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"ABRUZZO CAPITALE" 1° PUNTATA: QUEI RAPPORTI TRA SOLCO DI MARIO MONGE "DI MEZZO" AI LAVORATORI (LSU) ED ASL

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La Solco di Mario Monge, vinse l’appalto con il Comune di Roma per il Nuovo Cinema Aquila, bando ora revocato, e Mario Monge, presidente della coop, tra gli arrestati nell’inchiesta Mafia Capitale.


di Chiara Rai

Declassati e pur di lavorare addirittura costretti ad accettare un contratto che non è adeguato per loro e che gli toglie quella che ancora viene riconosciuta come “dignità” del lavoratore; attualmente, dopo 14 anni di contratto cooperative al 94% a 36 ore settimanali, sono caduti dalla padella nella brace in considerazione del subentro contrattuale della nuova società appaltatrice RTI – SIAI Scarl (Servizi integrati alle imprese). Ora sono part – time al 75% inquadrati come imprese pulizie – multiservizi a 30 ore settimanali. E parliamo di autisti di autoambulanze e non di operatori delle pulizie.

Tali lavoratori, pertanto, hanno firmato – prendere o lasciare – un nuovo contratto, quello delle imprese pulizie – multiservizi part-time al 75%, 3 livello, a 30 ore settimanali, 5 giorni lavorativi, con l’aggravio di doversi recare, a proprie spese, un giorno a settimana a L’Aquila dove prestare servizio. Quale stipendio porterà in famiglia a fine mese tale lavoratore? Questo aspetto lo affronteremo nella prossima puntata ricordando che l’art.36 della nostra Costituzione recita: ”Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”.

Il fatto: E nella storia che vi stiamo per raccontare, quella degli ex lavoratori Lsu – lavoratori socialmente utili – assunti come autisti di autoambulanze presso i presidi ospedalieri di Sulmona – Castel di Sangro – Avezzano, rispunta il consorzio Solco di Mario Monge, quello per intenderci che ha vinto l’appalto con il Comune di Roma per il Nuovo Cinema Aquila, bando ora revocato, e Mario Monge, presidente della coop, tra gli arrestati nell’inchiesta Mafia Capitale.
 
Questi ex Lsu sono stati all’epoca “svenduti” alla cooperativa ma ora andiamo per gradi e vediamo perché, cosa è successo e soprattutto a cosa sono dovuti questi “giri” di contratti. Ciò premesso, stiamo parlando di servizi essenziali cosiddetti "core" che in altre regioni, come l’Abruzzo sottoposto a pesanti piani di rientro, sono stati reinternalizzati in quanto si è dimostrato che appaltandoli a cooperative e/o ditte esterne i costi alla fine sono maggiori, anzi lievitano. 

Gli affidamenti alla Solco di proroga in proroga: Ma la Solco ha avuto, tra gli altri, anche l’affidamento di tale servizio dal 2001 grazie a ripetute proroghe deliberate sempre all’ultimo momento “per garantire la continuità di un servizio essenziale”  e la situazione non appare cristallina. Si tratta, infatti, di uno scandalo che non ha ancora avuto la doverosa emersione ma che ora verrà capillarmente affrontato nell’inchiesta de L’Osservatore d’Italia che ha già messo mano ai movimenti di Solco e quindi di Mario Monge. Il nocciolo è che questi 19 autisti, solo perché “svenduti” prima ad una cooperativa ed ora a una multiservizi, percepiscono un trattamento economico alla lunga inferiore rispetto a quelli della Asl con analoghe mansioni.  Dopo 14 anni questi lavoratori si ritrovano ancora con un rapporto part-time e non gli sono state corrisposte le ore di lavoro supplementari effettuate per effettive esigenze di servizio, né buoni pasto.

Pare che di recente sia intervenuto anche l'ispettorato del lavoro per accertamenti. La soluzione sarebbe quella di reinternalizzare tale servizio con relativo personale della società appaltatrice che si limita esclusivamente a retribuire i lavoratori che utilizzano mezzi della Asl, che prendono direttive dal personale della Asl, nello specifico dalla centrale operativa del 118 di L’Aquila. Inoltre, questo non è un servizio che dovrebbe essere affidato alle cooperative sociali e/o ad altre imprese che, con il benestare dei sindacati, assumono anche ex detenuti e tossicodipendenti: chi salirebbe su un'ambulanza sapendo che alla guida potrebbe esserci un ex tossicodipendente a cui magari è stata revocata la patente in passato?

