Lo avevamo già previsto. Il Venezuela sarebbe sprofondato, in breve tempo, nel caos più totale e nella guerra civile, e così è stato.
Un Paese ricchissimo di risorse naturali come petrolio, miniere d’oro, allevamenti bovini e ovini estensivi di grande pregio. Ma i regimi comunisti che, per decenni, lo hanno dominato, non sono stati in grado di valorizzare tutta questa ricchezza che negli anni cinquanta e sessanta aveva attratto migliaia di nostri connazionali. È pur vero che c’era da aspettarselo, dato che mai il comunismo ha portato benessere alle popolazioni che ha governato.
Nel frattempo il Governo italiano pare non sappia che pesci prendere sulla crisi venezuelana che, è bene ricordarlo, ci coinvolge direttamente visto il numero di nostri connazionali che lì vivono. Trump, invece, pensa ad una improbabile invasione militare. I russi e i cinesi, soffrendo di sindrome da falce e martello, sono propensi a difendere Maduro pur essendo evidente il fallimento del suo malgoverno. Nel frattempo, la gente soffre la fame vera, ed è spesso priva di energia elettrica, medicinali e assistenza sociale; sono tantissimi che premono sulla frontiera brasiliana, anche perché il sangue comincia a scorrere per le strade fra la quasi indifferenza dei media stranieri. A questo punto riteniamo che l’unica alternativa possibile sia il passaggio di consegne al leader dell’opposizione Guaidó che, almeno negli ultimi giorni, è in evidente difficoltà per il mancato appoggio di gran parte dell’esercito schieratosi con Maduro. Un presidente degno erede di quel Chavez che non poco ha contribuito, con la sua scellerata politica economica, a gettare le basi del fallimento odierno del grande paese sudamericano. Per scongiurare una totale guerra civile, che avrebbe disastrose conseguenze sulla popolazione e ripercussioni internazionali pericolose per la stabilità dell’area, auspichiamo che le pressioni politiche e quelle della piazza facciano ammainare la bandiera rossa ed alzare quella della rinascita nazionale e della libertà.