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di Simonetta D'Onofrio
Più che Marchionne, o Farinetti, gli industriali individuati dalle organizzazioni sindacali come i maggiori beneficiari dei provvedimenti governativi in tema di lavoro, chi ha profittato della maggiore flessibilità introdotta dal Jobs Act sono state le piccole e medie imprese, come conferma l’osservatorio della Confederazione Nazionale dell’Artigianato.
Nel mese di marzo 2015, il primo in cui è possibile valutare le variazioni legate al contratto a tutele crescenti, le assunzioni a tempo indeterminato nelle imprese collegate alla federazione sono aumentate del 54% rispetto allo scorso anno, passando dagli 865 del marzo 2014 ai 1337 del mese scorso. L’incremento ha compensato abbondantemente il calo di assunzioni a tempo determinato, per un incremento complessivo di oltre l’otto per cento.
Oltre all’aumento nel numero di lavoratori impegnati, la caratteristica che mette il luce l’osservatorio sul lavoro della CNA è lo spostamento verso la forma più tutelata. Rispetto al mese di agosto, quando i contratti a tempo indeterminato erano il 20,9 % del totale, nel giro di otto mesi la percentuale è praticamente raddoppiata: oltre il 41% dei nuovi contratti è senza scadenza programmata.
Anche il saldo totale (nuove assunzioni contro cessazioni), ha un saldo positivo, con 3.245 nuovi ingressi contro 2.674 uscite, con un aumento dello 0,5% su base mensile, un dato che lascia ben sperare nel futuro.
Se la crisi ancora sta facendo sentire i suoi effetti sulle famiglie italiane, e la pressione fiscale è per molti ancora a livelli difficilmente sostenibili, le imprese artigiane hanno incrementato la fiducia nella ripresa.
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