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DIVENTARE MADRE: QUELLO CHE LE DONNE NON DICONO

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Tempo di lettura 6 minuti Cambia il modo in cui si percepiscono le persone che ci stanno intorno, le nuove mamme saranno più orientare al confronto e la dialogo con le altre mamme

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A cura della Dottoressa Catia Annarilli, psicologa – psicoterapeuta

Diventare madre è il risultato del lavoro che ogni donna compie sul paesaggio della propria mente, l’assetto materno non nasce nell’istante in cui il neonato viene al mondo ma emerge gradualmente dall’inizio della gravidanza fino a dopo la nascita del bambino. Quello che cambia è l’assetto mentale stesso della donna, la sua vita psichica cambia in modo sostanziale con l’arrivo del bambino.
Ogni mamma svilupperà, in base alla propria storia e alla propria esperienza, un suo particolarissimo assetto mentale, diverso da quello che aveva in precedenza, unico nella sua organizzazione e fondamentalmente sconosciuto alle non madri. Avere un figlio cambierà il modo in cui una donna guarderà il modo, cambierà le sue preferenze abituali, le sue priorità e il modo di impostare le relazioni, la nuova condizione influenzerà in modo sorprendete tutte le nuove relazioni e la porterà a valutare con occhi nuovi le relazioni affettive fino ad arrivare a ridefinire il ruolo che occupa nella storia della propria famiglia.
Questo nuovo equilibrio, per un certo periodo di tempo guiderà i suoi passi, questa nuova organizzazione mentale sarà parallela alla precedente e con essa coesisterà e se in un primo momento avrà il sopravvento sull’altra, nel tempo si tenderà ad un bilanciamento per riemergere in modo predominante ogni qual volta sarà necessario. La precedente organizzazione è spinta sullo sfondo è in ombra e in questo luogo vi resterà per un tempo che varia da madre a madre. Il nuovo equilibrio si raggiungerà in un processo silenzioso e sotterraneo, in modo non consapevole si radicherà internamente, il tutto mentre la donna sarà chiamata a rispondere a compiti importanti e nuovi come l’allattamento, il prendersi cura del neonato e di Sé stessa.
Tanto le necessità pratiche della madre cominceranno a richiedere attenzione, tanto più l’assetto mentale materno retrocederà sullo sfondo per fare spazio alle altre richieste (lavorative, di coppia, amicali) immaginando che tra madre e figlio si sia già strutturata una relazione sufficientemente buona tanto da permettere di allentare l’attenzione perché il bambino avrà cominciato a relazionarsi anche con altre figure significative, avrà cominciato a nutrirsi anche di altri cibi oltre al latte materno e avrà cominciato a passare più tempo dedicato al gioco e quindi in autonomia.
Questi cambiamenti nuovi e importanti hanno risvolti emotivi carichi di significato, a seguito di questa trasformazione radicale, che avviene in un tempo relativamente breve, è possibile avvertire un profondo senso smarrimento, di perdita o al contrario di una straordinaria conquista ed è in questo spostamento di identità che si spiega come mai ci si senta al tempo stesso tristi e felici.
Cambia il modo in cui si percepiscono le persone che ci stanno intorno, le nuove mamme saranno più orientare al confronto e la dialogo con le altre mamme, saranno più vicine alla propria madre e saranno incuriosite e desiderose di conoscere quell’esperienza di maternità. Il marito sarà maggiormente oggetto di interesse sotto il profilo della paternità, della genitorialità in taluni casi a discapito dell’aspetto di coppia. I mariti infatti, spesso trovano di difficile comprensione questo momento che per le donne si accompagna anche ad un minore desiderio sessuale anche a causa dell'alto livello di prolattina, naturalmente presente durante l'allattamento, che inibisce fisiologicamente in parte il desiderio sessuale.
Il nuovo triangolo relazionale che si viene a formare madre, padre e bambino ha un ruolo centrale nella formazione della personalità del bambino infatti, ciascuno di noi è il prodotto di questo triangolo primario e con la nascita di un figlio il proprio triangolo si sposta in avanti di una generazione e si riattiva in parte quello precedente che vede coinvolti la neo-mamma, il proprio bambino e la propria madre.
Il compito più importante a cui la madre deve rispondere in questo momento è quello di assicurare la sopravvivenza e la protezione del proprio bambino; la sicurezza in voi stesse come madri, la fiducia nelle vostre competenze sarà un acquisizione lenta che maturerà con la crescita del bambino e nella definizione di questa maturazione la donna attingerà alle figure materne di riferimento come fonti di supporto e di sostegno. Questo processo continuo di confronto e relazione legittimerà il vostro senso di sicurezza e di capacità nell’affrontare questo arduo. Il modo in cui accudirete il vostro bambino è strettamente legato al modo in cui siete state accudite e si manifesterà sia nelle modalità ma anche come azione riparatoria e porrà le basi per il modo in cui egli stesso amerà e sarà riamato a sua volta.
Le reazioni emotive cambieranno, farete più spesso ricorso all’istinto e se prima lo sforzo era attivo e teso ad una risposta che fosse la più razionale possibile, mediata e prevedibile, ora la parte istintuale a tutela del bambino sarà più presente, passerete gran parte del tempo in attività spontanee che vi vedranno coinvolte con vostro figlio. Anche in questo passaggio può essere insidioso, per alcune donne muoversi in questo nuovo stile di vita più spontaneo e meno mediato può richiedere di allentare il controllo per cominciare a muoversi in un mondo in cui le regole cambiano continuamente.
Cambia il vostro ruolo nelle relazioni significative, cambia il modo in cui venite considerate all’interno della famiglia d’origine, cambia il modo in cui vi rapportate al vostro compagno.
Poca attenzione è stata rivolta a questa intima e sostanziale esperienza psicologica. Si parla tranquillamente di nausee, smagliature di capezzoli e di ragadi ma non ci si preoccupa minimamente del contraccolpo emotivo che vive la madre a seguito della nascita del proprio figlio, si resta muti rispetto al mondo interno e agli stravolgimenti che affronta la nuova madre alle prese con gli sbalzi d’umore, la solitudine, la gioia infinita e la tristezza, la ricerca di sostegno, di approvazione e il desiderio di ritrovare la tranquillità diventano il sottofondo emotivo di ogni momento.
È importante sostenere gli straordinari cambiamenti che avvengono dentro la madre, anche se i processi interiori, a cui va incontro una donna che diventa madre, sembrano essere universali e ma al tempo stesso sono rivestiti di mistero e restano celati da una pudica ombra.
La nuova identità di madre può sbocciare in ogni momento: all’inizio della gravidanza come al compimento di qualche mese fino a richiedere anni e anni prima di riconoscersela. La donna deve essere positivamente disposta a questo nuovo e radicale cambiamento.
Diventare mamma può essere un processo in tre fasi:
1. prepararsi a diventare mamma ha inizio nei nove mesi di gravidanza, durante i quali avviene gran parte del lavoro mentale; il corpo provvede alla gestazione del feto, la mente è attivamente impegnata ad elaborare la nuova identità. La nascita effettiva del bambino però può non coincidere con la nascita della nuova identità, sembra invece che l’esperienza del parto faccia ancora parte della fase preparatoria, i nove mesi precedenti occupano la mente della madre con fantasie su come sarà il bambino, si fanno su un area ancora tutta da scoprire;


