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di Angelo Barraco
Roma – Sono tanti i misteri che gravitano attorno al disastro aereo di Ustica, avvenuto la sera di venerdì 27 giugno del 1980, quando un aereo di linea Douglas DC-9-15 che era decollato dall’Aeroporto di Bologna in direzione Palermo si squarciò improvvisamente in volo e precipitò tra le isole tirreniche di Ustica e Ponza. Nel disastro aereo persero la vita 81 passeggeri. Numerosi i dibattiti aperti in merito alle cause del disastro, ma non siamo qui per parlarvi di questo poiché è emerso un fatto molto grave a distanza di 33 anno: il Tribunale civile di Firenze ha stabilito infatti che quella che risultava essere la firma dell’allora Presidente Della Repubblica Sandro Pertini sul decreto di radiazione del capitano-pilota Mario Ciancarella risalente al 1983 in realtà è falsa. Chi ha firmato quel documento nel corso di quella notte a Firenze? E’ un mistero. La notizia è stata resa nota dall’associazione “Rita Atria” di cui lo stesso ex ufficiale ha aperto una libreria, è fondatore. Una nota dell’associazione spiega: “dopo due perizie che hanno potuto rilevare come il falso sia tanto evidente quanto eseguito con assoluta approssimazione”. Si legge inoltre nella motivazione che il Ministero della Difesa è stato condannato in contumacia al pagamento delle spese processuali che ammontano a 5.885 euro. Un primo passo per l’ex pilota che fu cacciato “per indegnità a portare la divisa” come riportava la formula usata per radiarlo. Il periodo in cui tutto ciò avvenne era torbido, il terrorismo estremo rappresentava per lo Stato ancora un nemico prioritario da combattere, la criminalità organizzata tesseva le sue trame con alte sfere e l’ombra oscura della P2 abbracciava un’Italia destinata a cambiare dinnanzi ad una destabilizzazione sociale sempre più vicina ma silente, lontana dalle logiche materialiste e democratiche. Uno scenario così oscuro riportava al suo interno la figura di un giovane di bell’aspetto, l’ufficiale dell’Aeronautica Mario Ciancarella, capitano pilota a Pila che vola sugli Hercules C-130. Un giovane che in quegli anni si interessa di sindacato, remando contro i preconcetti di quel periodo e ricorda inoltre “Ci chiamavano i “nipotini” delle Brigate Rosse” ricordando il movimento dei militari democratici fondato in quegli anni con i suoi colleghi. Ha collaborato alla stesura della legge 382/78, soprattutto nel punto che riguarda la possibilità di disobbedire ad un ordine che risulta palesemente ingiusto. Pertini con quella firma non c’entrava nulla e lo aveva intuito Ciancarella “Prima non era possibile avere quell’atto, non era diritto dell’interessato, mi venne spiegato”. La firma “l’avevo vista su altre carte: era apocrifa in un modo spudorato”. Ma arrivare alla verità non è stato semplice: “Ci ho messo 16 anni… E altri 7 per arrivare alla sentenza”.
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