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Campi di rifugiati: una realtà raccontata dall'interno

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Tempo di lettura 3 minutiNumerosi i volontari che puntualmente vi si recano per distribuire un pasto caldo e dare assistenza sanitaria

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di Angelo Barraco
 
Grecia – Fuggono dalla guerra e dalle bombe, abbandonano le loro case che si trasformano in cumuli di macerie e tentano la fortuna oltre le frontiere, senza una certezza, ma con la speranza di risanare i cocci di una solidità ormai remota. E’ la vita e la storia dei numerosi migranti che raggiungono i campi di rifugiati che si trovano nella terra di mezzo, la frontiera appunto, che diventa per molti uno stazionamento a tempo indeterminato, in cui risiedono interi agglomerati urbani all’intero di aree dove si vengono a creare delle vere e proprie polis con una capillare organizzazione interna, autogestita dai migranti stessi che ricreano aree specifiche in cui possono coltivare le loro passioni, portare avanti le proprie tradizioni e fare in modo che i retaggi culturali non si disperdano nell’oggettivo stato di degrado che caratterizza quel luogo di stazionamento. I campi dei rifugiati sono luoghi in cui vi sono numerose tende sistemate in ampi spazi o ex capannoni abbandonati adibiti a vere e proprie piccole città, vi sono bombole accese per cucinare, giostre e bambini che giocano con le loro bici lungo le vie tracciate dalle tende, saldamente piantante nel terreno. Sono luoghi in cui  vi sono leggi non scritte, che predispongono i presenti alle regole del buon vicinato, in cui tutti conoscono la storia di coloro che vivono dall’altra parte della strada e aleggia nell’aria la consapevolezza e la speranza che da un momento all’altro la vita di ognuno possa subire un’ineguagliabile cambiamento volto a migliorie. Tra i migranti presenti vi è rispetto reciproco che sta alla base della condivisione di spazi e beni, non manca inoltre la collaborazione che sta alla base dell’interazione.  Malgrado la situazione all’interno del campo sia oggettivamente drastica, nascono spesso delle strutture che appartengono ad un contesto prettamente urbano ben distante dalle logiche comunitarie di un campo, si tratta dei mini market, dove vengono vendute le sigarette, prodotti per l’igiene personale ma anche verdure, frutta, prodotti che vengono comprati in città e rivenduti nei campi. Numerosi i volontari che puntualmente vi si recano per distribuire un pasto caldo e dare assistenza sanitaria. 
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo raccolto la testimonianza della Dottoressa Giovanna Parrinello, tecnico di radiologia di Marsala, che nel mese di giugno ha prestato servizio di volontariato presso un campo di rifugiati in Grecia. 

“Mi chiamo Giovanna Parrinello, sono un tecnico di radiologia. 
Circa 3 mesi fa ho affrontato un’esperienza di volontariato in Grecia presso i campi di rifugiati. Io in particolare lavoravo in uno di quelli ufficiali,kalakohori, nei pressi di Polycastro, Salonicco. Sono partita con l’Associazione Mam Beyond Borders che collaborava con Nurture Project International entrambe associazioni che si occupano di bambini e mamme in gravidanza e non.
L’associazione è costituita da personale sanitario e non. Quello sanitario è composto perlopiù da ostetriche; invece quello cosiddetto non sanitario riguarda tutte quelle figure che pur essendo effettivamente sanitarie non hanno le competenze per eseguire consulenze osteriche/pediatriche/ginecologiche.
Io perciò facevo parte di quello non sanitario e mi occupavo perlopiù di mantenere l’igiene dei bambini installando il “baby hammam”. Era un posto in cui le mamme potevano passare qualche minuto di relax insieme ai propri figli. Il nostro compito con personale non sanitario era anche quello di far divertire i bambini regalandogli qualche momento di svago cantando o giocando. Ogni giorno era una sfida con me stessa. Prima di partire non immagini cosa ti aspetta e credi che alla fine non sarà poi così difficile. Quando arrivi ti rendi conto che migliaia di persone vivono in tenda giorno e notte in condizioni igieniche precarie anche se cercano di fare il possibile per vivere in condizioni dignitose e realizzi che noi della “società occidentale” lamentiamo ogni giorno di cose totalmente futili e non siamo è mai felici. 
Quello mi sconforta è che ci sono tante famiglie divise, molti hanno il padre o la madre che vivono in altri stati. Ma la loro forza e il coraggio di andare avanti nonostante tutto è piu forte di qualsiasi cosa. Questa è gente che la sa amare. E’ un’esperienza che ti cambia totalmente, ti aiuta a pensare diversamente.
Vi prego, andateci. Hanno bisogno di aiuto.
Ciò che abbiamo fatto solo per noi stessi muore con noi.
Ciò che abbiamo fatto per gli altri e per il mondo resta ed è immortale.
Harvey B. Mackay”

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