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Cronaca

MESSINA E PORDENONE: E SE CI FOSSE UNA SOLA MANO DIETRO QUESTI DELITTI?

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Tempo di lettura 7 minuti Ripercorriamo in dettaglio le storie di Messina e di Pordenone e poi analizziamo le anomalie

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Angelo Barraco
 
La cronaca odierna è pervasa da delitti compiuti d’impeto e delitti senza colpevole e talvolta senza il corpo della vittima stessa e l’ipotesi del delitto stesso non è confutabile da elementi oggettivi. Ai rigori della cronaca però, il 17 marzo, è avvenuto il delitto di Pordenone. Un delitto anomalo poiché il killer ha sparato e ucciso una coppia, Trifone Ragone e Teresa Costanza, in un parcheggio a ridosso di una palestra. Un luogo pubblico, frequentato e in quel momento affollato. Il killer ha ucciso in modo rapido e freddo, con la certezza che li avrebbe uccisi entrambi, e lo ha fatto. Il delitto di Pordenone ha rievocato in mente anche fantasmi del passato, come i delitti del Mostro di Firenze poiché il modus operandi –escluse le escissioni- è uguale; coppia in auto, killer spara, li uccide e va via. Un fantasma tornato dal profondo passato per certi versi, anche perché le piste attualmente avvalorate non hanno portato alcun dato oggettivo se non ad un identikit e diverse piste investigative buttate giù su un tavolo. L’anomalia? A Messina due ragazzi sono stati trovati morti all’interno delle loro rispettive auto –erano una coppia- e presentavano colpi di arma da fuoco alla testa. I Carabinieri ipotizzano l’omicidio-suicidio, esattamente come era stato ipotizzato per Trifone e Teresa –a differenza che qui l’arma è stata rinvenuta- ma se a sparare fosse stata la stessa mano? Se non si fosse trattato di un omicidio-suicidio ma di un duplice omicidio? Ripercorriamo in dettaglio le storie di Messina e di Pordenone e poi analizziamo le anomalie. 
 
MESSINA: I ragazzi sono stati ritrovati morti nelle loro auto in contrada Piana a Roccalumera, presso un parcheggio. I cadaveri erano di Stefania Ardì, di 20 anni, e di Andrea Tringali di 33 anni. I corpi si trovavano in due autovetture differenti, le loro rispettive auto. L’ipotesi al vaglio degli inquirenti è quella dell’omicidio-suicidio. Secondo i primi accertamenti, il motivo di tale gesto sarebbe da ricondurre nella loro relazione che non veniva accettata dai genitori della ragazza. Il giovane avrebbe sparato alla testa della ragazza e poi si sarebbe ucciso con la medesima pistola. I Carabinieri hanno trovato la pistola tra il sedile e il freno a mano dell’auto del ragazzo. Una prima ricostruzione ha stabilito che il motivo dell’incontro tra i due era dovuto ad un riallacciamento poiché lui voleva riallacciare con lei ma lei non voleva. A dare l’allarme per quanto accaduto sono stati dei residenti del posto che hanno sentito gli spari e sono accorsi sul luogo e si sono ritrovati di fronte ad una macabra scena.  I Carabinieri comunque stanno svolgendo indagini su quanto accaduto.
 
