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Resident Evil 2, il remake di Capcom è un capolavoro

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Il remake di Resident Evil 2 è finalmente realtà. Capcom l’ha fatto davvero e ha superato di gran lunga le aspettative dei fan lanciando, su pc, Xbox One e Ps4, un titolo completamente rivisitato, ma che mantiene il pieno rispetto di tutto ciò che c’era di buono nel gioco originale. Quindi non un prodotto con solo una veste grafica del tutto nuova, ma un remake con una visuale di gioco più moderna, enigmi migliorati, senza nessun tempo di caricamento ogni volta che si apre una porta e con una trama più approfondita. Se a questo si aggiungono nuovi filmati, nuove aree di gioco e un gameplay assolutamente sensazionale, viene da sé che Resident Evil 2 in versione 2019 rende onore al prodotto originale, regalando le stesse emozioni che si provavano 21 anni fa. Il più grande merito dell’opera di Capcom risiede nel fatto che con la sua uscita, non solo chi ha avuto la fortuna di giocare all’originale potrà rivivere le stesse emozioni di un tempo, ma la nuova generazione di gamers potrà apprezzare quello che è stato il trampolino di lancio a livello di trama per i capitoli successivi della serie. E lo potrà fare giocando a un titolo moderno, fluido ed estremamente al passo con i tempi. Dopo questa breve, ma doverosa introduzione passiamo all’analisi di Resident Evil 2. Sono passati appena due mesi dall’incidente di Villa Spencer, dal primissimo scontro col l’orrore biologico scatenato dalla follia dell’Umbrella Corporation. Una volta avviato il gioco bastano appena 10 minuti, il tempo di assistere al primo incontro tra Leon S. Kennedy e Claire Redfield, per cogliere i tratti della dichiarazione d’intenti di Capcom per questo capitolo. Nella tetra penombra di una stazione di servizio appena fuori i confini di Raccoon City, lo sviluppatore comincia sin da subito a calcare i tratti della sua promessa: quella di dare una nuova vita a incubi vecchi di vent’anni. Prima che un’autocisterna fuori controllo arrivi a separare Leon e Claire, segnando l’inizio della loro discesa verso le profondità della città in rovina, una sequenza introduttiva giocabile mette subito in chiaro quale sia l’obiettivo di Capcom per il suo remake e, cosa apprezzabile solo da chi ha giocato l’originale, mette in mostra le prime fantastiche differenze rispetto al passato. Se gran parte degli eventi raccontati in Resident Evil 2 seguono la sceneggiatura originale del gioco, le nuove esigenze narrative dell’utenza hanno offerto alla software house una preziosa opportunità per reinterpretare, con grande rispetto e cura, alcuni dei momenti chiave della trama. Una revisione che si traduce in una messa in scena d’effetto, composta di cutscene che strizzano l’occhio alla cinematografia di genere e traggono forza da una fotografia a dir poco sensazionale volutamente cruda e avvolgente. La regia virtuale ammalia i sensi del giocatore alternando momenti di grande dinamismo e rimandi alle inquadrature fisse tipiche della serie, assecondando le necessità di un copione che punta chiaramente a ridefinire i tratti dei suoi protagonisti, con una caratterizzazione più approfondita e meno macchiettistica. L’obiettivo, a nostro avviso centrato in pieno, è quello di costruire un racconto più intenso e credibile. Muovere i primi passi dopo aver varcato le soglie della stazione di polizia fa correre un brivido gelido lungo la schiena, un brivido fatto di ricordi e sensazioni già conosciute, emozioni che hanno fatto da sottofondo a un’avventura che ha segnato le vite dei giocatori più attempati. La scelta di non riproporre pedissequamente i tragitti già percorsi, senza però abbandonare i ritmi e le caratteristiche del DNA ludico della serie, è a nostro avviso un espediente davvero ben realizzato. Chiunque vorrà arrivare alla fine vivo e scoprire gli orrori che hanno portato all’apocalisse di Raccoon City, proprio come accadeva 21 anni fa.

