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Editoriali

Patto del Nazareno. Si dimette il relatore di Forza Italia, Paolo Francesco Sisto

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Tempo di lettura 2 minuti Dopo la rottura del patto, il primo passo di Berlusconi è una marcia indietro sulle riforme

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di Silvio Rossi

 

Lo aveva annunciato l’altro giorno Silvio Berlusconi: per Forza Italia il patto del Nazareno può considerarsi concluso, da oggi in poi voteremo solamente le riforme che ci piacciono.
Il primo atto di questo cambio di posizione è rappresentato dalle dimissioni da relatore del testo sulle riforme dell’onorevole Francesco Paolo Sisto, uno degli elementi più dialoganti nel panorama del partito di centrodestra, che fino a ieri condivideva parte del percorso col governo.
Con le dimissioni odierne si ufficializza il passaggio di Forza Italia da una forma intermedia di “opposizione ma non troppo”, a una più decisa avversione rispetto alle scelte dell’esecutivo, azione attesa dopo lo strappo in seguito all’elezione del Colle, ennesimo “coup de theatre” dell’ex Cavaliere, sempre pronto a sparigliare il tavolo, chiunque sia il suo interlocutore.
Ora bisogna vedere quali saranno le conseguenze a questa decisione. Il governo, da parte sua, per voce del ministro Boschi ha affermato che le riforme non si bloccheranno, e che la maggioranza ha i numeri per proseguire il cammino. Il rischio, per Berlusconi è la sostituzione del suo partito con altre formazioni (potrebbero essere avvicinati i parlamentari di SEL o i dissidenti grillini), con la modifica del testo previsto, in particolare per l’Italicum, verso scelte non facilmente digeribili a Piazza San Lorenzo in Lucina.
Se da una parte la rottura rischia di mettere in discussione i punti di mediazione raggiunti negli incontri al Nazareno, la posizione di netta opposizione permette a Berlusconi di partire all’attacco contro il governo a 360 gradi, riaprendo quel clima da perenne campagna elettorale in cui il leader del centrodestra si trova molto a suo agio.
Oltretutto, proseguire gli incontri con Renzi avrebbe rischiato di far perdere quella parte di elettorato più radicale, che stava allontanandosi dalle scelte “soft” per avvicinarsi al polo che si stava organizzando intorno a Salvini e la Meloni, che stanno crescendo nei sondaggi, proprio a scapito di Forza Italia.
A questo punto ci s’interroga sulle scelte che farà Denis Verdini, colui che è stato il collante del patto, e che conta su alcuni suoi fedelissimi, come Luca D’Alessandro, Massimo Parisi, Altero Matteoli, e secondo alcune indiscrezioni anche un collaboratore stretto di Berlusconi come Gianni Letta.
L’ex sottosegretario all’epoca dei governi del PDL è uomo di mediazione, non certo a suo agio nella contrapposizione. Verdini e i suoi hanno poco gradito la scelta di Berlusconi, tanto da dichiarare "Matteo non fa prigionieri, lo ammazza".
Tra breve, dopo il passaggio in aula della riforma elettorale, prevista per il prossimo sabato, le posizioni delle fazioni interne al partito si delineeranno più chiaramente, e le possibili alleanze con la parte più estrema dello schieramento o con le componenti più centriste legate idealmente ad Alfano e al Nuovo Centro Destra, rischiano di dare uno scossone tale da far ipotizzare una scissione.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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