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Editoriali

CASO CESTE, CONDANNA BUONINCONTI: TRA COMPETENZE SPECIFICHE E LAVAGGI DEL CERVELLO TELEVISIVI

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Tempo di lettura 5 minuti Nessuno ha visto Buoninconti mettere il cadavere in auto ma soprattutto le risultanze degli esami effettuati da RIS sulle auto sono negative.

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di Domenico Leccese

L'Osservatore Italia ha seguito da sempre il caso Ceste ed il processo all'unico indagato Michele Buoninconti, continuiamo a farlo dando voce ancora una volta alla dottoressa Ursula Franco (Medico – Criminologa e Consulente della difesa).

Quanto è difficile ancora fare il criminologo nel nostro paese?

Non lo immagina nemmeno. In Italia ancora si stenta a credere che le scienze criminologiche siano scienze esatte, purtroppo sia gli addetti ai lavori che il pubblico dei talk show televisivi sono ormai abituati ad una specie di criminologo che è una banderuola al vento perché parla spesso di casi che non conosce così semplicemente pour parler e per riempire uno spazio.

Perché in molti fanno fatica a credere alla sua ricostruzione nel caso Ceste – Buoninconti?

Per quanto riguarda la massa la mia ricostruzione non è stata pubblicizzata abbastanza ed il pubblico televisivo ha subito un lavaggio del cervello senza precedenti, per quanto riguarda gli addetti ai lavori non mi credono coloro che non hanno letto gli atti o che non hanno approfondito il caso partendo dal presupposto che la procura non possa essersi sbagliata e poi non mi credono coloro che non hanno dimestichezza con la psichiatria ed inspiegabilmente non accettano il parere di un esperto per presunzione o per un loro limite mentale.

Come ha fatto ad arrivare alla conclusione che non si tratti di omicidio?

Per risolvere questo caso ci volevano alcune competenze specifiche che di certo i carabinieri di Costigliole non avevano e che neanche i laureati in Legge hanno. Sono molti  i campanelli d’allarme che mi hanno fatto propendere per l’allontanamento volontario, il denudamento, segno chiarissimo di una psicosi letto invece erroneamente dalla procura come prova dell’omicidio, il ritrovamento degli abiti in cortile, prova del denudamento volontario che invece gli inquirenti hanno sostenuto fossero una messinscena, mostrando di disconoscere che cosa sia uno staging di una scena del crimine, se Buoninconti avesse disposti gli abiti in cortile non li avrebbe rimossi, ancora l’immediatezza con cui Buoninconti dette l’allarme, il ritrovamento del corpo a pochi centinaia di metri da casa e molto altro.

Lei ha analizzato anche il linguaggio di Buoninconti durante le interviste rilasciate a Chi l’ha visto?

Certo, non solo io ho analizzato il linguaggio di Buoninconti ma anche lo psichiatra dell’accusa dottor Pirfo, inviterei tutti coloro che ritengono Buoninconti colpevole a rivedersi quei video ed a ricredersi. Buoninconti non ha mai mentito, il suo racconto è credibile.
In tutte le interviste fornisce le risposte dopo un regolare tempo di latenza; non si serve di pause per costruirle; non perde mai il filo del discorso; non cambia mai il soggetto e se è il giornalista a farlo, egli ritorna sulla domanda per rispondere con precisione; non si cimenta mai in circonlocuzioni o discorsi evasivi. Il racconto è sempre fluente ed egli non si avvale mai di un linguaggio indiretto; non ripete mai le domande che gli vengono poste; né le evade; le sue risposte sono ben costruite e logiche ed egli non appare mai equivoco. Il racconto fatto da Michele nelle interviste è dettagliato, caratteristica del linguaggio di coloro che sono sinceramente decisi a fornire tutte le informazioni in loro possesso nell'intento di farsi aiutare a ritrovare il proprio caro. La sua esposizione, non è solo dettagliata, ma anche carica di emotività, non piatta e sterile come quelle degli uomini che uccidono le proprie compagne. Buoninconti ha fornito volontariamente agli inquirenti nuove informazioni mostrando una evidente ‘volontà di accuratezza’ e lo ha fatto su sua personale iniziativa, si è infatti recato al comando dei Carabinieri nei giorni seguenti alla scomparsa della moglie, per invitarli ad analizzare gli abiti di Elena. Fornire informazioni supplementari od invitare gli inquirenti ad indagare fanno parte delle iniziative messe in atto dai soggetti che desiderano essere di supporto alle indagini e sono realmente intenzionati a trovare il proprio familiare scomparso. Chi commette un omicidio generalmente fornisce una minima quantità di informazioni a ridosso dei fatti e soltanto se invitato a farlo e difficilmente si presenta sponta
neamente in caserma.