https://youtu.be/aYeYbqmaff4

Resident Evil 2 è ancora un survival horror in terza persona “puro” che non sfocia mai nell’action frenetico a discapito del ragionamento e della risoluzione degli enigmi. Enigmi che trovano in questo remake una contestualizzazione ben più verosimile di quella di un tempo, dimenticando statue da ricollocare e lampadine da accendere secondo un ordine preciso. Tale approccio, nell’economia generale di gioco, dà vita a due grandi vantaggi: da una parte impedisce che gli esperti del capitolo originale subiscano il logoramento di un costante “déjà vu”, e dall’altra rende più intuitiva la risoluzione dei rompicapo, senza per questo banalizzarli. Quest’ultimo aspetto, tra l’altro, influisce positivamente sul ritmo dell’avanzamento, limitando al minimo i tempi morti generati dalla sensazione di smarrimento che si ha quando non si sa come proseguire. Un’accelerazione a cui contribuisce anche, come già detto all’inizio, la totale assenza di sequenze di caricamento tra una stanza e l’altra con porte scricchiolanti che si aprono a interrompere il flusso dell’azione. Nel complesso insomma, tutte le operazioni di “restauro” del gameplay volute da Capcom sono state pensate per supportare al meglio la “qualità della vita” dei giocatori e svecchiare le meccaniche che avrebbero appesantito la giocabilità e annoiato i gamers odierni. Ottimo ad esempio l’idea di inserire le zone della mappa che cambiano colore una volta raccolti tutti gli oggetti nell’area (dinamica presente già nel Rebirth del primo capitolo), o la spunta rossa che appare quando una chiave ha esaurito la sua utilità e può essere tranquillamente scartata dall’inventario. Queste sono modifiche che, all’atto pratico, non danneggiano in alcun modo le sfumature hardcore dell’esperienza, ma si limitano a migliorarne la fruibilità generale affiancandola agli standard dell’industria contemporanea. Così facendo l’anima di Resident Evil 2 che mette gli utenti in bilico tra la necessità di risparmiare risorse preziose e la snervante ostilità del mondo di gioco è completamente intatta e la tensione resta viva proprio come 21 anni fa. In questo nuovo remake del classico del 1998 grande attenzione è stata data al comparto sonoro, la quasi totale assenza di accompagnamento musicale, eccezion fatta per specifici momenti e sequenze, massimizza gli effetti ansiogeni di una sinfonia di sinistri scricchiolii e versi gutturali, interrotta di tanto in tanto per fare spazio al forsennato calpestio di un abominio in avvicinamento. Non solo in Resident Evil 2 il suono è un’inesauribile fonte di sgomento, ma gli sviluppatori sono riusciti a integrarlo con astuzia in ogni aspetto del gameplay. Esempio culminante sono i Licker, i quali non attaccano il protagonista se questo si muove tanto lentamente da non emettere alcun rumore percepibile, aprendo la strada ad approcci più stealth. Ma la brillante crudeltà del sound design fa sì che i loro versi disarticolati si facciano improvvisamente più intensi quando il personaggio si trova nelle loro immediate vicinanze, con l’intenzione di spingere il giocatore a calcare bruscamente il pollice dando il via a uno scatto rivelatore. Tremendo è anche l’incedere del possente Tyrant T-103, i cui passi si fanno ben presto una compagnia costante, che anticipa l’arrivo di un pericolo dall’immonda crudeltà. In questo senso, l’audio binaurale si conferma una delle armi più efficaci in mano agli uomini di Capcom, che sono riusciti a modellare un vero e proprio inferno fatto di atmosfere che, per la gran parte dell’avventura, lasciano con il fiato sospeso, la bocca aperta e gli occhi sgranati. Squisito poi il doppiaggio tutto in lingua italiana che rende l’avventura ancora più immersiva e di facile comprensione anche per chi non conosce l’inglese.

