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Cronaca

SIMONETTA CESARONI: PT 2: PIETRINO VANACORE

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Tempo di lettura 3 minuti La macchina investigativa parte immediatamente e l’occhio viene puntato su coloro che in quel momento si trovavano all’interno dello stabile

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di Angelo Barraco

Roma – Nella prima parte di questa esclusiva de L’Osservatore D’Italia dedicata al giallo di Via Poma, abbiamo introdotto la scena del crimine che si è presentata sotto gli occhi di Paola Cesaroni, il suo fidanzato Antonello Barone, il datore di lavoro di Simonetta Salvatore Volponi –che fu il primo ad entrare nell’ufficio dove si trovava il cadavere- il figlio Luca, la portiera Giuseppa De Luca e il figliastro Mario Vanacore, Pietro Vanacore sopraggiunse poco dopo poiché si trovava a casa dell’architetto Cesare Valle, in quel momento unico inquilino presente nel palazzo. La porta dell’ufficio dentro cui lavorava Simonetta era chiusa con quattro mandate e fu aperta dalla moglie di Vanacore a seguito di iniziali insistenze. Iniziamo ad addentrarci nel giallo di Via Poma, analizzando in modo clinico, analitico e critico, tutte le piste battute dagli inquirenti nel corso di questi lunghi anni d’indagine. 
 
Pista investigativa: Pietrino Vanacore. La macchina investigativa parte immediatamente e l’occhio viene puntato su coloro che in quel momento si trovavano all’interno dello stabile. Emerge subito che i portieri di Via Poma, oltre a De Luca, Vancacore e Grimaldi, avevano chiacchierato davanti alla fontana del condominio e avevano asserito di non aver visto entrare nessuno nella fascia oraria che va dalle 16.00 alle 20.00. del 7 agosto. Ma qualcosa non quadra poiché emerge che Pietrino Vanacore non si trovava con gli altri portieri, circostanza che va in netto contrasto con quanto asserito da lui. L’uomo infatti era in quel luogo nella fascia oraria che va dalle 17.30 alle 18.30, orario in cui Simonetta sarebbe stata uccisa, Vanacore risultava assente. Dalle indagini era emerso che Vanacore si era recato, insieme al portiere Grimardi, a fare degli acquisti in un ferramenta e successivamente aveva annaffiato alcune piante, quest'ultima operazione l'aveva fatta da solo. Ma gli elementi di contraddizione e sospetto attorno a Vanacore crescono poiché aveva asserito che alle 22.30 era uscito di casa per recarsi dall’architetto Cesare Valle, per fare a quest’ultimo assistenza notturna. Ma tale circostanza è stata smentita poiché emerge che il portiere si reca dall’architetto alle 23.00. Il portiere conosceva bene i luoghi e nella mezz’ora che va dalle 22.30 alle 23.00 avrebbe potuto disfarsi dell’arma e ripulire per bene la scena del crimine. Emerge inoltre che nessun estraneo fu visto quel pomeriggio in Via Poma, tranne dalla Signora De Luca che disse agli inquirenti di aver visto un uomo, che dagli accertamenti si rivelò poi un soggetto che si trovava fuori Roma. Ma mancava il movente: Che legame c’era tra Vanacore e Simonetta? I due non si conoscevano se non di sfuggita, il portiere inoltre, malgrado avesse le chiavi e potesse agire con facilità, non poteva avere la certezza che Simonetta fosse da sola in ufficio. Si parlò tanto del sangue rinvenuto sui pantaloni di Vanacore, tv e giornali misero in prima pagina il “colpevole” di Via Poma e quel sangue rinvenuto sui suoi pantaloni rappresentò per tutti la chiave del delitto, ma dagli accertamenti emerse chiaramente che quel sangue non proveniva dalla scena del crimine e non apparteneva a Simonetta, ma proveniva dalle emorroidi di cui soffriva il portiere. Viene scarcerato il 23 aprile del 1991 e la sua posizione archiviata. Un anno dopo la sua posizione si ribalta e viene indagato per favoreggiamento, questa volta viene individuato l’autore dell’omicidio nella persona di Federico Valle. Nell’ottobre del 2008 viene perquisita la sua casa pugliese, gli inquirenti cercano un’agenda telefonica, ma non trovano nulla. Il 9 marzo del 2010 si suicida a Maruggio, vicino Taranto, Pietrino Vanacore. Il suo corpo viene rinvenuto alle ore 13.00 in mare, con una fune legata al piede e l’altro della fune invece legata ad un albero. L’uomo lasciò anche due biglietti sul ,tergicristalli della macchina, in cui vi era scritto “20 anni perseguitati senza nessuna colpa”. 

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Cronaca

Roma, San Paolo: due ladre tentano di investire la commessa di un negozio dopo la rapina

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ROMA – Nel pomeriggio di ieri, i Carabinieri della Stazione di Roma Garbatella sono intervenuti in viale Leonardo Da Vinci, arrestando due donne romane, di 20 e 30 anni, appartenenti a una nota famiglia di nomadi stanziali, con precedenti penali e disoccupate. Le due sono gravemente indiziate di rapina aggravata in concorso.
 
