sradicare la criminalità da un settore che ad oggi continua a garantire grandi guadagni alle organizzazioni criminali che gestiscono la tratta delle schiave sessuali. Dietro molti degli annunci a sfondo sessuale nei quali ci si può facilmente imbattere su internet, anche senza cercarli, bisogna dirlo, ci sono anche ragazze obbligate a svendere il proprio corpo. Portate qui da chissà dove con la speranza di una vita migliore o illuse dalla promessa di facili guadagni, per poi trovarsi ad essere sfruttate da aguzzini senza pietà e pronti a tutto in caso di disobbedienza, proprio come è sempre avvenuto per le passeggiatrici.

 

Un fenomeno che sta cambiando

Ora, invece, le regole della strada sono cambiate. Fino a qualche anno fa nei bar e nei locali vicini alle postazioni delle lucciole si potevano notare i protettori delle ragazze; alcuni magrebini, altri con accento slavo, intenti ad ingannare il tempo, mentre sorvegliavano la situazione. Si distinguevano per i loro vestiti appariscenti, per i loro modi spavaldi e per la loro velocità nel dileguarsi al passaggio di una volante. Ora questi personaggi non si vedono più.

Indagandone i motivi si scopre che negli ultimi tempi il business illecito della prostituzione è cambiato, mentre all’aperto vengono offerte prestazioni fugaci e a basso costo. Si consumano sia rapporti orali che completi, ma questi non devono durare più di 10 massimo 15 minuti, una specie di self service del sesso accessibile a tutte le tasche, un “sex drive”.. Forse proprio perché il sesso a basso costo che si consuma in auto ai lati delle strade interessa poco alle grosse associazioni a delinquere nostrane, sono principalmente malavitosi stranieri a gestire questi traffici e ultimamente pare che anche loro abbiano deciso di rischiare il meno possibile di avere guai con le forze dell’ordine per questo. Infatti, i malavitosi ora affittano le postazioni alle lucciole che pagano in anticipo (a Ferrara fino a 300 euro a notte) per disporre di un piccolo spazio sul quale poter sostare in attesa che qualche potenziale cliente si fermi per contrattare il prezzo di una prestazione. In questo modo, a prescindere dagli incassi della notte, le organizzazioni ricevono sempre e in anticipo il denaro da ogni singola ragazza, senza neanche doversi preoccupare della loro incolumità, poiché esse non sono più alle loro dipendenze, ma sono diventate una sorta di lavoratrici autonome.

In un’ epoca in cui, in tutti i settori, gli operatori economici tendono ad esternalizzare il più possibile i processi produttivi, non bisogna stupirsi che ciò avvenga anche nell’ ambito dell’illegalità.

Potrebbe sembrare che quanto descritto sia positivo per le prostitute di strada che parrebbero, quindi, più libere di gestirsi; in realtà ci sono risvolti negativi per loro. Per cominciare, il denaro incassato in una notte non sempre è sufficiente a coprire la spesa per la postazione e questo espone le ragazze ad eventuali indebitamenti nei confronti dei criminali che poi applicheranno alti tassi di interesse a debiti che aumenteranno a dismisura. Non è poi di poco conto, la questione dell’incolumità delle donne continuamente esposte al rischio di incappare in un cliente violento o ,peggio, in uno squilibrato senza più poter contare sulla protezione del pappone di turno.

Questa è la situazione che si registra anche a Ferrara dove, in particolare, a spartirsi il controllo della piazza sono due gruppi contrapposti di malavitosi; albanesi da una parte, presenza storica nel capoluogo estense ma in declino e nigeriani dall’altra che stanno crescendo per numero e influenza sul territorio cittadino anche in altri ambiti criminali come lo spaccio di stupefacenti.

 

 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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