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Cronaca

GIORNALISTI UCCISI NEL 2015: ECCO I NUMERI

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Tempo di lettura 2 minuti Due su tre non erano in zona di guerra. Dati shock di "Reporters senza frontiere"

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Red. Cr.

Il bilancio di sangue pagato nel 2015 dai giornalisti è di 110 reporter uccisi, molti – a sorpresa ed in controtendenza rispetto agli anni passati – non in zone teatro di guerre ma in Paesi formalmente privi di conflitti. È quanto emerge dall'ultimo reporter dell'organizzazione "Reporters senza frontiere" (RSF). Dei 110 uccisi, 67 sono stati eliminati mentre stavano svolgendo il loro lavoro mentre 43 hanno perso la vita in circosctanze avvolte dal mistero. Un dato ancora più preoccupante, quest'ultimo, perché elimina il discrimine tra il rischio assunto con consapevolezza che sconfina atratti nell'eroismo dagli inviati di guerra, ad esempio, ed i 'semplici 'cronisti', cui non difetta il coraggio di seguire inchiesta scomode a casa, operando in Paesi non in guerra ma dove la criminalità teme la stampa.

Nella conta risulta anche la perdita di 27 cosssdetti "citizen-journalists" (reporter non professionisti ma non per queto meno agguerriti) e sette altri cameramen, fonici e tecnici, esposti aglli estessi rischi dei reporter ma spesso senza gli stessi onori e senza il cui lavoro il giornalista da solo riuscirebbe a combina ben poco. La minaccia principale viene dai cosidetti "gruppi non statuali" come i jihadisti di Isis, che hanno perpetrato atrocità contro i reporter Nel 2014 due terzi dei giornalisti uccisi svolgevano il loro lavoro in zone di guerra. Nel 2015 è stato l'esatto opposto; "due terzi sono stati eliminati in Paesi in pace" Reporter senza Frontiere vuole che sia nominato "un rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu per proteggere i reporter". I Paesi più a rischio restano i soliti con alcun sorprese: Iraq (11 morti), Siria (10), terza e triste new entry la Francia con le 8 vittime, uccise nell'attacco al settimanale satirco Charlie Hebdo il 7 gennaio scorso, seguita dallo Yemen (10 morti) dove è in corso una guerra civile per procura tra suniiti sostenuti da Riad e ribelli sciiti Houthi appoggiati dall'Iran; Sud Sudan (7 vittime), India (9 morti), Messico, uno dei Paesi più pericolosi al mondo per chiounque, civili inclusi, dove i narcos controllano intere aree del Paese, (8 morti), Filippine (7) cosi' come l'Honduras.

Oltre al bilancio delle vittime pagato nel 2015 dai giornalisti (110) è altissimo il numero di reporter rapiti e tenuti in ostaggio (54) ed ancora più alto quello di quelli in prigione per aver svolto il loro lavoro: 154. È quanto emerge dall'ultimo reporter dell'organizzazione "Reporters sezna frontiere" (RSF). Tra i 54 rapiti, 26 sono tenuti in ostgagio in Siria, 13 in Ymene, 10 in Iraq e 5 in Libia. Tra i ben 153 detenuti la non ambita palma spetta alla Cina (23 giornalisti in prigione), regime che prova ad aprirsi ma ancora condizionato dal pulsioni restrittive (da ultimo si veda la recentissima l'espulsione di un reporter del settimanale francese Nouvelle Observateur), seguita dall'Egitto (22), 18 in Iraq, 15 in Eritrea, 9 nella Turchia del neo-sultano dalle ambizioni ottomane, il presidente Recep Tayyip Erdogan che non tollera la libertà di stampa e l'ha dimostrato spesso facendo arrestate giornalisti e chiudere testate. Gli altri 69 collegi in carcere sono detenuti nel resto del mondo

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Cronaca

Incendio nel Materano, morti due vigili del fuoco, “Volevano salvare una famiglia”

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 “Volevano salvare una famiglia, la cui abitazione era messa in pericolo dalle fiamme.

Ma sono caduti in un dirupo e sono stati avvolti dalle fiamme”.

Sono le parole del sindaco di Nova Siri (Matera), Antonello Mele, riferendosi alla morte di due vigili del fuoco in contrada Cozzuolo.

Secondo quanto si è appreso, entrambi avevano 45 anni ed erano in Matera.

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Castelli Romani

Ciampino, episodio di bullismo: la denuncia di una madre su Facebook scatena polemiche

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Un episodio di bullismo avvenuto a Ciampino ha suscitato forti reazioni e polemiche dopo che una madre ha condiviso la sua drammatica testimonianza su Facebook. La signora, madre di un ragazzo di 13 anni, ha raccontato l’incubo vissuto da suo figlio, vittima di un gruppo di coetanei.

Il post, che ha rapidamente raccolto molte reazioni e condivisioni, ha portato alla luce una realtà inquietante e ha acceso un acceso dibattito tra i residenti.

Secondo quanto riportato dalla madre del ragazzo, l’episodio è avvenuto nel parco comunale di Ciampino, dove suo figlio Alessandro stava giocando con alcuni amici. Improvvisamente, un gruppo di ragazzi più grandi si è avvicinato e ha iniziato a insultarlo e a deriderlo. La situazione è degenerata quando uno dei bulli ha spinto Alessandro a terra, facendogli perdere l’equilibrio e ferendolo al ginocchio. Il ragazzo, visibilmente scosso, è tornato a casa in lacrime e con un grande spavento.

Nel suo post, la madre ha scritto: “Mio figlio è tornato a casa oggi con il cuore spezzato e il corpo ferito. Non posso tollerare che i bambini debbano subire tali atrocità. Questo bullismo deve finire!”. Il suo appello ha ricevuto immediato sostegno da parte di molti residenti, che hanno espresso la loro solidarietà nei commenti.

Giovanna, una residente di Ciampino, ha commentato: “È inaccettabile che i nostri ragazzi non possano sentirsi al sicuro nemmeno nei parchi pubblici. Le autorità devono intervenire e prendere provvedimenti immediati”. Un altro commento, di Marco De Santis, aggiunge: “Questi atti di violenza sono vergognosi. I bulli devono essere identificati e puniti, e le scuole devono fare di più per educare i ragazzi al rispetto reciproco”.

Tuttavia, il post ha anche suscitato polemiche e divisioni. Alcuni hanno criticato i genitori dei ragazzi coinvolti, accusandoli di non educare adeguatamente i propri figli. “Dove sono i genitori di questi bulli? Perché non insegnano loro il rispetto e la compassione?”, ha scritto Francesca.

Le autorità locali non hanno tardato a intervenire condannando il gesto.

L’episodio, sebbene doloroso, ha anche sollevato un’importante consapevolezza sulla necessità di promuovere la cultura del rispetto e della solidarietà tra i giovani.

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Cronaca

Roma, metro Barberini: una rissa provoca la chiusura della stazione

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Tragiche le notizie che arrivano in un torrido sabato sera romano.
La stazione metro Barberini viene chiusa per questioni di sicurezza.
All’origine del fatto, avvenuto tra le 19 e le 19,30 una rissa tra nord africani e sudamericani con almeno 15 persone coinvolte. Molti passeggeri spaventati dalla situazione si sono rifugiati nella cabina del conducente fino all’arrivo delle forze di polizia allertate dalla centrale di sicurezza di Atac Metro.
Per ora sono ancora tutti da decifrare i motivi che hanno portato a ciò.

Un’estate romana che sta diventando ogni giorno più bollente.

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