L’excursus storico. La storia inizia con l'avvio dei progetti nel marzo 1998 quando, in seguito ad una selezione per titoli(ex art.16 legge 56/87) a cura del centro per l'impiego, i lavoratori vengono assunti come autisti di autoambulanze presso i P.O. di Sulmona – Castel di Sangro – Avezzano. Il progetto aveva la durata iniziale di un anno, poi prorogato fino al 2001. Nel giugno 2001,infatti, a seguito del varo di una nuova legge, i lavoratori ricevono un telegramma da parte della cooperativa appaltatrice del servizio esternalizzato, con convenzione della durata di 5 anni, che imponeva loro di sottoscrivere un contratto di lavoro a tempo indeterminato, pena la perdita del lavoro.  La convenzione sottoscritta tra Asl e cooperativa Solco prevedeva l'assunzione di circa 76 Lsu suddivisi  per vari servizi tra cui il CUP, autisti ambulanze (42) ed altri.

Accadde che non tutti accettarono di entrare in cooperativa, motivo per cui la Asl, invece di penalizzare i dissidenti, li premiò instaurando con gli stessi rapporti di Co.co.co e modificando nel novembre 2001 la convenzione con la Solco per l'assunzione di quelli invece che avevano firmato il contratto per timore di perdere il lavoro. Al termine dei 5 anni è intervenne poi una proroga senza ulteriori gare d'appalto, fino al 2009, quando la Asl bandì un avviso di selezione – concorso interno riservato sia ai 12 autisti Co.co.co sia agli amministrativi per cui vennero assunti dall'Azienda Sanitaria a tempo determinato per 3 anni.

Quelli della cooperativa presentarono domanda che venne però rigettata. Il 16 agosto 2011 arriva poi la delibera per la stabilizzazione di tutti i Co.co.co senza concorso e sulla base di una transazione giudiziale. Appare grave la circostanza che in tale delibera si siano inserite altre 7 posizioni a cui venne applicata la stessa  transazione pur non avendo presentato né ricorso né avendo partecipato ad alcuna procedura selettiva. I primi 4 soggetti erano Co.co.co de L'Aquila mentre gli altri 3, ed è questo che appare grave, erano lavoratori della stessa cooperativa, con presidio a Castel di Sangro, che dichiarano di aver svolto contemporaneamente mansioni di Co.co.co.

Qualcuno si è accorto dell'inciucio riuscendo a far sospendere la delibera almeno per i 3 di Castel di Sangro con la conseguenza di far revocare alla Asl la delibera 1386 del 16 agosto 2011, almeno nella parte in cui prevedeva di stabilizzare i suddetti con una semplice transazione.

Del caso è stata più volte informata anche la Regione nonché diverse testate televisive ma nessuno, almeno finora, si è mosso per mettere la parola fine a tale sperpero di denaro pubblico. Tali lavoratori vengono utilizzati onde sopperire ad una carenza di organico della asl nell'erogazione di servizi di una certa rilevanza, che senza l'utilizzo di tali lavoratori, non sarebbero altrimenti erogabili: infatti la delibera nr 30 del 97 affermava che l'utilizzazione di tali lavoratori avrebbe consentito l'attivazione di servizi ed attività istituzionali rilevanti sotto il profilo sanitario e sociale, non altrimenti erogabili difettando la disponibilità della pianta organica.
Tutto quanto sopra si presume possa costituire intermediazione illecita di manodopera. E poi, visto che la gara dello scorso anno è stata annullata per carenza di requisiti tecnici da parte delle ditte partecipanti, tra cui la Solco, come è stato possibile rinnovare il contratto alla stessa  in attesa della nuova procedura in corso?(delibera 1904 del 23 dicembre 2013.)

La Legge Biagi: L'art.29 del Decreto legislativo 276/2003 – legge Biagi – impone un onere aggiuntivo alla P.A. a causa del mancato controllo oltre che per culpa in eligendo: l'ente pubblico dovrebbe verificare la correttezza dell'adempimento in corso di esecuzione e pretendere il corretto pagamento di tutti gli istituti contrattuali da parte della cooperativa appaltatrice ; le amministrazioni pubbliche non rinuncino al ruolo di regolatori sociali delle attività che promuovono e governano anche solo indirettamente:al fine di evitare che la rincorsa di servizi al minor costo possibile provochi inevitabili ricadute in termini di sotto protezione sociale dei lavoratori coinvolti negli appalti che vedono lesa soprattutto la loro dignità. Alla luce dell'introduzione di recenti integrazioni nella disciplina relativa all'obbligazione di solidarietà che nel contratto d'appalto lega il committente all'appaltatore e agli eventuali subappaltatori, è evidente l'intento del legislatore di assicurare al lavoratore impiegato nei contratti di appalto le medesime tutele spettanti ai lavoratori impiegati nei rapporti di lavoro tradizionali. Anche per tale motivo, si ribadisce l'importanza di porre particolare attenzione, di riflettere e valutare i pro e contro – chiedendo parere ai consulenti specialisti in materia- prima di decidere di affidare in appalto ad una ditta l'esecuzione di un servizio.

Ci auguriamo che la Regione faccia luce su questo scandalo perchè la dignità dei lavoratori non ha prezzo. Se non lo fa la Regione ci penserà qualche giornalista o la Procura e la Corte dei Conti ad intervenire visto che parliamo di soldi pubblici.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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