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di Simonetta D'Onofrio
Il parmigiano non è un prodotto qualsiasi, uguale agli altri, bensì è uno dei più rappresentativi del made in Italy in tutto il mondo, frutto di un’accurata lavorazione. Ciò nonostante, in questo periodo sta attraversando una crisi profonda. Non è la prima nel settore. Il dopoterremoto in Emilia ha profondamente influito e gli strascichi sono tutt’oggi ancora molto evidenti. A determinare la difficoltà nella filiera del formaggio emiliano ci sarebbe una forte riduzione nella produzione, con un calo evidente anche nelle esportazioni. I rivenditori accusano le conseguenze sul margine di profitto, che vede una sensibile contrazione per il costo al dettaglio, dove si può trovare l’eccellenza emiliana anche a 10 euro al kilogrammo.
Diversi i fattori che derivano direttamente dalla crisi generalizzata che vivono le famiglie italiane, dove assistiamo a una limitazione dei consumi, costrette ad acquistare un formaggio simile che sul mercato ha costi al dettaglio inferiori, che vede più passaggi tra il produttore e il distributore, rendendo il sistema appesantito dai diversi costi, che portano gli allevatori a non coprire le spese di gestione. Lamentano anche il sottocosto costante del prodotto ai grandi commercianti, che ha portato in pochi anni il pregiato formaggio a essere acquistato mediamente nel 2012 a un prezzo 9 euro, nel 2013 a otto euro fino ad arrivare a 7 euro. Per l’anno in corso il Consorzio che gestisce il marchio “Parmigiano Reggiano”, il quale rappresenta circa 400 produttori, ha diminuito la produzione delle forma di Parmigiano Reggiano del 5 per cento.
In questi giorni il tema della crisi del Parmigiano Reggiano è approdato in Senato, in commissione Agricoltura che ha visto la partecipazione dei vertici del Consorzio di tutela, i quali hanno illustrato le loro ragioni ai politici. Il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai, ha detto :“In una situazione che registra pesanti difficoltà a carico di tutti gli allevamenti – ma con aggravi specifici per quelli operanti in montagna e per i giovani allevatori che si sono insediati più recentemente non è pensabile che possa essere lasciata al mercato una selezione fra allevatori e caseifici che indebolirebbe tutto il sistema”. Critica invece è la posizione presa dalla Coldiretti che ha posto i dubbi sulla gestione da parte del Consorzio, ribadendo come sia importante valorizzare correttamente il prodotto con una corretta campagna mediatica e non puntare la sua diminuzione. Infatti il vicepresidente nazionale della Coldiretti, Mauro Tonello, nell’audizione ha detto: “Prima di pensare alla riduzione della produzione il Consorzio dovrebbe tornare a valorizzare il prodotto in Italia e all’estero, che in questi anni è stato abbandonato o ceduto nelle mani di altri soggetti, facendo il lavoro che gli compete”.
Si aggiunge anche la preoccupazione generalizzata che potrà derivare dalla cessazione del regime comunitario delle quote latte. Tutto ciò a breve potrà determinare un drastico cambiamento nel settore produttivo, con mercati meno stabili che a lungo andare condizioneranno tutti i formaggi che appartengono alle filiere dei formaggi Dop.
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