PORDENONE:  Il 17 marzo scorso nel parcheggio del palasport di Pordenone si è consumato l’atroce delitto di Trifone Ragone e Teresa Costanza.  I due fidanzati sono stati rinvenuti cadaveri all’interno di un automobile parcheggiata nel piazzale antistante il palazzotto dello sport di Pordenone. Ricordiamo che Trifone Ragone era un Sottoufficiale dell’Esercito e prestava servizio al 132/o Reggimento Carri di Cordenons. L’allarme è stato lanciato da un istruttore di judo che ha notato la macabra scena dopo essere uscito dal palazzetto dello sport dopo aver fatto allenamento. I fidanzati presentavano colpi di arma da fuoco alla testa. Poco prima che vi fosse il ritrovamento da parte dell’istruttore di Judo, un uomo aveva sentito delle urla. Inizialmente si ipotizzava l’omicidio-suicido, poi lo scenario è cambiato, e il Procuratore della Repubblica di Pordenone Marco Martani afferma che  non si tratta di omicidio-suicidio bensì di duplice omicidio. I dubbi sull’accaduto sono stati chiariti dopo aver analizzato bene la scena. All’interno dell’automobile della coppia non è stata trovata l’arma, ciò dimostra che non si sia trattato di un gesto estremo dei ragazzi. La donna è stata raggiunta da tre proiettili alla testa, l’uomo invece da un proiettile. Tutti i colpi sono stati sparati dalla stessa arma, una calibro 7,65. L’autopsia ha confermato quanto emerso dalla tac cranica eseguita all’indomani dell’omicidio; sei colpi sparati di cui tre hanno colpito lui; uno alla tempia e due alla mandibola. Si ipotizza che Trifone sia stato colpito mentre passava dal lato guida al lato passeggero e non si sia accorto di essere stato colpito, la ragazza invece, si ipotizza, che abbia visto il killer e abbia cercato di mettere in moto la macchina ma invano; ciò sarebbe dimostrato dal fatto che un colpo che è stato schivato, ma gli altri due, non hanno dato scampo alla vittima. L’autopsia ha escluso che la donna fosse incinta.Dopo l’esame autoptico si è passati ad una scoperta importante, gli uomini del Reparto di Investigazioni Scientifiche dell’Arma effettuarono sopralluoghi presso la casa della coppia pochi giorni dopo l’omicidio ed effettuarono anche esami scientifici all’interno dell’auto della coppia uccisa, i Carabinieri del Ris di Parma hanno trovato delle tracce biologiche diverse rispetto a quelle delle due vittime, si tratta di capelli che potrebbero appartenere al killer. Gli investigatori non sottovalutano il ritrovamento avvalorando la tesi che l’assassino, per sparare, sia stato costretto ad introdursi all’interno dell’auto della coppia. Ciò sarebbe confermato dalla circostanza del ritrovamento dei proiettili; soltanto uno è stato rinvenuto all’esterno dell’auto. Ma la prima delusione investigativa arriva proprio dallo strumento che poteva e doveva dare risposta in merito al tragico delitto, le telecamere. Il sistema di videosorveglianza non funzionava. i contenitori per le videocamere erano vuoti e non vi è stata alcuna ripresa, gli obiettivi non ci sono e i cavi sono scollegati. Le quattro telecamere indispensabili davano sul parcheggio, ma non riprendevano nulla, non ha mai funzionato. Ma pian piano saltano delle novità, quarto nuovo testimone che, secondo indiscrezioni, era a pochi metri dal luogo del duplice delitto perché stava posando il suo borsone in auto poiché anch’esso frequenta la palestra di arti marziali. Il testimone avrebbe sentito lo sparo ma in quel momento sarebbe rimasto sorpreso ed incredulo all’idea che nella tranquilla Pordenone potesse avvenire un omicidio e qualcuno potesse impugnare un’arma e sparare tant’è che gli spari gli sono sembrati petardi. L’uomo è stato ascoltato dagli inquirenti e la sua versione coincide con le dichiarazione rilasciate dall’amico della coppia che si trovava nel parcheggio e che li ha visti per ultimo, coincide con la testimonianza del runner che anch’esso ha dichiarato di aver scambiato gli spari per petardi e coincide con la dichiarazione del pesista che ritiene di aver sentito la stessa cosa. Vi era un buco di due ore di Teresa che,  quando è uscita dall’ufficio e ha finito di lavorare ha disdetto il pranzo di lavoro. Questo gap è stato accertato dalle telecamere del Comune di Pordenone che, dopo essere state analizzate dalla Polizia, hanno fatto emergere, senza ombra di dubbio, che Teresa, nel momento in cui è uscita dall’ufficio al termine della mattinata lavorativa e nel momento in cui ha disdetto il pranzo è andata a casa. Dalle telecamere infatti la sua Suzuky Alto Bianca viene vista alle 14.43 ferma all’incrocio tra Via Grigoletti e Via Montereale, quindi minuti dopo la sua macchina viene inquadrata in Via Cavallotti. Quest’ultima strada viene percorsa dalla donna anche la mattina per recarsi in ufficio e tale circostanza è confermata dall’immagine che immortala la presenza dell’auto della donna alle 9.15 che percorre la strada. Altra novità sul caso è la diffusione dell’identikit sul presunto killer della coppia. L’identikit è stato fatto grazie alla segnalazione dei cittadini che hanno visto persone sospette aggirarsi nei pressi della palestra nel periodo successivo all’omicidio. Il procuratore Marco Martani aveva lanciato il seguente appello ai cittadini di Pordenone: “Se avete visto qualcosa di strano parlate” e il risultato è stato l’identikit venuto fuori, sono emersi anche dettagli sui tratti somatici dell’uomo; l’uomo avrebbe un neo sulla guancia. Gli inquirenti hanno ricostruito anche l’abbigliamento e la fisionomia, il giovane avrebbe occhi chiari e – come visibile nell’identikit – aveva un cappello di lana fino alla fronte. Furono vagliare anche diverse piste investigative come detto poc’anzi,  le trasferte della coppia in Svizzera, l’ipotesi è che i viaggi potessero essere legati al mondo degli anabolizzanti o ad interessi economici. Sul profilo facebook della donna è apparsa una minaccia scritta da un 20enne kosovaro che ha scritto: “Ti sta bene, così non vai più in discoteca”. Un aspetto che stanno vagliando però, è quello che il giovane possa aver visto o sentito qualcosa che  ha compromesso definitivamente la sua vita e quella della sua compagna. Tale ipotesi potrebbe risultare attendibile poiché la ragazza poco prima si era recata in quel luogo e aveva parcheggiato lì. Ciò dimostra che se l’assassino aveva come obiettivo la donna, avrebbe potuto agire nel momento in cui lei era più vulnerabile. La pista passionale è sotto la lente d’ingrandimento, si sta analizzando anche il passato delle vittime, dove è emerso che Teresa faceva la cubista e/o ragazza immagine con lo pseudonimo di “Greta”. I due ragazzi erano frequentatori di locali notturni, da quanto emerso. Al setaccio vi sono le email e gli sms dei ragazzi per constatare la presenza o meno di qualcosa di anomalo. La pista mafiosa è stata ipotizata perché lo zio di Teresa Costanza, Antonio Costanza (zio del padre), nel 1995 era sparito, vittima di lupara bianca. I pentiti, in merito alla scomparsa dell’uomo hanno detto che fu ucciso e sepolto in un terreno di Campofranco. La sua morte sarebbe stata decisa da Cosa Nostra perché il soggetto fu indicato come spia che indicava agli investigatori il nascondiglio del boss. 

