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Editoriali

POVERTA', ITALIANI E QUEI GRAN FIGLI DI… CASTA

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Tempo di lettura 3 minuti Chi è meritevole spesso è costretto a non poter fare un determinato percorso per mancanza di risorse economiche

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di Angelo Barraco

Il benessere delle famiglie non è certamente avviato verso una fase di "rose e fiori" come qualcuno ci vorrebbe far credere. E molti italiani devono ormai “strizzare la cinghia” per cercare di andare avanti, per far fronte alla crisi, al continuo aumento del costo della vita, alla disoccupazione che si estende a macchia d’olio e ad una mancanza occupazionale disarmante anche per coloro che hanno lavorato per tanti anni e che si ritrovano senza lavoro a causa dei meccanismi innescasti dal sistema e ciò che ne consegue.

Dando uno sguardo agli ultimi dati Istat sulla povertà delle famiglie italiane, constatiamo che il dato resta stabile nel 2014, risultano oltre 4 milioni, per la precisione 4 milioni e 102 mila individui pari al 6,8% dell'intera popolazione, gli italiani costretti a spendere meno del necessario per uno standard di vita minimo. Si tratta di 1 milione 470 mila famiglie, il 5,7% del totale. Nei piccoli comuni il miglioramento è del 7,2% e nel mezzogiorno va dal 12,1% al 9,2%, invece nelle famiglie composte da soli italiani va dal 5,1% al 4,3%. Per le famiglie numerose invece vi sono livelli di povertà che possono raggiungere il 16,4% e si può arrivare persino al 18,6%. Nelle aree metropolitane si rivela un’incidenza elevata di povertà che arriva al 7,4%, quando in passato si parlava di un 3,9%.

Gli italiani fanno fatica a finire il mese, spesso si indebitano e devono rinunciare all’istruzione dei propri figli, molto spesso propensi allo studio e magari con un brillante futuro da avvocato o dottore, per mandarli su binari diversi ai fini di aiutare la famiglia poiché, in assenza di risorse economiche, non c’è altra scelta. Ma il nostro governo cosa fa? Aiuta queste famiglie? Eppure l’articolo 31 della Costituzione Italiana dice chiaramente che “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternita`, l’infanzia e la gioventu`, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. Che valore ha questo articolo della costituzione italiana per i nostri politicanti?

I “fortunelli” o "gran figli di… casta", l’altra faccia dell’Italia senza lavoro: Chi è meritevole spesso è costretto a non poter fare un determinato percorso per mancanza di risorse economiche, ma chi è figlio di professori universitari, rettori, banchieri, politici, ministri, parlamentari hanno il lavoro bello e pronto.

Ecco qualche esempio: Maria Maddalena Gnudi, figlia dell’ex ministro Gnudi (ex presidente Enel, quota Udc), che è diventata socia dello studio del padre su proposta dello stesso. L’avvocato Eleonora Di Benedetto lavora per uno degli studi legali più importanti della capitale, lo studio Severino, che è lo studio della madre Paola, ex ministro della Giustizia. Poi c’è Costanza Profumo, architetto che si è laureata presso il Politecnico di Torino, figlia dell'ex rettore del Politecnico di Torino Francesco Profumo ex ministro dell’istruzione. Luigi Passera, figlio del’ex ministro Passera, si è laureato alla Bocconi come il padre e si è occupato di marketing alla Piaggio. Adesso lavora presso la multinazionale Procter & Gamble. Il figlio di Mario Monti ha lavorato a Londra per Citigroup e Morgan Stanley  ed è stato chiamato da Enrico Bondi alla Parmalat e chiamato dal padre come commissario straordinario per la spendine review. Ma in seguito alle polemiche sul posto fisso, il suo curriculum non è più reperibile sul web. La figlia di Mario Monti, Federica, ha lavorato per il prestigiosissimo studio Ambrosetti. Giorgio Peluso, figlio del ministro Cancellieri, è stato assunto come direttore di Unicredit, successivamente direttore di Fondiaria Sai, adesso lavora come Chief Financial Officer presso Telecom Italia. La figlia della Foriero, Silvia, ha una cattedra presso l’Università di Torino –madre e padre sono professori ordinari- e lavora anche in una fondazione finanziata da Intesa. L’altro figlio fa il registra di film impegnati.

Quindi si deve essere “fortunelli” o "gran figli di… casta" per avere un buon posto di lavoro? I capaci e meritevoli che non hanno disponibilità economiche non possono puntare in alto tanto quanto i cosiddetti “fortunelli”? Tutti dovrebbero avere le stesse opportunità e le stesse garanzie per un futuro migliore e garantito, tutti dovrebbero avere la possibilità di studiare, di crescere e di affrontare la vita come meglio si crede e senza freni di alcun tipo. Ci auguriamo che presto le cose cambino e che lo Stato dia maggiori possibilità a coloro che fino ad oggi, pur meritevoli, hanno ricevuto avuto poco.
 

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19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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