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Editoriali

La strage di Nizza: possibile "scintilla" di un conflitto globale

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di Paolino Canzoneri

La recente strage del 14 Luglio a Nizza colpisce ancora una volta la Francia del tutto impreparata e colta di sorpresa in un luogo di alto valore storico e turistico nel giorno di festa e commemorazione della presa della Bastiglia del 14 Luglio del 1789. La dinamica terribile e inusuale di un camion in corsa guidato dal solito giovane jidhaista che investe chiunque incontri nella strada lunga e dritta del lungo mare della città e il numero impietoso di 84 vittime, incute sgomento, orrore e rabbia ma stavolta, come non mai, l'esigenza di dare una risposta forte e decisa crea presupposti concreti per configurare questa strage diabolica in tutta la sua dinamica come una scintilla per innescare un conflitto decisamente più esteso e globale che non si baserà sui bombardamenti di rito attualmente in corso che hanno già causato un importante arretramento della basi strategiche del califfato in Siria.

La storia ci insegna che per ogni gran conflitto una scintilla, un evento sciagurato ha da sempre rappresentato la goccia che fa traboccare il vaso, una sorta di impossibile tolleranza ulteriore, come una indisponibilità a trovare altri modi diplomatici per soluzioni efficaci senza ricorrere al gesto bellico da sempre istintivo e umiliante per l'essere umano. Vengono in mente le scintille che hanno causato, ad esempio, i due grandi conflitti mondiali come il 28 giugno del 1914 a Sarajevo dove in un clamoroso attentato furono uccisi l'Arciduca Francesco Ferdinando e la moglie, una svolta fatale che insieme ad altre numerose concause sorte prima dell'omicidio pose i presupposti gravi per scatenare il conflitto noto appunto come  prima guerra mondiale; mentre la scintilla che pose le basi per lo scoppio della seconda guerra mondiale fu l'invasione del corridoio polacco a Danzica da parte delle armate tedesche guidate dal folle Hitler. Anche in questo caso ovviamente una serie di cause, instabilità e insaziabile presunzione di espansione di territorio con la forza ha poi causato migliaia e migliaia di morti.

La strage di Nizza con le 84 vittime potrebbe diventare quindi una scintilla dai risvoltii storici e fatali; una intolleranza oramai radicata nel non volere più attendere il ripetersi ancora una volta di una prossima strage specie oggi con l'evidente avvento di tecniche e dinamiche inedite che riescono con pochi mezzi e in modo più facile compiere massacri da parte dei soliti fanatici. Questa volta la sensazione forte che ha fatto il giro del mondo è quella di un cambiamento di tendenza anche da parte di chi spera e crede che la diplomazia possa ancora essere un'arma efficace per estirpare il tumore del falso dio che vive dentro a tutti questi giovani disagiati, manovrati e raggirati jidhaisti. La pazienza e la civiltà dell'Europa al momento limita e dosa quella rabbia cieca che può risvegliare il lato selvaggio e irrazionale che porterebbe confusione e oblio. Ma la pazienza ha un limite e la scintilla sembra che a Nizza si sia accesa poco dopo i fuochi pirotecnici della festa del 17 Luglio.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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