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Pacchetto pensioni di 1,5 miliardi, inferiore rispetto a quanto precedentemente pronosticato

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Tempo di lettura 4 minuti Renzi: "Le misure ci saranno e non dipendono dalla trattativa con Bruxelles"

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di Angelo Barraco

Roma – L’argomento pensioni rappresenta un tasto dolente per la maggior parte degli italiani poiché le manovre della politica interna hanno modificato ulteriormente quelli che erano gli assetti sociali, aumentando notevolmente l’età pensionabile e consequenzialmente hanno portato ad una forte riduzione della forza lavoro giovanile che si è dovuta rimboccare le maniche e optare oltre manica per cercare fortuna o peggio ancora riducendo molti cittadini che hanno lavorato per anni a vivere in situazioni di sopravvivenza ai limiti dell’inverosimile. La politica da salotto opta però per le grandi promesse urlate nei palinsesti televisivi come fanno le fioraie al mercato la domenica mattina e nessuno di loro vuole risparmiarsi l’esclusiva nell’enunciare grandi novità. Ultimamente si parla tanto di pacchetto pensioni, di interventi e di manovre e il Premier Matteo Renzi ha detto ai microfoni di Rtl 102.5: “le misure ci saranno e non dipendono dalla trattativa con Bruxelles. Ovviamente non saranno multimilionarie, ci saranno con la logica dei piccoli passi: in pensione si può andar prima accettando una piccola penalizzazione dello stipendio, le minime avranno una sorta di quattordicesima, riusciremo a dare qualche soldo in più”.
 
E’ previsto un pacchetto pensioni di 1,5 miliardi: governo e sindacati devono fare i conti con i fondi a disposizione che potrebbero essere inferiori ai 2 miliardi inizialmente prospettati e si potrebbe arrivare ad 1,5 miliardi quindi. Sarà un incontro decisivo quello per definire il pacchetto di un confronto avviato nel mese di maggio sul tema lavoro e pensionistico. Tante le novità prospettate tra cui l’Anticipo pensionistico fino ad un massimo di tre anni e sette mesi dal 2017 per gli over 63, vi sono i bonus per coloro che hanno iniziato l’attività lavorativa prima dei 18 anni, denominati “precoci”, vi sono anche i “super precoci” ovvero coloro che hanno iniziato a lavorare prima dei 16 anni. Vi è poi l’aumento delle quattordicesime che è esteso per tutti coloro che hanno un reddito complessivo fino a 1.000 euro. L’appuntamento programmato tra il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil è già slittato un paio di volte. I sindacati hanno messo sul tavolo, sin dall’inizio, la richiesta di interrompere la flessibilità in uscita, apportando modifiche alla famosa e tanto discussa legge Fornero sulle pensioni.
 