ANOMALIE: Il primo elemento che accomuna i due casi è il tipo di soggetto deceduto; si tratta di due coppie decedute in auto uccisi morte con un colpo di pistola alla testa. Nel caso di Pordenone c’è la certezza che il killer ha agito in modo clinico e sapesse cosa fare ergo avesse dimestichezza con le armi e riflessi pronti, ma nel caso di Messina? Era due soggetti in due macchine diverse, lei avrebbe potuto fuggire o tentare di la fuga. Si attende comunque il referto autoptico. L’elemento delle coppie morte in auto è un elemento che riporta alla mente i sanguinosi delitti del Mostro di Firenze dove a morire erano proprio delle coppie all’interno delle proprie auto, ignare e impossibilitate a difendersi, proprio come è successo a Pordenone. Altro elemento che accomuna i due casi è la scena del crimine; il parcheggio. A Pordenone i due giovani sono morti in un parcheggio e a Messina pure. Da quanto emerge, i colpi sono stati sparati alla testa (Caso Messina), esattamente come nel caso di Pordenone, quindi chi ha sparato sapeva dove colpire e come uccidere. Entrambe le coppie sono morte in luoghi facilmente accessibili tant’è che a Messina alcune persone sono accorse sul posto per vedere la macabra scena dopo aver sentito gli spari e a Pordenone c’era tanta gente nel parcheggio. A Messina è stata ritrovata l’arma del delitto, e questo è un elemento che sicuramente distingue i due casi, ma la scena potrebbe essere stata alterata. Bisogna ricordare che Teresa aveva origini siciliane e nella sua famiglia era avvenuto un terribile fatto di lupara bianca poiché Antonio Costanza (zio del padre), nel 1995 era sparito.  I pentiti, in merito alla scomparsa dell’uomo hanno detto che fu ucciso e sepolto in un terreno di Campofranco. La sua morte sarebbe stata decisa da Cosa Nostra perché il soggetto fu indicato come spia che indicava agli investigatori il nascondiglio del boss. Campofranco si trova a Caltanissetta e Caltanissetta dista da Messina poche ore. Se il killer fosse uno? Se quanto avvenuto a Messina fosse un omicidio? Sono ipotesi, ma le anomalie tra i due casi sono tante. 

