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di Matteo La Stella
All'interno della rubrica “cittadini in divisa” in onda su Radio Radicale, curata dal 2010 da Luca Marco Comellini, interviene in qualità di ospite l'ex pm, ministro e fondatore dell'Italia Dei Valori Antonio Di Pietro. Il tema centrale dell'intervista è il discorso di fine anno del capo dello stato Giorgio Napolitano. Di Pietro ha troppi sassi nello zaino ed è pronto a liberarsene a modo suo. Il patriarca IDV, coltello tra i denti e morso serrato, rompe la campana di vetro che protegge gli esponenti di spicco della politica nostrana e coglie l'occasione per sferrare duri colpi. L'ex pm “Apre il fuoco” sul Presidente della Repubblica, elevato dalla stampa a Re Giorgio, sostenendo che questa carica gli sia stata conferita per evidenziare come, al tramonto del suo lungo mandato, non abbia svolto il suo ruolo correttamente.
Lo paragona ad un arbitro che invece di fischiare il fallo lascia giocare, quasi passivo all'ambiente politico circostante. Del discorso di Capodanno dice di non aver incamerato nulla: – "Un discorso preconfezionato, studiato e strutturato per raccontare ai cittadini una favola”- , favola che sembra non esserci. Il presidente Napolitano parla della diffusione di -”senso della legge e senso della costituzione”-, nell'intervista viene fuori però il suo primato di provvedimenti emanati e poi giudicati incostituzionali.
Oltre alla difficoltà nel seguire il discorso di Capodanno, ormai ricco di termini aulici adatti ad un pubblico di letterati e non per trasmettere concetti ad una nazione, non si ravvisa dove è finito quel “tatto” con cui i presidenti del passato entravano nelle case degli italiani in punta di piedi, sempre fieri e consapevoli della loro carica, capaci di spiegare e al contempo rassicurare la nazione sui problemi del momento. Si pensi a Pertini che, nel 1978, dopo la scomparsa di Aldo Moro, in un'Italia violentata dal terrorismo, non perse di vista l'obiettivo e confidò nella nazione che poteva superare il momento di grave difficoltà, come ha già fatto in precedenza al termine della seconda guerra mondiale. Nel suo discorso alla nazione, Napolitano richiede gli ingredienti per-“Ricreare quel clima di consapevolezza e mobilitazione collettiva che animò la ricostruzione post bellica”- .
Proprio volgendo lo sguardo al passato, nell'intervista si fa un passo indietro nel tempo. Fino al 1989 Napolitano era ministro degli esteri del PCI ed è una colonna portante della corrente migliorista all'interno del partito, corrente che intende “migliorare” le condizioni dei lavoratori senza però cambiare lo schema costitutivo del capitalismo. La strada che sognano i miglioristi è molto vicina a quella che percorrono i socialisti di Craxi e risultano per anni politicamente molto vicini. Le cose però cambiano e lo stesso Craxi nel 1993 accusa, di fronte all'allora pm Antonio Di Pietro, Giorgio Napolitano di aver taciuto i finanziamenti sovietici che avevano sostenuto per anni il PCI. Viene allora chiesto all'ex pm come mai quest'ultimo possa essere rimasto impunito. Colpa dell'amnistia globale, spiega lui , che cancella vari reati tra cui il finanziamento occulto ai partiti sanando di conseguenza la posizione dei vari esponenti del PCI tra cui proprio il Presidente. Di Pietro e mani pulite arrivano dopo . Napolitano è già parte integrante del PDS ( Partito Democratico della Sinistra) che raccoglie tutti i componenti della sua corrente. Chiusi i rubinetti sovietici, ai miglioristi non resta che costruire impresa con cooperative “rosse”che a loro volta finanziano il partito. Nel 1992, nell'inchiesta mani pulite a Milano, Di Pietro ferma molti miglioristi ed alcune coperative. Dice di essere costretto a circoscrivere la sua indagine su questo filone milanese, poiché -”Quando vedevano che li fermavamo tutti”- la procura romana creò il conflitto di interessi, determinante nel bloccare le competenze all'ombra del Colosseo dell'allora pm e, magari, agevolando la reiterazione dei meccanismi che potrebbero portare fino alla Mafia Capitale dei giorni nostri.
Continua l'intervista. Di Pietro “ricarica” e prende di mira il presidente del consiglio Matteo Renzi: ce ne è anche per lui. Oggetto nei giorni scorsi di pesanti polemiche per l'approvazione dell'articolo 19 bis ,di cui si dice all' oscuro, e per la deviazione di un Falcon 900 dell'aereonautica militare che in vista delle vacanze di fine anno, accoglie lui e famiglia per atterrare ad Aosta. “Renzi ci fa e non ci è” afferma l'ex ministro del governo Prodi, che lo accusa di vendere fumo agli italiani che prende costantemente per i fondelli.
Radio Radicale al termine dell'intervista prende le distanze dalle critiche al Capo dello Stato. Ma resta il fatto che ci piace così com'è vera come lo è stato Di Pietro, coscienti sempre dei limiti che hanno rispettivamente rispetto al tema trattato. La situazione Italiana odierna, a prescindere dalle dichiarazioni di Di Pietro resta complessa.
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