https://youtu.be/aYeYbqmaff4

A livello di gameplay, poi, l’ottimo sistema di shooting messo in piedi per questo remake di Resident Evil 2 non ammette errori. La precisione delle armi, modificabili scovando kit nascosti, è fortemente influenzata sia dal tempo speso per inquadrare il bersaglio, sia dalla lentezza dei movimenti della levetta, e capita spesso che una pressione istintiva si traduca in un colpo a vuoto. Essendoci una quantità limitata di munizioni, ed essendo necessario un buon numero di proiettili per abbattere i non morti e gli altri abomini, lo spreco di colpi risulta essere un “danno” grave. Inutile sottolineare che, in linea con quanto accadeva nel lontano 1998, quasi tutti i nemici hanno poi la spiacevole tendenza a rialzarsi nel caso in cui i colpi sparati non siano precisi in testa. Tale comportamento porta quindi a dover approfittare dei movimenti lenti degli zombi per poter fuggire senza dover utilizzare un numero maggiore di munizioni. Inutile dire che trovarsi dinanzi a un boss sguarnito di colpi si traduce in morte certa. Sempre parlando di boss fight possiamo dire che queste si attestano generalmente su buoni livelli e rappresentano un netto passo avanti rispetto alle controparti viste nel 1998. Un complimento che si può estendere senza fatica anche a un level design ispirato e leggibile, che rispecchia pienamente le ambizioni di Capcom per la produzione. Questo nuovo Resident Evil 2 infatti non solo porta su schermo una rivisitazione interessante della capitale dell’impero Umbrella, ma lo fa assemblando un complesso di ambientazioni di grande impatto scenico, senza mostrare mai tentennamenti sui fronti della navigabilità e della caratterizzazione. La nuova avventura di Capcom garantisce poi al pubblico un corposo quantitativo di dettagli inediti, allargando l’abbraccio della narrazione per dare maggiore consistenza ad eventi e personaggi, come il capo della polizia Irons e la straziante vicenda del proprietario del negozio di armi. Apprezzabile anche il modo in cui il team di sviluppo ha sintetizzato e ridefinito le sequenze di Ada e Sherry, ora dotate di un’identità più riconoscibile. Ognuna delle due sezioni, infatti, si apre a interessanti variazioni sul tema della sopravvivenza horror, focalizzandosi ora sulla risoluzione degli enigmi, ora sullo stealth puro. Quella di Sherry porta poi nell’unica location totalmente nuova del titolo: un inquietante orfanotrofio sulla cui storia non vogliamo rivelare nulla. Questo spettrale ricettacolo di sogni infranti ci offre un eccellente palcoscenico per svelare che, sì, esistono effettivamente due scenari per ciascun protagonista. E’ bene sottolineare che a differenza dell’originale, il remake di Resident Evil 2 non contempla nessuna interazione dinamica tra le campagne di Leon e Claire (Claire 1 e Leon 1, Claire 2 e Leon 2). Optando per un prima run in compagnia dell’audace studentessa, ad esempio, ci si troverà a seguire un percorso che, in particolar modo all’inizio e sulle battute conclusive, mette in scena qualche piccola ma significativa differenza rispetto alla medesima campagna giocata in seconda battuta. Va sottolineato che, a prescindere da quale avventura si decida di giocare e dall’ordine scelto, le sfide proposte dal gameplay nelle diverse location saranno sempre fondamentalmente le stesse. Questo nodo chiave, unito alla necessità di affrontare almeno uno “scenario 2”, sbloccato dopo il primo completamento, per accedere al vero finale, fa sì che il secondo playthrough perda una fetta notevole della sua potenza. Come di consueto, l’arrivo dei titoli di coda coincide con l’attribuzione di un rango, che va da E a S, alle imprese degli utenti, che determina lo sblocco di ricompense speciali. E se questo non bastasse a convincervi del fatto che il Resident Evil 2 ha tutto il potenziale per essere un gioco che garantisce una longevità di alto livello, sappiate che l’offerta ludica comprende anche diverse modalità extra, tra cui l’iconica “The 4th Survivor”.