Per quale motivo allora Buoninconti è stato accusato di essersi contraddetto?

La sua narrazione è sempre stata la stessa e vi sono alcune imprecisioni, le imprecisioni nel racconto sono però ascrivibili ad un disturbo della memoria chiamato ‘amnesia psicogena’. La condizione di stress di Buoninconti dovuta agli accadimenti di quella mattina produsse nello stesso un disturbo del processo di memorizzazione di comune osservazione, ovvero il blocco della memorizzazione a lungo termine per cui i suoi ricordi di quei momenti, fissati inizialmente nella memoria a breve termine, a causa del suo stato d'animo, non si impressero in quella a lungo termine. Per tale ragione egli ha fornito versioni diverse riguardo al ritrovamento degli abiti e degli occhiali di Elena in cortile, non si è ricordato l’esatta sequenza di alcuni fatti e delle telefonate, né se Marilena Ceste fosse stata a casa sua quella mattina e solo con l'aiuto dei testimoni Buoninconti è riuscito a ricollocare la maggior parte degli accadimenti di quella mattina nell'esatto ordine cronologico.

Lei crede che in America si sarebbe potuto condannare Buoninconti sulla base degli indizi consegnati ai giudici dalla procura di Asti?

Diciamo che non solo non lo avrebbero mai condannato ma neanche sarebbero stati presi in considerazione per un eventuale processo, comunque, senza scomodare gli Stati Uniti basta spostarsi a Pisa, pensi al caso di Roberta Ragusa, nonostante ci siano importanti indizi contro Antonio Logli quali una relazione extraconiugale, un probabile tentato omicidio da parte sua nei confronti della moglie che precedette di poco la scomparsa, un testimone che lo vide in strada durante la notte mentre lui ha sostenuto di essere stato a dormire, testimone che con tutta ptrobabilità assistette ad una colluttazione tra il Logli e sua moglie, nonostante tutto non si è ritenuto che il materiale raccolto dalla procura potesse essere sufficiente per trarre in arresto né tantomeno per rinviare a giudizio Antonio Logli.

Che cosa secondo la Procura di Asti prova l’omicidio?

Non ce l’hanno detto, l’autopsia non è stata in grado di stabilire la causa della morte di Elena quindi già non c’è certezza che sia stato commesso un omicidio, lo ripeterò in eterno non è dall’autopsia ma dalle indagini che si risale alle cause della morte della Ceste. Le risultanze escludono l’omicidio ed avvalorano una morte per assideramento, quella mattina non sono stati udite grida da parte dei vicini prova di una lite che poteva sfociare in un omicidio, non sono stati rilevati segni su Buoninconti prova di una colluttazione che per le modalità omcidiarie sostenute dalla procura ci sarebbero dovute essere, nessuno ha visto Buoninconti mettere il cadavere in auto ma soprattutto le risultanze degli esami effettuati da RIS sulle auto sono negative. Credere che Buoninconti abbia avvolto il cadavere in un lenzuolo del letto matrimoniale, come sostenuto dalla Deodato in requisitoria, e pensare che il lenzuolo abbia impedito al cadavere di lasciare tracce in auto è assurdo, antiscientifico.

Quindi che cosa prova per la Procura di Asti l’occultamento del cadavere?

Non ce l’hanno detto, Buoninconti secondo le due analisi delle celle telefoniche alle 9.00 non si trovava al Rio Mersa, quindi è escluso che stesse occultando un corpo, in più nonostante egli venga accusato di aver occultato un corpo tra i rovi nessun graffio è stato rilevato né sulle sue mani né sul suo volto, né peraltro egli era sporco del fango del Rio Mersa, né alcun testimone lo vide occultare il cadavere di Elena. Anzi il giudice ha completamento ignorato la testimonianza di Marilena Ceste, una vicina che disse di aver visto Buoninconti sotto casa
5 minuti dopo le 8.55, quindi alle 9.00.

Quindi la Procura avrà trovato un movente molto solido?

Assolutamente no, anche i giudici del riesame non solo hanno escluso la premeditazione ma hanno anche asserito per ben due volte che la procura non era riuscita a fornire un movente. Nessuna crisi matrimoniale precedette l’allontanamento di Elena che fu la conseguenza soltanto del disturbo psichico che la affliggeva e che aveva iniziato a manifestarsi qualche mese prima.

Che cosa si augura?

Mi auguro che non succeda mai più che un cittadino italiano subisca ciò che sta subendo Buoninconti. Credo che sussistano gli estremi per presentare una petizione al Parlamento europeo in quanto Buoninconti è anche cittadino dell’Unione europea che è tenuta a garantire i suoi diritti.
 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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