Editoriali
OMICIDIO SARCHIÈ: LA FIGLIA JENNIFER COMMENTA I FATTI IN ESCLUSIVA
Tempo di lettura 5 minuti"L’ergastolo è una cosa, la scomparsa di mio padre è un’altra."
Tempo di lettura 5 minuti"L’ergastolo è una cosa, la scomparsa di mio padre è un’altra."
Published
9 anni faon
di Domenico Leccese
Ucciso per assicurarsi più spazio nel mercato della vendita porta a porta di pesce fresco. Morì per questo, il 18 giugno 2014, massacrato con diversi colpi di pistola e poi dato alle fiamme, il commerciante di pesce Pietro Sarchiè, 62 anni, che ogni mattina prima dell'alba partiva da San Benedetto del Tronto per il suo giro di consegne nell'entroterra maceratese, dove aveva la sua fedele clientela.
Per quell'atroce delitto, il giudice monocratico di Macerata Chiara Minerva ha condannato all'ergastolo Giuseppe e Salvatore Farina, padre e figlio, originari di Catania. Sarchiè era scomparso nel nulla la mattina del 18 giugno. Il corpo fu trovato diversi giorni dopo, il 5 luglio, in un campo, chiuso in un sacco nascosto sotto un materasso, fra detriti di materiale edile. Secondo l'accusa, Salvatore Farina bloccò con la sua auto il furgone del 62enne lungo la strada per Sefro, mentre il padre Giuseppe fece fuoco con una pistola cal. 38 prima contro lo sportello del furgone, ferendo Sarchiè in modo lieve e poi finendo la vittima con un ultimo colpo alla testa.
La sentenza ha spiazzato la difesa, gli avvocati Marco Massei e Mauro Riccioni, considerato anche che i pm Stefania Ciccioli e Claudio Rastrelli avevano chiesto l'ergastolo per Farina padre e 20 anni (più 4 da scontare in regime di semilibertà) per Salvatore. "E' stato valutato presumibilmente un concorso pieno tra i due imputati con premeditazione e quindi con una attività del tutto paritaria tra padre e figlio e questo – hanno ribadito i legali – non sta nelle carte, non sta nell'istruttoria processuale, non sta nelle stesse richieste del pm. Il giudice è ovviamente libero di andare anche oltre le richieste del pm ma questa ci sembra una sentenza per certi versi eccessivamente punitiva. Ma le sentenze non si commentano perché ci sono i mezzi per poterle impugnare" "Avevo assunto l'impegno con la famiglia di concludere le indagini quanto prima. Sotto questo aspetto credo che possiamo essere soddisfatti, nel senso che siamo arrivati a sentenza un anno e mezzo dopo i fatti. Il giudice ha ritenuto di andare oltre le nostre richieste per quanto riguarda Salvatore Farina. Ne prendiamo atto", ha commentato all'uscita dall'aula del Tribunale il procuratore capo Giovanni Giorgio.
Subito dopo la lettura della sentenza Jennifer e Ave Sarchiè, figlia e moglie della vittima, si sono abbracciate in lacrime: "Giustizia è stata fatta. E' stato ridato valore alla vita di mio padre – ha detto Jennifer – e a noi per tutto quello che abbiamo sofferto. Certamente mio padre non torna più. Ma finalmente sappiamo chi è stato e chi ha lavorato per compiere questo orrendo delitto. Adesso mi auguro che i colpevoli rimangano dentro a vita e noi riacquistiamo con questa sentenza un poco di serenità".
Abbiamo intervistato Jennifer Sarchiè, la figlia, che in questi mesi è stata protagonista della sua personale battaglia per ottenere giustizia e vedere alla sbarra i responsabili del delitto e per mantenere alta l’attenzione sul caso.
Jennifer, è passata più di un settimana dal verdetto che condanna i Farina all’ergastolo. Quali sono i tuoi sentimenti e le tue emozioni?
"L’ergastolo è una cosa, la scomparsa di mio padre è un’altra. Inoltre loro dovevano avere oltre l'ergastolo con isolamento diurno ma gli hanno tolto 2 aggravanti a testa e cosi sono scesi a isolamento diurno che con l'abbreviato è sceso a solo ergastolo. Tornati dal Tribunale sono andata a trovarlo e l’ho ringraziato e sperato per il verdetto. Ho fatto un sorriso dopo la sentenza, mi hanno visto tutti. L’ho fatto per mio padre. L’ergastolo ci voleva. Per noi, per mio padre e per la gente che ci ha supportata. Deve essere un esempio per tutti."