L’Ape ha costi diversi in base alle scelte: costo più alto se volontaria, invece pari a zero se coloro che ne usufruiscono non hanno più ammortizzatori sociali o sono disoccupati. Nel caso di Ape volontaria la rata per il prestito per un periodo di tre anni e sette mesi potrebbe avere un costo al 25% dell’importo della pensione per 20 anni. E’ previsto uno sconto di un anno per i precoci che hanno iniziato a lavorare prima dei 16 anni. Ricapitolando: Chi raggiunge i 63 anni e quindi a 3 anni e sette mesi esatti dall’età esatta per la pensione potrà anticipare i tempi pensionistici. Il costo di tutto ciò potrebbe essere una rata del 25% dell’importo pensionistico per 20 anni; le fasce più disagiate possono uscire a costi molto ridotti ovvero tutti coloro che hanno perso il lavoro a pochi anni dalla pensione, quelli che assistono disabili ecc. Inoltre il Governo punta all’estensione della quattordicesima. Dovrebbe interessare tutti coloro che percepiscono un reddito complessivo di circa 750 euro al mese. L’incremento dovrebbe essere di 1,1 milioni. Dovrebbero essere stanziati 250milioni di eruo per l’equiparazione della no tax area dei pensionati con i lavoratori dipendenti a 8.000 euro, eliminando la differenza tra under e over 75. Come detto poc’anzi, vantaggi anche per i precoci, ovvero tutti coloro che intraprendono l’attività lavorativa a 18 anni o prima del conseguimento della maggiore età. Renzi ha precisato “logica dei piccoli passi, del giorno dopo giorno, queste misure, onde evitare facili entusiasmi, non saranno certo le misure super iper miliardarie che chiedono, giustamente, i rappresentanti delle varie associazioni e dei sindacati” ha puntualizzato che “se uno vuole andare in pensione qualche anno prima rispetto alle nuove regole della Fornero potrà farlo, accettando una piccola penalizzazione dello stipendio, non potrà farlo gratis. Non è che viene rivoluzionato il quadro della Fornero, ma si permetterà qualche piccolo scivolo, qualche possibile anticipo”. Ha inoltre precisato che “
Le minime: oggi hanno una sorta di quattordicesima, riusciremo a dare qualche soldo in più a chi prende la minima, o comunque sta sotto, perché poi la minima intorno ai 750-800, qualcuno vorrebbe andare a 1000 euro di pensione, riusciremo a dare qualche soldo in più, perché è giusto. Perché abbiamo dato gli 80 euro alle forze dell'ordine, gli 80 euro per chi prende meno di 1500 euro, abbiamo fatto interventi per il lavoro e per il mondo agricolo, è giusto anche dare una mano ai pensionati, piccola, per carità di Dio, senza spendere e spandere tutti i soldi che vorremmo. Queste misure ci saranno” e ha sottolineato che “la misura più importante è quella per la competitività, il cosiddetto iperammortamento, l'aumento dei soldi del Fondo di garanzia così che se la banche non prestano i soldi alle piccole e medie imprese lo Stato metta la garanzia. Noi metteremo 900 milioni di euro in più su questa iniziativa, soldi che poi le banche, mettendoci la nostra garanzia, possono prestare anche alle piccole e medie imprese che altrimenti non rientrerebbero nei parametri” precisando che oggi “per avere i soldi dalle banche per le nuove regole europee devi portare tutta una serie di certificazioni che alla fine diventa vera quella battuta di Mark Twain sulle banche che sono quelle istituzioni che ti danno l'ombrello quando c'è il sole e te lo chiedono indietro quando piove. Cioè che ti danno i soldi quando ormai non servono più. Non è colpa delle banche italiane, è colpa del sistema di regole europee” ha concluso inoltre dicendo che “Una delle cose che abbiamo già annunciato e per la quale stiamo trovando i soldi con Calenda e Padoan è esattamente questa, quello di dare i denari al Fondo di garanzia per aiutare le banche a finanziare le piccole e medie imprese anche se non hanno tutte le regole del gioco come previste dalle varie normative europee”. Ma nel corso di una conferenza stampa il premier ha puntualizzato che “l'Italia chiederà un indebitamento ulteriore di 0,4 punti percentuali per il sisma e per la gestione dell'immigrazione. Non c'è flessibilità in questa Nota di aggiornamento al Def perché con una decisione che non ci convince si è deciso che vale una sola volta e noi l'abbiamo utilizzata lo scorso anno. Per me è un errore, c'è uno 0,4% massimo di circostanze eccezionali che è altra cosa rispetto alla flessibilità e riguarda elementi che nessuno può contestare che sono sisma e immigrazione”. Il premier ha sottolineato che le tasse non aumenteranno e vi saranno misure sulla competitività e verranno stanziati soldi sulla sanità. Quindi per il premier va tutto bene e mentre l’Italia va al tracollo, la sanità e l’istruzione allo sbando lui, come ponzio pilato, si lava le mani e guarda avanti un popolo silente.

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Cronaca

Epidemia di Peste Suina, cresce la rivolta degli allevatori: il Ministro Lollobrigida nel mirino

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Il ministro dell’Agricoltura accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza

L’epidemia di peste suina sta mettendo in ginocchio gli allevatori del Nord Italia, con nuovi focolai che si diffondono in Lombardia e Piemonte, alimentando rabbia e frustrazione tra i produttori. Nonostante l’adozione di nuove misure di sicurezza da parte del Commissario straordinario Giovanni Filippini, la situazione continua a peggiorare, con 26 allevamenti contaminati solo in Lombardia, coinvolgendo le province di Pavia, Milano e Lodi.

