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di Roberto Ragone
Volano gli stracci venerdì sera a La7, fra Roberto Giachetti e Massimo D’Alema. Argomento, manco a dirlo, la nuova modifica della Costituzione. Basta chiamarla riforma, se vuoi riformare una Costituzione repubblicana lo fai fare a dei costituzionalisti, che in questo caso non sono apparsi neanche all’orizzonte. Enrico Mentana tenta di fare il moderatore, ma viene subissato da un Giachetti grigio come la sua barba, con occhiali da gufo – sarebbe perfetto per un film con Totò, ricordate ‘La Patente’, in cui Totò cercava, per sbarcare il lunario, di ottenere la patente di iettatore? – che, accusando l’altro di volerla ‘buttare in caciara’, frase tipicamente romanesca, forse non proprio idonea ad una trasmissione nazionale, in realtà la ‘butta in caciara’ lui, gridando sulla voce al buon Baffetto – per la prima volta m’è stato simpatico – e cercando di surclassarlo con le parole. D’Alema ha un eloquio lento e ponderato, quell’altro strilla come in una lite da strada. Non s’incontrano, non s’incontreranno mai. Uno è l’espressione della vecchia politica, quella dignitosa pur se di sinistra, erede magari di un Berlinguer rimpianto anche dalla destra. L’altro è una specie di ‘parvenue’, uno che non ha mai lavorato – come Massimo, del resto, ma è un’altro stile – e che maneggia bicamerali e nazzareni con disinvoltura: in fondo è tutto ciò che sa. La rissa ad un certo punto diventa noiosa, nonostante l’intermezzo degli interventi di Mentana, l’unico diversivo. Ognuno ha le sue opinioni e i suoi interessi. D’Alema cerca, non si sa con quale successo, di togliersi dalla scarpa il famoso sassolino. Ebbe infatti a definire il termine ‘rottamare’ riferito a lui, alla Bindi e a Bersani, ‘immorale’, quando Matteo era ancora sindaco assenteista di Firenze. Giachetti fa la sua parte. È rimasto nell’ombra per una vita, coperto dal grigiume della sua barba e della sua persona, e ora, dopo aver perso il Comune di Roma, è stato investito – tra i ‘giovani’ rampanti – di altro incarico. Da questo deriva il suo zelo, bisogna dire, piuttosto pecoreccio. Meglio sarebbe stato, e più piacevole, assistere ad un civile confronto, – ciò che D’Alema ha provato ad impostare – che chiarisse finalmente le ragioni del SI’ e del NO. Ma evidentemente questa fazione renziana del PD non ha interesse a scoprire le carte, preferisce ‘buttarla in caciara’. E questo la dice lunga.
La Germania non paga. Non ha pagato i danni di guerra causati all’Italia, perché ha deciso di non pagare, e ha dichiarato che non pagherà neanche i 14 miliardi che lo Stato USA ha chiesto alla Deutsche Bank come risarcimento per la truffa dei mutui subprime. Il titolo della Deustsche va giù di oltre l’8%, salvo rimbalzo, ma la Merkel ha i cordoni della borsa ben stretti. La truffa dei subprime ha come origine la JP Morgan, la banca del figlio di Monti, quella che ha in sostanza rilevato MPS, già condannata nel suo Paese e che ha già pagato 13 Mld di dollari di risarcimento. Ora, chiederne 14 – di euro – alla Germania, che significato ha? Da certi genitori, cosa vogliamo che nasca?
A Bratislava Renzi ha dichiarato che l’Europa ci darà – a noi Italiani – futuro, valori, identità. Ma non ce l’aveva già dato la nostra storia, tutto ciò? Forse che gli italiani non hanno mai avuto un futuro? Piuttosto ce l’hanno tolto Renzi, Prodi, Monti, e, ricordiamo oggi, anche Ciampi. Quanto ai valori, ne abbiamo a bizzeffe, e la nostra storia li racconta, dai moti carbonari in poi, fino alla guerra di liberazione. Perché l’Europa ci dovrebbe dare un’identità? Forse la nostra storia che tutti ci invidiano non è stata sufficiente? Prima di pronunciare certe castronerie bisognerebbe pensarci. O forse don Matteo pensa che la storia d’Italia sia incominciata quando è nato lui?
Carlo Azeglio Ciampi ci ha lasciati. Tralasciando il cordoglio, doveroso, ma ricordiamoci che pochi arrivano a 95 anni, è partita la solita flippica televisiva, con commemorazioni, servizi giornalistici, dietrologie storiche eccetera. Quando uno muore diventa – qualora non lo sia stato in vita – bravo, bello, buono, generoso, insomma assomma tutte le qualità del mondo, magari con qualcuna in più. Un assist perfetto, la sua dipartita, per Renzi e la sua battaglia per il SI’. La figura di Ciampi, infatti, è perfetta per ripulire un’operazione filoeuropea che incominciava a diventare poco limpida.
L’UK è uscita dall’UE, e il mondo continua a girare. Previste riduzioni fiscali per tutti, in Inghilterra, non dovendosi più soddisfare le brame economiche di Merkel, Schultze, Scheuble & Co. Addirittura l’economia è ripartita e le esportazioni pure, favorite dalla lieve svalutazione della sterlina. A noi rimane l’euro, e in questi giorni si celebra il suo introduttore, rimarcando che il calcolo tra lira ed euro fu fatto ‘nella notte’, con 1936,27 lire, mentre il marco fu valutato l’equivalente di 990 lire. Personalmente, a parte il fatto negativo dell’ingresso nell’euro, non ho un buon ricordo del governo Ciampi. Nel 1993 avevo aperto un negozio di arredamento e in famiglia ci auguravamo che partisse bene. Con Ciampi, non ricordo più per quali iniziative, tutto si fermò. Il che mi fa riflettere su di un punto: perché quando cambia un governo, la politica vuol sempre far pagare i ‘loro’ debiti a noi cittadini? Austerità, lacrime e sangue, mai una volta che qualcuno vada al governo tagli le tasse, aumenti le pensioni, diminuisca le imposte. Ma i cattivi amministratori chi sono? E se non siamo noi, perché dobbiamo sempre e soltanto pagare?
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