2. mesi successivi alla nascita del bambino in cui la madre ha il compito di nutrire e accudire il neonato. La relazione intima con il bambino è una cosa che mette in gioco l’ intera storia relazionale nonché la capacità di vivere l’intimità;


3. bisogno di conferme e di incoraggiamento da parte delle altre madri, la necessità di confrontarsi con la relazione esistente con la propria madre anche per decidere se riviverla , respingerla o rielaborarla in tutto o in parte nella relazione che state costruendo con il vostro bambino.
Quello che le donne non dicono … è che il mondo interno di una madre è un sistema complesso di emozioni e stati d’animo spesso contrastanti tra loro e comunque rivoluzionari rispetto alla situazione precedete in cui si alterna il bisogno di appartenenza e di autonomia, di nascita e di rinnovo ed è importante l’azione di riscoperta di aspetti emotivi nuovi e al tempo stesso antichi della propria storia personale.


Questo sguardo sull’assetto mentale materno vuole mettere in luce il mondo interno delle madri facendolo venire allo scoperto perchè si possa avviare un processo di convalida dell’esperienza materna e dare voce a quello che già sentono intuitivamente, ad attenuare l’isolamento e il senso di solitudine sperimentati da tante mamme che, di fronte ai drammatici cambiamenti del loro paesaggio interiore si chiedono se questo succeda solo a loro.
Questa vuole essere una lettura di prevenzione tesa all'ascolto ascolto.
La vita quotidiana del bambino è basata su interazioni ricorrenti: quando lo mettete a letto, quando gli preparate da mangiare, quando lo accudite,quando lo allattate, quando lo cambiate concorrete a regolare il suo livello di attività, gli ponete dei limiti e gli insegnate qualcosa del mondo. Nei primi anni la maternità è fatta in gran parte di queste interazioni a volte armoniche altre volte conflittuali ma è proprio in queste attività che cominciano a manifestarsi le speranze, le paure e le fantasie della mamma, accompagnate dai suoi ricordi di infanzia e tutti insieme questi elementi influenzano lo sviluppo del bambino e definisco concorrono alla definizione dell’identità materna.
La familiarità con il proprio mondo interiore e la consapevolezza su i possibili effetti sul bambino possono aiutare la neomadre a riconoscere un area problematica quando la incontra e le permette di trovare una modalità adatta per affrontarla.
Una migliore comprensione dell’assetto mentale materno e delle fasi che attraversa nel suo sviluppo serve a demistificare un po’ il nuovo mondo in cui siete entrate, vi potrebbe dare maggiore fiducia e vi permettere di ricavare un piacere più intenso della nuova identità a cui avete dato luce sotto il profilo psicologico.
Questo processo, questa nascita può non essere così armonica e le cause possono essere diverse come la solitudine, una depressione, senso di smarrimento è utile e importante per la donna avere la possibilità di poterne discutere con un professionista che sappia cogliere e accogliere il significato e la sofferenza profonda.

Dott.ssa Catia Annarilli
psicologa – psicoterapeuta

cell- 3471302714
catia.annarilli@gmail.com
www.centropsicologiacastelliromani.it

Bibliografia
The Bird of Mother .D. Stern e N. Brushweiler-Stern 1999

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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