La diffusione del virus in queste aree altamente densamente popolate da suini, che contano circa 4,5 milioni di capi, ha suscitato un’ondata di proteste da parte degli allevatori, già provati da oltre due anni di gestione considerata fallimentare dell’emergenza. Assosuini, una delle principali associazioni di settore, ha espresso la propria indignazione, lamentando che gli allarmi lanciati dagli allevatori sono stati ignorati per troppo tempo, lasciandoli ora a dover affrontare costi insostenibili e una situazione sanitaria al limite.

La tensione è ulteriormente aggravata dalla critica dei vertici di Coldiretti, che chiedono l’immediata erogazione degli indennizzi alle aziende colpite e certezze sui rimborsi per chi è costretto a sospendere l’attività. Le nuove regole imposte dal commissario includono il divieto di movimentazione degli animali e l’accesso agli allevamenti nelle aree di restrizione, nonché la possibilità di abbattimenti preventivi in caso di rischio di contagio. Tuttavia, l’incertezza regna sovrana, con molti allevatori che si sentono abbandonati dalle istituzioni.

La critica si è rivolta anche verso il governo, e in particolare verso il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza. L’Eu Veterinary Emergency Team, gruppo di esperti della Commissione Europea, ha recentemente bocciato la strategia adottata, suggerendo che sarebbe stato più efficace un approccio basato sul monitoraggio e sul contenimento geografico dei cinghiali, piuttosto che sulla caccia.

Dichiarazioni recenti del ministro Lollobrigida, riportate dai media, sottolineano l’impegno del governo nel fronteggiare la crisi, pur ammettendo le difficoltà incontrate. Lollobrigida ha ribadito l’importanza delle nuove misure di biosicurezza e ha promesso un maggiore supporto agli allevatori, ma per molti queste rassicurazioni arrivano troppo tardi.

Con l’aumento dei focolai, l’epidemia di peste suina si sta trasformando in una catastrofe economica e sanitaria, con conseguenze che potrebbero essere devastanti non solo per il settore zootecnico, ma anche per l’intera economia delle regioni colpite.

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Ambiente

Traffico, New York la città più congestionata al mondo nel 2023, Roma al 15° posto

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Il traffico nelle grandi città è un problema sempre più pressante, e New York si conferma la città più congestionata al mondo nel 2023, secondo il Global Traffic Scorecard di Inrix, aggiornato al primo trimestre del 2024. Gli automobilisti di New York hanno trascorso ben 101 ore bloccati nel traffico durante gli orari di punta, un dato leggermente migliorato rispetto alle 105 ore del 2022, ma comunque peggiore rispetto ai tempi pre-pandemia, quando si perdevano in media 91 ore.

Lo studio ha analizzato 947 città in tutto il mondo, mettendo in luce un problema che non riguarda solo la qualità della vita, ma ha anche un impatto economico significativo. Negli Stati Uniti, ad esempio, la congestione del traffico è costata 70,4 miliardi di dollari nel 2023, un aumento del 15% rispetto all’anno precedente. Questo costo deriva dal tempo perso nel traffico, che riduce la produttività e influisce negativamente sulle economie locali.

Dietro New York, altre città con gravi problemi di traffico sono Città del Messico, Londra, Parigi, Chicago e Istanbul, tutte con oltre 90 ore perse all’anno negli ingorghi. Queste città, nonostante le loro dimensioni e infrastrutture, lottano per gestire l’afflusso di veicoli nelle ore di punta.

Roma, la Capitale italiana, si trova al 15° posto in questa classifica globale, con 69 ore perse nel traffico nel 2023, un aumento del 15% rispetto all’anno precedente. La velocità media a cui si riesce a percorrere un miglio (circa 1,6 km) nel centro di Roma è di 21 km/h, leggermente superiore a quella di New York, dove la velocità è di 17,7 km/h. In Europa, Roma è la terza città più congestionata, superata solo da Londra e Parigi.

