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Redazione
Prima paga e poi richiedi (quando hai ingiustamente pagato). E' possibile che sia ancora in vigore questa clausola? "Alla Lega diciamo benvenuta! Finalmente una forza politica presente in Parlamento si occupa dei barbari ed incostituzionali metodi di riscossione del fisco italiano". Così in una nota Andrea Bernaudo, presidente del movimento SOS partita IVA, commentando la mozione presentata da Armando Siri (Lega Nord) che mira alla revisione del "solve et repete" dall'ordinamento tributario.
"Occorre restituire dignità ai contribuenti produttivi italiani, oggi trattati da presunti evasori. A questo punto chiediamo alla Lega di fare propria la nostra proposta di legge per l'abolizione del "solve et repete" dall'ordinamento tributario, già ddl al Senato, ma ferma lì da ben nove mesi perché insabbiata dalla paralisi politica che ha aggredito Forza Italia. Il centro-destra deve ripartite dai diritti dei contribuenti italiani, e unirsi compatto per l'abolizione del "solve et repete" che rappresenta una questione di civiltà giuridica, oltre che politica"
La clausola Si tratta di una clausola che le parti possono inserire nei contratti con prestazioni corrispettive, per effetto della quale, se uno dei soggetti non esegue la propria prestazione,l’altro non può rifiutare la propria, ma deve in ogni caso eseguirla. Successivamente, perdurando l’inadempimento della controparte, colui che ha adempiuto potrà richiedere quanto ha dato. Solve et repete in sostanza vuol dire: prima paga e poi richiedi (quando hai ingiustamente pagato). La possibilità di inserire la detta clausola è prevista dall’art. 1462 c.c., ma con limitazioni: essa non ha effetto per le eccezioni di nullità, di annullabilità e di rescissione del contratto; la parte che solleva queste eccezioni, cioè, non potrà mai essere tenuta ad effettuare, prima, la propria prestazione. Inoltre, nei casi in cui la clausola è efficace, il giudice, se riconosce che concorrono gravi motivi, può sospendere la condanna dellaparte ad eseguire la prestazione, imponendo, se del caso, una cauzione. Nel diritto tributario il principio del solve et repete significava che il contribuente non poteva adire il giudice per sentir dichiarare non dovuta un’imposta richiestagli se prima non l’aveva pagata: prima egli doveva, cioè, pagare l’imposta e poi doveva richiedere, tramite il giudice, quanto indebitamente pagato. Il principio serviva ad assicurare più facilmente alla Pubblica Amministrazione le entrate tributarie ed era attuato in varie leggi, che però sono state tutte dichiarate incostituzionali, a partire dalla sentenza 29.3.1961 n. 21 della Corte Costituzionale, per contrasto con gli arti. 3, 24, 113 Cost. Il principio, perciò, non trova oggi più attuazione nel diritto tributario.
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