Si tratta, come intuibile, di una modalità sopravvivenza che spinge i giocatori a ripercorrere tutte le principali tappe della campagna nei panni di Hunk, un agente speciale dell’Umbrella, con risorse limitatissime da centellinare con letale efficienza contro una quantità semplicemente fenomenale di nemici. Ecco, se già il livello di difficoltà standard della campagna riesce a offrire un buon grado di sfida, e quello estremo lo raddoppia senza sforzo, sappiate che si tratta di solo di un piccolo assaggio rispetto alle prove che si celano nel menù degli extra. E’ bene sottolineare poi che al contenuto preesistente del titolo si aggiungono sfide extra e collezionabili da individuare e distruggere, che sbloccheranno dei contenuti bonus nella galleria di bozzetti e modelli 3D, oltre ad alcuni costumi per i protagonisti. Menzione d’onore, poi, va fatta per la stabilità del software, che in tutta la durata del nostro testing non ha mai subito un crash o manifestato glitch, il tutto senza ingombranti patch day-one e con meno di 25 GB di spazio occupato su disco. Prima di descrivere l’aspetto estetico del titolo è bene sottolineare la particolare importanza che hanno assunto le armi secondarie. Bombe a mano, coltelli da battaglia o flashbang non solo potranno essere utilizzate in qualsiasi momento, ma in caso d’incontro troppo ravvicinato con un nemico, si potrà utilizzare l’arma in possesso per creare un’immediata via di fuga, seguendo semplicemente l’indicazione a schermo. La gestione del menù del giocatore, altro marchio di fabbrica della saga, è stato poi leggermente rivisto e velocizzato. Gli oggetti curativi, per esempio, non potranno essere raccolti e consumati quasi in contemporanea, ma dovranno prima passare dal menu dove saranno prima depositati, quindi selezionati e usati. Un buon compromesso tra passato e presente insomma. Sono cambiati, invece, i puzzle ambientali, snelliti nella formula, ma non nella sostanza, tra specifiche chiavi da trovare, scaffali da spostare e combinazioni da dedurre. Il tutto nel rispetto di un rinnovato approccio che tende a voler dare maggiore dinamicità all’azione di gioco. A livello grafico gli ambienti di gioco proposti nel nuovo Resident Evil 2, sono stati ovviamente ripresi da quanto già visto nell’episodio originale, anche se le tecniche moderne riescono a dare al tutto l’aspetto di un inedito deja vu. In generale tutti gli ambienti sono stati arricchiti in termini di dettagli e dovranno essere esplorati a fondo per riuscire a scovare tutti quegli elementi disseminati, utili non solo per la soluzione dei puzzle, ma anche per riuscire a rimanere vivi. Esteticamente il gioco ha conosciuto anche un impressionante update poligonale, che lo rende estremamente realistico in tutte le sue componenti, anche se non mancano alcune texture non esattamente in linea con la generale pulizia dell’immagine, ma in generale la grafica di questo remake rappresenta un sicuro step evolutivo per l’intera saga. Ottimo anche il bilanciamento dei colori e l’utilizzo dei contrasti di luci e ombre. Il frame rate poi, almeno su Xbox One X Ps4 Pro e Pc, resta sempre inchiodato sui 60 fps, anche nei momenti più concitati, quindi anche da questo punto di vista il titolo di Capcom rappresenta una vera gioia. Tirando le somme, possiamo senza dubbio asserire che quello che la versione 2019 di Resident Evil 2 davvero non riesce a fare è deludere. Anche i tradizionalisti più incrollabili non potranno che sostenere che il progetto si fonda su un’impressionante cura e competenza da parte di Capcom. Il rispetto verso l’opera originale si sposa degnamente con le novità inserite dando al prodotto vitale una spinta incredibile. A nostro avviso il titolo rappresenta al momento la migliore incarnazione di quello che un remake dovrebbe essere. Lasciarsi scappare un titolo di questa portata sarebbe veramente un grosso errore. Credeteci, sia che lo abbiate giocato nel lontano 1998, sia che non abbiate idea di cosa sia, Resident Evil 2 merita a tutti gli effetti di essere giocato.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise

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Elden Ring: Shadow of the Erdtree, molto più che una semplice espansione

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Elden Ring: Shadow of the Erdtree è un’espansione enorme e sorprendente, che conferma la posizione di FromSoftware tra i migliori team di sviluppo in circolazione nel panorama videoludico contemporaneo. Il dlc (anche se chiamarlo così è riduttivo) è ovviamente disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, quindi tutti coloro che hanno potuto giocare a Elden Ring (qui la nostra recensione), potranno cimentarsi in questa nuova avventura e proseguire il loro cammino. Ricordiamo a tutti coloro che sono interessati a intraprendere questo nuovo viaggio che per entrare nell’universo offerto da Shadow of the Erdtree è necessario aver ucciso Radahn e Mohg. Una volta fatto ciò si deve interagire col bozzolo di Miquella, parlando prima con un NPC che si troverà proprio lì davanti. Essendo una macro-area da visitare dopo l’endgame, il livello di difficoltà dei nemici al suo interno è piuttosto sostenuto. Questo vuol dire che provare a esplorare stando al di sotto di un livello medio che si aggira attorno al 140, o addirittura di parecchio inferiore, si va incontro alla morte anche coi nemici più insignificanti. Prendere sotto gamba il livello è un errore da non fare in quanto per chi volesse provare l’ebbrezza di addentrarsi nel “nuovo mondo”, l’impatto sarà assolutamente traumatico. Gli antagonisti sono capaci di uccidere con uno o due colpi e le zone più avanzate, assieme a quelle segrete e ai boss facoltativi, risultano quasi impossibili da completare. Eppure Elden Ring Shadow of the Erdtree, così come il gioco principale, non è mai scorretto col giocatore. Ovviamente il titolo impartirà dure lezioni ancora una volta, ma quando si inizierà a comprendere il gioco delle minacce che piagano la Terra delle Ombre, affrontare ogni ostacolo sarà fonte di assoluta soddisfazione. Differentemente da quanto i più possano pensare, l’aumento di livello non è la chiave per poter dominare sul campo di battaglia. Stavolta From Software ha applicato una sorta di sistema di potenziamento interno all’espansione che funziona grossomodo come i pezzi di maschera già visti in Sekiro. Va da sé che le reali differenze durante l’avanzamento, e soprattutto durante gli scontri coi boss, si notano solo raccogliendo i frammenti sparsi per la mappa di gioco, taluni ben nascosti o accessibili solo dopo alcune fasi di sbarramento. Una volta fermi ai Luoghi di Grazia, si potrà consultare il menù arricchito con una nuova voce che consente di migliorare in modo permanente alcune delle statistiche passive. Questa scelta adottata per Elden Ring Shadow of the Erdtree ha una duplice funzione: non rendere il contenuto troppo semplice anche per i veterani e obbligare i giocatori a esplorare davvero a fondo ogni angolo di mappa. L’esperta FromSoftware non ha però reso semplice l’accesso a tutte le aree, e in questa espansione si percepisce un senso della scoperta ancora più meraviglioso e sbalorditivo, reso tale da un design delle aree molto più articolato e complesso.

