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IL LAZIO OSPITA IL 13% DEGLI IMMIGRATI NAZIONALI

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Tempo di lettura 3 minuti I dati del ministero dell'Interno sono chiari: 8.490 immigrati si trovano nella regione, che però possiede solamente un centro Cara

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di Maurizio Costa

Roma – Il Lazio è la seconda regione per numero di immigrati ospitati nei centri di accoglienza. I numeri diramati del ministero dell'Interno fanno trasparire una situazione abbastanza sbilanciata. Cominciamo, però, con l'illustrare il funzionamento degli immigrati in Italia, che è gestito dalle prefetture territoriali.

I Cara e i Cda – I centri che accolgono gli immigrati sono differenti. I Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) rappresentano delle strutture che ospitano immigrati in attesa del permesso di asilo politico. Sono molto simili ai Cda (Centro di accoglienza) che garantiscono prima accoglienza allo straniero rintracciato sul territorio nazionale per il tempo necessario alla sua identificazione. Nel Lazio c'è solamente un centro di questo tipo e è il Cara di Castelnuovo di Porto. In questa struttura sarebbero ospitati ben 830 persone, un numero eccessivo che però riflette la grande emergenza del centro, che viene gestito da una multinazionale francese.

Gli immigrati dovrebbero rimanere all'interno dei centri Cara solamente per un massimo di 35 giorni. Dopodiché, l'ospite dovrebbe ricevere un permesso di soggiorno, rinnovabile ogni tre mesi, sempre in attesa dello status di rifugiato politico.

I Cara sono stati oggetto molto spesso di interesse da parte di Mafia Capitale, che gestiva il Cara di Mineo, in Sicilia, e voleva mettere le mani su quello di Castelnuovo di Porto, ma con una sentenza del Tar, Buzzi e Carminati non hanno raggiunto il loro scopo.

Progetto Sprar
– Il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) costituisce una rete di centri di seconda accoglienza destinata ai richiedenti e ai titolari di protezione internazionale. In poche parole, queste strutture dovrebbero ospitare gli immigrati già in possesso di una forma di riconoscimento di protezione internazionale (rifugiati, titolari di protezione sussidiaria o umanitaria). Visto che però le pratiche per assegnare questi visti sono molto lente in Italia, questi centri accolgono anche immigrati senza lo status di rifugiati, quindi in attesa del riconoscimento. Gli enti locali ricevono i soldi per lo Sprar direttamente dal ministero dell'Interno attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (FNPSA).

Il Lazio, con lo Sprar, accoglie più immigrati di tutte le altre regioni, ben 4.791 (più della Sicilia, che ne ha 4.782). La regione, quindi, accoglie il 21% degli immigrati delle strutture Sprar italiane. Un numero altissimo, che viene aumentato da tutti quegli immigrati che vivono in altri tipi di strutture, che sono, solamente nel Lazio, 2.891.

Dai dati ufficiali nazionali dello Sprar, leggiamo che “delle 7.823 persone accolte, il 30% (2.347) è richiedente protezione internazionale, mentre i restanti 5.476 sono titolari di una forma di protezione (per il 26% sussidiaria, per il 24% umanitaria; il restante 20% ha ottenuto lo status di rifugiato)”.

Parlando di valori assoluti, cioè Sprar e Cara insieme, il Lazio è la seconda regione in Italia per numero di immigrati accolti. Sono 8.490 gli ospiti dei centri e questo numero rappresenta il 18% del totale in Italia. Se solo pensiamo che la Valle d'Aosta ospita solamente 61 immigrati, il dato fa ancor più rabbrividire. Anche perché la regione alpina, qualche giorno fa, ha rifiutato di ospitare altri 70 immigrati stranieri.

Hub nel Lazio
– Intanto la Regione sta correndo ai ripari per quel che riguarda l'immigrazione. La prefettura ha indetto un bando regionale per trovare un hub, un centro di smistamento, per cercare di dare una prima cernita agli immigrati, per poi mandarli nei centri Sprar o Cara. Il vincitore del bando dovrà trovare una struttura adatta, ad esempio un'ex caserma, e fornire dei servizi essenziali, come screening sanitario, rilascio di certificazioni sanitarie, pulizia, erogazione dei pasti e rilascio di un “pocket money” pro capite di 2,50 euro.

La prefettura farà una gara al ribasso, ma parte da un pagamento di 33,25 euro (oltre Iva) per persona al giorno, da versare direttamente nelle casse dell'eventuale cooperativa che gestirà il centro. Il prezzo andrà al ribasso ma sarà comunque vincolato al numero di immigrati presenti nell'hub.

I numeri sono elevatissimi ma non si può neanche volgere il capo dall'altra parte quando ci troviamo di fronte a situazioni emergenziali del genere. I profughi più presenti in Italia provengono da Iraq e Afghanistan, dato che fa riflettere più di tutti gli altri.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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