Cronaca

Milano, droga agganciata con calamite sotto l’auto: arrestato un 27enne dopo inseguimento [VIDEO]

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La Polizia di Stato ieri pomeriggio a Milano ha arrestato un cittadino marocchino di 27 anni, irregolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia, per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

Gli agenti del Commissariato Mecenate, verso le ore 13, nel corso di uno specifico servizio di contrasto allo spaccio di droga, hanno intensificato l’attività di osservazione e controllo all’interno del Quartiere Ponte Lambro e viale Ungheria dove hanno notato una vettura utilitaria parcheggiata a bordo strada con un uomo in piedi che parlava con il conducente seduto a bordo della stessa.

Una volta avvicinatisi con la vettura civetta, i poliziotti hanno richiesto l’ausilio di una volante perché la vettura attenzionata, risultata intestata a una società di leasing, aveva ripreso la marcia a velocità sostenuta in direzione di via Mecenate.

Ne è nato un inseguimento fino a via Garavaglia, strada senza uscita, dove il conducente è sceso scappando lungo le vie Forlanini, Barigozzi e Via Cossa dove, entrato in un giardino condominiale, è stato preso e sottoposto a controllo: all’ingresso di via Garavaglia, a bordo strada, i poliziotti hanno rinvenuto un involucro in plastica bianco elettrosaldato a palloncino contenente grammi 1,2 di cocaina e, all’interno della vettura che lì aveva abbandonato, una banconota da 50€ nel vano portaoggetti e, sotto la scocca, due scatole in acciaio di caramelle, agganciate mediante alcune calamite, al cui interno vi erano dieci involucri contenenti 10 grammi circa di cocaina.

L’uomo è stato arrestato e posto nelle camere di sicurezza della Questura in attesa di essere giudicato per direttissima.

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Castelli Romani

Monte Compatri, Agnese Mastrofrancesco nuovo consigliere di Città Metropolitana

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“Nel giorno del mio compleanno, tra messaggi, post e telefonate, ne è giunta una veramente diversa dal solito” inizia così il post di Agnese Mastrofrancesco, consigliere comunale di Monte Compatri e già assessore all’Urbanistica che nel giorno del suo compleanno riceve una notizia davvero inaspettata: “La Segreteria Generale della Città Metropolitana, ovviamente non per farmi gli auguri di compleanno, ma per comunicarmi che presto farò parte del Consiglio che siede a Palazzo Valentini, come consigliere”.

Una notizia davvero eclatante per la cittadina di Monte Compatri che non aveva rappresentanti in seno a quella che un tempo era la provincia di Roma da almeno quarant’anni.

Agnese Mastrofrancesco, mamma di due bambini, eletta in Consiglio Comunale per ben quattro mandati consecutivi diventa la prima donna di Monte Compatri a sedere a Palazzo Valentini.

L’abbiamo contattata telefonicamente, oltre che per farle le nostre personali congratulazioni, per avere, a caldo, le sue prime impressioni su questo nuovo incarico.


Consigliere Mastrofrancesco prima di tutto le nostre congratulazioni. Se l’aspettava?
Sapevo che sarebbe stato difficile, ma come per tutte le cose, dobbiamo sempre crederci, perché prima o poi, la ruota gira e può arrivare anche il tuo momento. Quindi non ero certa, ma ci ho creduto fino ad oggi.