Hai dedicato tanto tempo ed energie per ottenere giustizia. Adesso cambia qualcosa nella tua vita?
"Non ho pensato altro che a questa cosa. La battaglia è solo iniziata. Devo arrivare alla fine e fare tutto il possibile per farli rimanere dentro. E’ la cosa più importante. Per me lo scopo della vita rimane questo."
Cosa è successo con le associazioni che dovevano assisterti nell’iter processuale?
"All’inizio c’era da parte loro partecipazione attiva. Parlo in particolare di Paolo Bocedi di SOS Italia Libera, e dell'Associazione Famiglia c'è, di Marina Brasiello. Avevo chiesto il supporto per tutto il periodo. Invece sono stati assenti. Un conto le foto con Sgarbi e Berlusconi, ma io non ho avuto l’aiuto sperato. Come parte civile l’associazione poteva parlare in tribunale, ma sono stati assenti. L’altra associazione ha fatto quello che poteva, ma non era capace di aiutarmi; magari potevano fare qualcosa come delle proposte di legge. Io non volevo niente, solo un aiuto attivo e non solo che scrivessero su Facebook."
Hai paura che i Farina possano poi non scontare la pena inflitta?
"Adesso c’è l’appello. Il timore c’è sempre. Però il giudice (Chiara Minerva n.d.r,) ha valutato bene. Per questo ha avuto il consenso da tutti. Ci sono giudici coscienziosi. Ci sono state motivazioni forti che forse non conosciamo. Lei ha capito che il figlio era lucido visto che ha avuto il coraggio di vendere il pesce di mio padre e mangiarlo. Non si era pentito. Ora le persone mi fermano per sapere chi è il giudice e tutti sono d’accordo sulla sentenza. Anzi molti non sanno che hanno pure ottenuto uno sconto, visto che potevano avere ergastolo con isolamento diurno. Per me la risposta è forte e giusta e spero che in appello non scenda mai la condanna."
Riproponiamo di seguito il testo della lettera scritta dal Sindaco di Pioraco Luisella Tamagnini.
"Caro Pietro,
che destino amaro ti ha raggiunto proprio nel nostro paese!
Tu, uomo mite e onesto, morire colpito dalla ferocia del lupo e dalla viltà della iena in mezzo a quella campagna serena che tu e noi credevamo sicura.
Tu, così premuroso con tutti, non hai ricevuto nemmeno un briciolo di quella pietà che si deve ai morti, vilipeso, nascosto, distrutto da chi voleva farti essere esempio per quanti avessero voluto dire no alla prepotenza ed al sopruso.
Chi potrà mai dimenticare lo sguardo smarrito e angosciato di Ave, quello scuro e addolorato di Yuri e le lacrime, quante lacrime! di Jennifer.
Ora quelle lacrime sperano ricadano come lava incandescente sul cuore di chi ti ha consegnato a questo tremendo destino è sul core di chi, se ha visto, non parla, unendosi così alla ferocia del lupo ed alla viltà della iena.
Pietro, dopo lo scempio del corpo e lo strazio del cuore, sta in pace.
Alla soglia del Cielo ti ha accolto tua madre, ancora una volta amorevole e protettrice, forte di quell'amore che travalica il tempo, lo spazio e la umana dimensione e traspare dallo sguardo in quella foto sul tuo furgone, per fortuna o per volontà divina, non distrutta in tempo dai tuoi assassini.
La giustizia umana sarà forse lenta a venire, ma quella divina non lascerà che il tuo sangue innocente sia stato versato invano e che il dolore della tua famiglia sia così amaro e senza consolazione.
Riposa in pace Pietro.
Per te, le preghiere di chi fu onorato di conoscerti e ti ricorderà sempre con affetto e stima, per noi l'impegno e la forza, in tuo nome, di non permettere mai più che la mala pianta della violenza attecchisca e travolga le nostre vite e le nostre contrade."
{lettera firmata: Pioraco e il suo Sindaco #Luisella_Tamagnini} ottobre 2014