L’episodio è iniziato quando i titolari di un negozio di casalinghi, gestito da cittadini cinesi nel quartiere San Paolo, hanno denunciato che le due donne avevano sottratto diversi articoli per la casa. Una dipendente del negozio, notando il furto, ha cercato di fermarle, ma le due donne, nel tentativo di fuggire, sono salite a bordo della loro auto e hanno cercato di investirla.
 
I Carabinieri, giunti rapidamente sul posto, sono riusciti a bloccare le ladre. La refurtiva, trovata all’interno dell’auto, è stata restituita ai legittimi proprietari. Fortunatamente, la coraggiosa dipendente, visitata dai sanitari del 118, non ha riportato ferite.
 
Successivi accertamenti hanno rivelato che la 30enne era alla guida dell’auto senza patente, mai conseguita, motivo per cui è stata anche sanzionata per violazione al codice della strada. Il Tribunale di Roma ha convalidato l’arresto e disposto gli arresti domiciliari per entrambe le donne.
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Castelli Romani

Rocca Priora, arrestati due uomini sorpresi a sotterrare telai di auto rubate

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I Carabinieri della Stazione di Rocca Priora hanno arrestato due uomini italiani, rispettivamente di 59 e 67 anni, entrambi con precedenti penali, accusati di riciclaggio. L’operazione è avvenuta durante un normale servizio di pattugliamento del territorio, quando i militari hanno notato i sospetti intenti a scavare una buca con una ruspa in un terreno situato lungo la via Tuscolana, al chilometro 32. All’interno della buca, i Carabinieri hanno scoperto quattro telai completi di autovetture, successivamente identificati come proventi di furto.
 
Successivamente, i militari hanno eseguito una perquisizione in un capannone nei pressi del luogo del ritrovamento, anch’esso nella disponibilità dei due uomini arrestati. All’interno del capannone, sono state rinvenute numerose parti di veicoli smontati e privi di matricola, le quali sono state immediatamente sequestrate per ulteriori verifiche.
 
I due uomini arrestati sono stati posti agli arresti domiciliari nelle rispettive abitazioni, in attesa dell’udienza di convalida. Le autorità stanno proseguendo le indagini per chiarire ulteriormente la portata dell’attività illegale e identificare eventuali complici.
 
 
 
 
 
Privo di virus.www.avast.com

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Epidemia di Peste Suina, cresce la rivolta degli allevatori: il Ministro Lollobrigida nel mirino

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Il ministro dell’Agricoltura accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza

L’epidemia di peste suina sta mettendo in ginocchio gli allevatori del Nord Italia, con nuovi focolai che si diffondono in Lombardia e Piemonte, alimentando rabbia e frustrazione tra i produttori. Nonostante l’adozione di nuove misure di sicurezza da parte del Commissario straordinario Giovanni Filippini, la situazione continua a peggiorare, con 26 allevamenti contaminati solo in Lombardia, coinvolgendo le province di Pavia, Milano e Lodi.

La diffusione del virus in queste aree altamente densamente popolate da suini, che contano circa 4,5 milioni di capi, ha suscitato un’ondata di proteste da parte degli allevatori, già provati da oltre due anni di gestione considerata fallimentare dell’emergenza. Assosuini, una delle principali associazioni di settore, ha espresso la propria indignazione, lamentando che gli allarmi lanciati dagli allevatori sono stati ignorati per troppo tempo, lasciandoli ora a dover affrontare costi insostenibili e una situazione sanitaria al limite.

La tensione è ulteriormente aggravata dalla critica dei vertici di Coldiretti, che chiedono l’immediata erogazione degli indennizzi alle aziende colpite e certezze sui rimborsi per chi è costretto a sospendere l’attività. Le nuove regole imposte dal commissario includono il divieto di movimentazione degli animali e l’accesso agli allevamenti nelle aree di restrizione, nonché la possibilità di abbattimenti preventivi in caso di rischio di contagio. Tuttavia, l’incertezza regna sovrana, con molti allevatori che si sentono abbandonati dalle istituzioni.

La critica si è rivolta anche verso il governo, e in particolare verso il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza. L’Eu Veterinary Emergency Team, gruppo di esperti della Commissione Europea, ha recentemente bocciato la strategia adottata, suggerendo che sarebbe stato più efficace un approccio basato sul monitoraggio e sul contenimento geografico dei cinghiali, piuttosto che sulla caccia.

Dichiarazioni recenti del ministro Lollobrigida, riportate dai media, sottolineano l’impegno del governo nel fronteggiare la crisi, pur ammettendo le difficoltà incontrate. Lollobrigida ha ribadito l’importanza delle nuove misure di biosicurezza e ha promesso un maggiore supporto agli allevatori, ma per molti queste rassicurazioni arrivano troppo tardi.

Con l’aumento dei focolai, l’epidemia di peste suina si sta trasformando in una catastrofe economica e sanitaria, con conseguenze che potrebbero essere devastanti non solo per il settore zootecnico, ma anche per l’intera economia delle regioni colpite.

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