Ora il suo impegno politico raddoppia: quali saranno le sue priorità per Città Metropolitana?
Io credo che fare politica è un impegno grande, come grande deve essere la passione nelle cose che uno fa ed in cui crede. Dopo una gavetta, all’ interno del comune di Monte Compatri, posso dire di essere pronta a portare le mie energie anche nel consiglio di Città Metropolitana, dove cercherò di essere sempre dalla parte dei più deboli, di quelli che non vengono mai ascoltati o peggio ancora visti.


Tanti i messaggi di congratulazioni all’indirizzo della neoconsigliere Mastrofrancesco prima su tutti quello della consigliere regionale Laura Corrotti che dalle sue pagine scrive:

l’onorevole Laura Corrotti insieme alla neoconsigliere di Città Metropolitana Agnese Mastrofrancesco

“Congratulazioni a Agnese Mastrofrancesco, consigliere comunale di Monte Compatri, che da oggi entra ufficialmente in Città Metropolitana. Sono certa che il percorso portato avanti negli anni si svilupperà sempre di più e contribuirà al miglioramento del territorio di Roma e della sua Provincia” a cui fanno eco moltissimi consiglieri comunali dei Castelli Romani.
Fa rumore la mancanza di un messaggio alla neoeletta da parte dell’amministrazione Comunale di Monte Compatri, paese in cui la Mastrofrancesco è da oltre 15 anni Consigliere Comunale.

A nome della redazione tutta auguriamo alla neoconsigliere di Città Metropolitana un buon lavoro.

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Cronaca

Roma, aggressione omofoba in via della Pisana: il racconto di una delle vittime

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“Mercoledì esco assieme ad un amico. Una serata in allegria ci salutiamo e, come il solito, tra amici ci diamo un bacio e da li è iniziata l’aggressione”.
È l’inizio del triste racconto di Gianluca che mercoledì a Roma è stato vittima, assieme ad un amico, di un attacco omofobo da parte di alcuni ragazzi di nazionalità egiziana al grido:
“Questa è casa nostra e voi froci qua non dovete stare”.

Non siamo nella periferia della capitale ma in via della Pisana, un quartiere che di certo rappresenta quella che comunemente è definita “Roma bene”.

Una serata davvero da dimenticare per Gianluca ed il suo amico che al di là dell’aggressione verbale vengono colpiti da bottiglie di vetro scagliate con l’intento di fare davvero male ma per fortuna senza troppi danni fisici: “il mio amico, ci dice, il giorno dopo si è trovato le gambe graffiate per i vetri”.

Una vera aggressione squadrista che dimostra, ancora una volta, la troppa insicurezza che percorre la Capitale: “abbiamo sentito un rumore metallico … ci stavano lanciando bottiglie di vetro che poi hanno raggiunto dei segnali stradali quindi ci siamo trovati i vetri addosso, aggiunge Gianluca , e poi in gruppo sono venuti verso di noi urlando”.

Gianluca ed il suo amico hanno sporto denuncia ai Carabinieri perché, ci dice “Queste aggressioni debbono terminare”. E poi aggiunge: “Debbo davvero ringraziare la disponibilità delle forze dell’ordine perché dopo l’aggressione verbale ci siamo immediatamente diretti presso la caserma. Abbiamo raccontato quello che è successo e subito una pattuglia è intervenuta sul posto identificando il gruppo”.

“Addirittura, prosegue, sono stati così cortesi che si sono pure offerti di riaccompagnarci a casa perché la paura che avevamo quel momento era davvero tanta”.

A quanto ci racconta i carabinieri conoscono gli aggressori, già schedati per alcuni precedenti, e, a quanto ci è dato a sapere, delinquenti abituali ma purtroppo, come succede in molte zone della Capitale “non c’erano telecamere”, aggiunge Andrea.

Lo sgomento è tanto perché avviene in una delle zone più tranquille della Capitale ed Gianluca, che vive da tempo a Roma, ci dice con molta tristezza negli occhi che non si era mai trovato in una situazione del genere e la paura ormai lo attanaglia.

Davvero esemplare il comportamento degli uomini dell’Arma dei Carabinieri che dimostrano, ancora una volta, il loro alto senso istituzionale ed umano.

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