Altre città italiane figurano nella classifica: Milano si posiziona al 25° posto, con 60 ore perse nel traffico e una velocità media di 22,5 km/h. Torino, invece, è al 94° posto, con 46 ore perse in un anno e una velocità media di 19,3 km/h.

Questi dati evidenziano come il traffico non sia solo una questione di disagi quotidiani, ma un problema globale che richiede soluzioni urgenti per migliorare la mobilità urbana e ridurre l’impatto economico e ambientale delle congestioni stradali.

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In evidenza

Emergenza Peste Suina Africana (PSA): misure stringenti per tre regioni italiane per contenere i focolai

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Il Commissario Straordinario per la peste suina africana, Dott. Giovanni Filippini, ha firmato l’Ordinanza n. 3/2024

La diffusione della peste suina africana (PSA) sta destando grande preoccupazione in Italia, con nuovi focolai individuati nelle regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna. In risposta a questa emergenza sanitaria, il Commissario Straordinario per la peste suina africana, Dott. Giovanni Filippini, ha firmato l’Ordinanza n. 3/2024, che introduce misure urgenti per la gestione dei focolai negli allevamenti suini di queste regioni.

La peste suina africana è una malattia virale altamente contagiosa che colpisce i suini domestici e selvatici, causando gravi danni economici e sanitari. Sebbene non rappresenti un pericolo diretto per l’uomo, la sua diffusione può avere conseguenze devastanti per l’industria suinicola e per l’economia agricola in generale.

Le misure di prevenzione e controllo

L’Ordinanza firmata dal Dott. Filippini prevede diverse restrizioni per contenere la diffusione del virus. L’articolo 1 stabilisce i divieti principali, tra cui il blocco dei movimenti di suini in entrata o uscita dagli allevamenti situati nelle zone di restrizione delle tre regioni interessate, con eccezioni limitate per gli animali destinati al macello. Inoltre, viene imposto il divieto di accesso agli allevamenti per chiunque non sia direttamente coinvolto nella gestione quotidiana degli animali, compresi veterinari e tecnici, a meno di autorizzazioni specifiche.

Le norme sono particolarmente severe anche per quanto riguarda l’igiene e la sicurezza: i lavoratori devono utilizzare abbigliamento monouso e sono tenuti a rispettare rigidi protocolli per evitare la trasmissione del virus. Sono vietati anche eventi come fiere e mercati suinicoli nelle zone a rischio, per ridurre al minimo il rischio di ulteriori contagi.

L’articolo 2, invece, riguarda la verifica delle condizioni di biosicurezza negli allevamenti, con ispezioni mirate da parte dei servizi veterinari locali. Queste verifiche devono garantire che gli allevamenti rispettino tutti i requisiti di sicurezza per prevenire la diffusione della malattia. Se durante le ispezioni vengono rilevate carenze gravi che non possono essere risolte in tempi brevi, il provvedimento prevede lo svuotamento degli allevamenti attraverso la macellazione o l’abbattimento degli animali, senza possibilità di risarcimento per gli allevatori in caso di gravi violazioni.

Importanza della prevenzione

La peste suina africana non è pericolosa per l’uomo, ma il virus può essere trasportato da persone, mezzi di trasporto e oggetti contaminati, facilitando così la sua diffusione. Per questo motivo, la prevenzione è essenziale. Gli allevatori devono adottare tutte le precauzioni necessarie, compresa la limitazione dei contatti tra suini domestici e selvatici, che sono i principali vettori del virus.

Implicazioni per l’industria suinicola

Le misure contenute nell’ordinanza sono cruciali per evitare che la peste suina africana si diffonda ulteriormente, mettendo a rischio l’intera filiera produttiva. La chiusura degli allevamenti, il divieto di movimentazione degli animali e la sospensione di eventi zootecnici sono azioni dolorose ma necessarie per tutelare l’industria e prevenire perdite economiche su larga scala.

L’Ordinanza resterà in vigore fino al 30 settembre 2024 e rappresenta un segnale chiaro dell’importanza di agire con rapidità e determinazione per proteggere il settore agricolo e prevenire una crisi sanitaria su vasta scala.

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