Il Regno delle Ombre è una mappa affascinante e con un design complesso e raffinato che conquista. Tuttavia è doveroso fare una menzione speciale ai dungeon/legacy, che presentano le medesime qualità. Anche qui il team di From Software è riuscito a creare livelli pieni di anfratti, percorsi alternativi, uscite, scorciatoie e connessioni all’interno di architetture colossali e uniche. Tra quelle esplorate ce ne sono due in particolare che abbiamo apprezzato. Autentiche opere di ingegneria studiate nei minimi dettagli: dalla disposizione dei nemici a quella delle sezioni interconnesse con una naturalezza disarmante. Un altro aspetto positivo positivo di Elden Ring: Shadow of the Erdtree riguarda la significativa riduzione del numero di mini-dungeon. Ora ce ne saranno di meno, ma più interessanti, elaborati e complessi. Spesso con meccaniche uniche e con boss sempre differenti, che garantiranno uno stimolo costante per quanto concerne l’esplorazione. Altro punto di forza della produzione sono i boss. In Elden Ring: Shadow of the Erdtree ce ne sono circa una decina, e sono tutti assolutamente straordinari sia per design che per le meccaniche di combattimento. E’ davvero sorprendente vedere come il team di From Software continui a sorprendere la sua fan base con creature così imponenti e ricche di personalità, capaci di proporre battaglie uniche, intense e sempre molto complesse da affromntare. Oltre a quanto detto, quest’espansione di Elden Ring ha un altro merito, ovvero: riuscire a sorprendere anche per il numero smodato di armi, talismani e magie aggiuntive, oggetti peraltro pensati per modificare sensibilmente lo stile di qualunque giocatore. Si vede chiaramente che l’intento di FromSoftware nella Terra delle Ombre è stato chiaramente uno solo: offrire un gran quantitativo di strumenti adatti a ogni genere di build, dotati di mosse e poteri così unici da spingere i giocatori a testarli anche se non necessariamente ottimali. E se da una parte alcune combinazioni del gioco base restano spettacolarmente efficaci e difficilmente sostituibili, riteniamo che FromSoftware abbia davvero trovato la chiave di volta qui, perché è stato praticamente impossibile non cambiare varie volte specializzazioni ed equipaggiamento dinanzi a certe novità. Ci sono ben otto categorie di armi del tutto nuove, e alcune di queste coprono delle mancanze significative del gioco base. A tutto ciò va anche sommato un discreto numero di ottime nuove stregonerie e un mix incredibile di incantesimi Il risultato finale? Un vero paradiso per chi ama sperimentare con statistiche ed equipaggiamento. Tirando le somme, questo Elden Ring: Shadow of the Erdtree è un’espansione incredibile, un lavoro di grande pregio che torna in parte alle origini dei souls, senza però tradire lo spirito del gioco base né abbandonare le caratteristiche che lo hanno fatto amare da così tanti giocatori. Si tratta di un lavoro impressionante, capace di stupire sia per il suo incredibile map design sia per la varietà delle novità introdotte. Impossibile, davanti a un’opera simile, non confermare il già notevole voto del gioco base. Impossibile lasciarselo sfuggire se avete amato il titolo originale.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise

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Samsung, Qualcomm e Google unite nel nome del metaverso

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Durante l’evento Unpacked svoltosi a Parigi, Samsung ha confermato lo sviluppo di un visore per la realtà mista. Dopo aver svelato i Galaxy Z Fold e Z Flip di sesta generazione, smartphone pieghevoli del gruppo, l’azienda ha aggiornato le tempistiche di presentazione del suo progetto di metaverso, che coinvolge anche Google e Qualcomm. La prima fornirà una versione adattata di Android per la realtà virtuale e aumentata, due termini che insieme vengono ottimizzati in “realtà mista”, mentre sarà delegata a Qualcomm la realizzazione dell’hardware che potenzierà il dispositivo. Non si hanno altre notizie in merito se non che tutte le compagnie prevedono di lavorare sodo per portare sul mercato il prodotto entro le festività natalizie. Vale la pena ricordare che parte della catena produttiva di Samsung è attualmente sotto pressione, con i dipendenti sudcoreani che stanno scioperando a oltranza per questioni economiche. Stando a quanto viene riportato sul sito Sammobile, Il visore “XR” potrebbe usare due schermi Micro Oled costruiti dalla sussidiaria di Samsung Display chiamata eMagin. “Sarà probabilmente un dispositivo di fascia alta e funzionerà con gli smartphone Galaxy (e probabilmente con i laptop)” scrive il portale. Dubbi sul prezzo, visto che Samsung potrebbe posizionare il visore in una fascia più accessibile di Apple, che attualmente vende i Vision Pro a partire da 3.500 dollari. Non resta altro che aspettare e scoprire tutte le novità e le possibilità legate a questo importantissimo quanto innovativo settore.

