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di Cinzia Marchegiani
Roma – E’ storica la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Roma martedì 26 maggio 2015 a carico del Ministero della Difesa, poiché viene decretata la «inequivocabile certezza» del nesso causale tra esposizione a uranio impoverito e insorgenza di malattie tumorali.
1 milione e 300 mila euro un risarcimento record che dovrà essere pagato ai familiari del militare morto per un tumore contratto nella missione italiana in Kosovo nel periodo tra il 2002 e il 2003.
Un braccio di ferro tra familiari e il Ministero della difesa durato anni, termina con una svolta storica foriera di risvolti inimmaginabili che restituisce dignità al dolore e le sofferenze di questa famiglia e ora anche di tutti i militari morti per cancro. La prima sessione civile della Corte di Appello di fatto ha respinto il ricorso effettuato dal Ministero della Difesa e mette una pietra ferma sulla correlazione tra le patologie tumorali e le munizioni che contenevano uranio impoverito utilizzati nelle scene di guerra non solo nell’Iraq, nei Balcani, ma anche nei poligoni di addestramento (Salto di Quirra in Sardegna).
La sentenza traccia un solco preciso che da un parte accerta finalmente il principio dell’inequivoca certezza, la causa della malattia contratta dal militare è legata all’esposizione dell’uranio, dall’altra la consapevolezza dei vertici delle Forze Armate che tipo di munizioni venivano utilizzate durante queste missioni e anche negli addestramenti.
Domenico Leggiero, Responsabile del Comparto Difesa dell’Osservatorio Militare commenta immediatamente la sentenza definendola un macigno giuridico che si abbatte sul Ministero della Difesa: “Un macigno che rischia di schiacciare definitivamente ogni tentativo di confondere, nascondere la determinazione di chi ha voluto far luce e dare giustizia ai 317 militari morti e gli oltre 3600 malati causati da una esposizione senza mezzi di protezione in zone bombardate da uranio impoverito. Inequivoca certezza sul nesso causale tra uranio impoverito e tumori.”
Con un comunicato emesso lo stesso giorno della sentenza infatti il Responsabile del Comparto Difesa, Leggiero spiega come un fiume in piena il valore della sentenza che si incentra sull’inequivoca certezza sul nesso causale tra uranio impoverito e tumori: “INEQUIVOCA CERTEZZA sulla consapevolezza dei vertici militari già prima dell’impiego dei militari. Un rischio quindi di cui vi era consapevolezza tra i vertici militari sin dal primo momento in cui il Governo decise d’inviare i nostri militari in zone dove era stato utilizzato armamento all’uranio impoverito anche questo si dice nella sentenza ottenuta dall’Avv. Angelo Fiore Tartaglia dell’Osservatorio Militare in Corte d’Appello a Roma e passata in giudicato. Sono oltre 30 le sentenze ed un discreto numero sono ormai definitive. Non vi è più alcun dubbio per la Magistratura nonostante i militari continuano a negare”.
D’altra parte – continua incalzante Leggiero – “ risulta imbarazzante l’ostruzionismo del Ministero della Difesa che, in presenza di sentenze esecutive tergiversa e crea altri disagi ai famigliari delle vittime costretti ad ulteriori azioni legali per costringere il Ministero al rispetto delle stesse”. Con questa sentenza si mette una parola fine anche alle numerose commissioni d’inchiesta, questo è quanto sostiene Domenico Leggiero Responsabile del Comparto Difesa dell’Osservatorio Militare che da anni segue questa battaglia legale e aggiunge:“una sentenza del genere potrebbe aprire il caso uranio ad aspetti penali di gravissima entità, d’altronde la sentenza è chiara: inequivocabile certezza anche sul fatto che i vertici già sapevano, ancor prima dell’invio del personale che un’esposizione in zone contaminate da proiettili all’uranio impoverito comportava il probabile rischio di ammalarsi e magari morire di cancro”.
Nei fatti, questa sentenza storica contribuisce a far luce su una vicenda tra le più oscure degli ultimi decenni. Per Leggiero il Ministero della Difesa, notoriamente scevro da ogni potere politico, continua a fare ostruzionismo non solo nella ricerca della verità ma anche nell’ottemperare alle sentenze che, seppur dirompenti nelle motivazioni e dure nelle condanne, vengono volutamente ignorate in segno di sfida alle vittime, agli italiani alla politica che, ancora una volta, si dimostra forte con i deboli e debole con il potere forte dei militari. Per ultimo, ma non per importanza, il Responsabile del Comparto Difesa Osservatorio Militare fa notare con una nota amara che per far rispettare le sentenze si deve spesso ricorrere a ricorsi per l’ottemperanza con tutte le conseguenti spese per la collettività: “Certo, anche questi affronti, sono il segno evidente di un sistema che ha urgente bisogno di essere rivisto”.
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