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Editoriali

METRO LONDRA E SHAKESPEARE, UN ESEMPIO CHE NON POSSIAMO SEGUIRE

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di Silvio Rossi

 

In questi giorni, in corrispondenza del quadricentenario della morte di William Shakespeare, il più famoso drammaturgo britannico, scomparso, sembra, il 23 aprile del 1616, nel giorno del suo cinquantaduesimo compleanno (anche se le notizie reali sulla nascita e morte del bardo sono avvolte nella nebbia della leggenda), la metropolitana di Londra ha cambiato il nome delle sue stazioni in suo onore, assumendo i nomi dei personaggi narrati nelle sue opere.
Un’operazione di marketing territoriale che unisce due eccellenze del paese, da un lato lo scrittore più rappresentativo non solo dell’isola, ma dell’intera cultura occidentale dell’epoca rinascimentale, dall’altro il sistema di trasporto metropolitano urbano più antico del mondo, inaugurato oltre un secolo e mezzo fa, tra i più estesi ed efficienti dell’intero continente.
Una scelta che rende certamente più simpatico il viaggio sotterraneo nella capitale inglese, anche se inizialmente qualche equivoco potrà comunque generarsi, che potremmo ripetere, adattandola alle nostre strutture e alla nostra cultura.
La metropolitana romana avrebbe potuto quindi, se ne avessimo avuto la giusta ispirazione lo scorso anno in concomitanza con i 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri, vedere trasformata la sua linea con stazioni ispirate a Paolo e Francesca, a Caronte, o ad altri personaggi presenti nella Divina Commedia.
Nel caso, però, c’era solo un piccolo problema. Se avessimo voluto intitolare le tre linee della metro romana ai libri della commedia dantesca, sarebbe stato semplice affidare a una qualsiasi delle direttrici di trasporto il collegamento all’inferno. Più difficile scegliere quale linea avrebbe potuto sposare il nome del purgatorio, impossibile pensare all’abbinamento col paradiso.
Perché, viste le condizioni del trasporto capitolino, sia che si parli di superfice che, tanto più, si pensi alle sotterranee, l’abbinamento più naturale, per tutte le linee romane, resta quello del primo libro della commedia dantesca: lasciate ogni speranza o voi che entrate.

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