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10 anni faon
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In Italia la Corte di Cassazione si era pronunciata l’11 marzo 2004 sul caso Ferrini contro Germania, affermando che i tribunali italiani dovevano prendere in considerazione le denunce di persone deportate durante la Seconda guerra mondiale e costrette a svolgere lavori forzati in Germania
di Cinzia Marchegiani
Furono quasi 5,3 milioni di militari sovietici ad essere imprigionati dai nazisti fra il 1941 e il 1945, mentre le condizioni di stenti estreme ne portarono alla morte oltre la metà di loro. Molti vennero uccisi tramite fucilazione. Altri, durante una reclusione segnata da condizioni disumane, soffrirono l'inedia o morirono a seguito di malattie. Ora arriva per la Germania il momento delle sue responsabilità, e il risarcimento materiale dei danni con il pagamento di 10 milioni di euro che sarà effettuato dalla Germania a titolo di indennizzo per circa 4.000 soldati dell'ex Unione Sovietica, ancora viventi, che subirono la prigionia inflitta dai nazisti all'epoca della Seconda guerra mondiale. Lo stanziamento complessivo, sembrerebbe essere stato concordato come voce supplementare di bilancio dalla coalizione di Governo composta da democristiani e socialdemocratici. A ognuno dei sopravvissuti, spetterà così un risarcimento personale nella misura di circa 2.500 euro.
I SOVIETICI LE PRIME FORZE AD AVVICINARSI AI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
Le forze sovietiche furono le prime ad avvicinarsi ad alcuni tra i campi più importanti, raggiungendo quello di Majdanek, vicino a Lublino (Polonia), nel luglio del 1944. Sorpresi dalla rapida avanzata sovietica, i Tedeschi avevano cercato di nascondere le prove dello sterminio distruggendo il campo. Il personale aveva dato fuoco al grande crematorio usato per bruciare i corpi dei prigionieri uccisi, ma nella fretta dell’evacuazione le camere a gas erano rimaste intatte. Nell’estate del 1944, i Sovietici conquistarono anche le zone in cui si trovavano i campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka, campi che i Tedeschi avevano smantellato nel 1943, dopo l’eliminazione della maggior parte degli Ebrei polacchi.I Sovietici liberarono Auschwitz, il più grande campo di concentramento e di sterminio, nel gennaio del 1945. Avendo i Nazisti costretto la maggior parte dei prigionieri a marciare verso ovest (in quelle che sarebbero poi divenute famose come “marce della morte”), i soldati Sovietici trovarono, ancora vivi, solo alcune migliaia di prigionieri emaciati e sofferenti, insieme a molte prove degli assassinii di massa compiuti ad Auschwitz. I Tedeschi in ritirata avevano distrutto la maggior parte dei magazzini del campo, ma in quelli rimasti in piedi i Sovietici trovarono gli oggetti personali delle vittime: scoprirono, ad esempio, centinaia di migliaia di abiti maschili, più di 800.000 vestiti da donna e più di 6.000 chili di capelli.
AMMISSIONE RESPONSABILITA’ DELLA GERMANIA
Il presidente tedesco Joachim Gauck, nella sua allocuzione commemorativa per i 70 anni dalla fine del conflitto – aveva sottolineato le responsabilità della Germania e affermato che nel suo paese non è ancora del tutto diffusa la consapevolezza del destino crudele subito all'epoca dai militari sovietici. Mentre 700 mila furono gli italiani schiavi di Hitler e la loro vicenda riguardò altrettante famiglie e coinvolse milioni di italiani.
GIUSTIZIA PER GLI ITALIANI?
Gli italiani occuparono uno dei gradini più bassi nella scala razziale – economico – politica che regolava il trattamento dei 14 –18 milioni di schiavi di Hitler, in gran parte deportati dall’Europa orientale nel territorio del Reich. Gli italiani furono gli ultimi prigionieri ad essere rimpatriati dai Lager. Buona parte rientrò autonomamente in condizioni pietose. Almeno 50 mila furono i deceduti nel Reich di fame, malattie, violenze, bombardamenti. Sconosciuto il numero di quanti morirono dopo il rimpatrio. In Italia, a partire dal 1998 alcuni reduci hanno avviato cause giudiziarie individuali. La Corte di Cassazione si è pronunciata l’11 marzo 2004 sul caso Ferrini contro Germania, affermando che i tribunali italiani dovevano prendere in considerazione le denunce di persone deportate durante la Seconda guerra mondiale e costrette a svolgere lavori forzati in Germania.
PRESIDENTE SPORTELLO DEI DIRITTI, D’AGATA CHIEDE SOLUZIONE POLITICA
Dopo la sentenza della Corte di Cassazione sono stati aperti numerosi processi contro la Germania, da parte di prigionieri di guerra. Per arrivare ai nostri tempi è arrivata la sentenza “storica” della 22 ottobre 2014 della Corte Costituzionale che ha avuto un immediato effetto sulle cause giudiziarie bloccate dalla legge n° 5 del 2013 del Parlamento italiano che ratificava la decisione de L’Aja. Alcune sono diventate esecutive, altre riprendono il loro iter ed è presumibile l’avvio di nuovi procedimenti anche se la questione è ancora lungi dall’essere conclusa.
In merito interviene il presidente dello “Sportello dei Diritti”, Giovanni D’Agata: “Una soluzione politica è solo auspicabile, ma non sembra perseguita anche perché la Germania è irremovibile. Fino ad oggi tutti i governi italiani, che se ne sono occupati di questa vicenda, se ne sono sempre lavati le mani”.
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