F.P.L.

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Destiny 2 la Forma Ultima, lo splendido finale di un capolavoro lungo dieci anni

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Destiny 2 La Forma Ultima è il nuovo contenuto a pagamento stagionale dedicato all’universo di Bungie. Il gioco, che ha visto muovere i passi di milioni di guardiani sulla leggendaria torre ha infatti compiuto 10 anni, e proprio con questo nuovo capitolo della storia si chiude una parentesi enorme della storia del gaming. Intendiamo, il brand Destiny continuerà ad esistere, ma il ciclo della storia principale pare essere arrivato a un punto definitivo. Quindi alla domanda ma Destiny è finito? La risposta è no, ad essere finito il ciclo della saga della luce e dell’oscurità che dal 9 settembre 2014 è stata la base dell’intreccio narrativo. La Forma Ultima è stata pubblicata nella giornata del 4 giugno 2024 su PC, PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One e Xbox Series X/S, ma i guardiani avranno ancora molto da fare poiché gli sviluppatori hanno già annunciato tre episodi, i quali fungeranno da sequel per gli avvenimenti successi nel DLC tanto atteso dalla community. Inoltre, la software house statunitense ha già annunciato l’Anno 11, con il nome in codice di Frontiere. Ma pensiamo al presente: la storia che Bungie propone in questo ultimo episodio della saga è davvero entusiasmante, poiché propone una campagna narrativa pronta a trasportare i giocatori nel Pallido Cuore del Viaggiatore, con l’unico obiettivo di fermare il Testimone, il principale antagonista di lunga data di Destiny 2. Quest’ultimo è molto pericoloso perché il suo potere gli permette di manipolare la realtà. È chiaro fin da subito che Bungie ha adottato un approccio differente rispetto ai capitoli giocati nelle espansioni scorse, applicando magistralmente le lezioni apprese dalle stagioni più di successo, che hanno enfatizzato maggiormente l’umanità e il background dei personaggi piuttosto che perdersi su altro. Oltretutto, avendola giocata dall’inizio alla fine a difficoltà leggendaria e anche con un certo coinvolgimento, possiamo senza dubbio affermare che la Forma Ultima rappresenta la migliore espansione che Destiny abbia mai offerto. Sebbene la scrittura si sia rivelata piuttosto lineare, ci ha fatto davvero piacere vivere come Guardiani l’esperienza che è poi culminata nello scontro con il Testimone. Uno dei principali punti di forza di questa trama, e della campagna in generale, è stata inoltre la stessa ambientazione. Destiny 2 ci ha abituato a viaggiare per lo spazio, a esplorare pianeti sconosciuti durante il corso delle espansioni pubblicate per il gioco, tuttavia oggi con la Forma Ultima, il Cuore Pallido si è rivelato semplice quanto efficace, dato che proponeva un luogo strano, a tratti inquietante ma comunque straordinario visto anche con gli occhi di chi Destiny non l’ha seguito dal day-one. Ci è sembrato quasi di viaggiare all’interno di un inferno dantesco sci-fi corrotto da Bungie, dato che al suo interno sono presenti elementi familiari tratti da tutta la storia del franchise, ma spesso ricombinati in modi bizzarri o distorti dalla corruzione. È essenziale sottolineare che la campagna si prende il tempo necessario per approfondire la caratterizzazione dei personaggi utilizzando filmati, monologhi e molte conversazioni tra gli NPC, un elemento che sicuramente migliora l’esperienza dato che in altri casi gli unici elementi di lore disponibili erano rappresentati da documentazioni e poco altro ancora. Quindi da questo punto di vista si vede che Bungie ha lavorato sodo per dare a tutti i fan un fantastico ultimo capitolo. Ma parliamo di novità: con La Forma Ultima Bungie ha introdotto una nuova fazione avversaria chiamata “Dread”, che introduce diversi tipi di nemici e riscrive le dinamiche degli scontri di Destiny 2 in modo sostanziale, cambiando le carte in tavola anche per i giocatori più esperti, soprattutto alle difficoltà più elevate. Questi antagonisti si presentano con una forma antropomorfa, in qualche modo corrotta come dalla presenza di alcuni cristalli, che in molti casi determinano anche le loro abilità. Per dire, gli Omen possono ghiacciare i Guardiani, mentre gli Harbinger possono invece metterci in stasi, creando situazioni non facili da gestire sul campo di battaglia.

La Forma Ultima inserisce anche una nuova sottoclasse dei guardiani soprannominata Prismatica, che dal nome vuole fare riferimento a una fusione di quelle precedentemente pubblicate, armate di poteri che facevano riferimento a Luce e Ombra. La sottoclasse Prismatica concede ai giocatori la possibilità di attingere al “meglio dei due mondi”, creando così nuove sinergie, combinando magari abilità per ottenere risultati diversi. Non si tratta di una sottoclasse radicalmente innovativa o entusiasmante come lo Strand al momento del suo completo sblocco nell’ultima espansione, ma manipolare i vari poteri e abilità è gratificante quando si riesce a trovare la combinazione giusta di elementi per massimizzare l’efficienza del proprio setup. Ad esempio utilizzare il missile ad arco del Titano con la spallata di fuoco con martello e la granata soppressiva da vuoto è davvero una roba fantastica. Ma l’attenzione alla costruzione delle build dei personaggi continua anche dopo la campagna, infatti nelle missioni e nelle attività aggiuntive che portano i giocatori a esplorare il Cuore Pallido ci sono una miriade di cose da fare per sbloccare nature, e frammenti necessari a rendere la sottoclasse prismatica completa. Alcuni dei momenti più intriganti e commoventi della storia si verificano proprio in queste fasi successive alla campagna, e Bungie è riuscita a nostro avviso a mantenere alta la qualità in tutte queste missioni. Intendiamoci, anche in questo nuovo episodio il farming è molto alto, ma il risultato finale è veramente soddisfacente. Una volta svelati i segreti del Cuore Pallido, il gioco offre una nuova tipologia di missione che si può soprannominare Dual Destiny. Questa è a tutti gli effetti una missione esotica speciale che richiede di essere giocata esclusivamente da due giocatori. Coordinazione e velocità sono necessarie per portare a termine questo speciale stage e alla fine di esso una scelta morale renderà il tutto ancora più intrigante. Ma noi non vi vogliamo rovinare l’esperienza di gioco, quindi non diremo altro. Unico indizio che possiamo darvi è. Non fidatevi mai di nessuno! Altra missione del tutto innovativa è Escissione, ossia lo scontro finale con il Testimone. Questa missione, che si è resa disponibile solo dopo il primo completamento del nuovo raid a livello mondiale, è assolutamente favolosa perché si deve giocare in 12 ed è affrontabile con il matchmaking, sia nella sua versione normale che nella sua versione super difficile a “Leggendario”. Insomma, anche qui ci troviamo dinanzi a una bella novità. Una menzione giusta da fare riguarda l’incursione Salvation’s Edge. Quest’ultima richiede un alto grado di cooperazione e comunicazione tra i giocatori, questo perché al suo interno sono presenti nuove meccaniche intelligenti che offrono sfide davvero stimolanti. I combattimenti sono impegnativi e gli ambienti, belli e strani, in certi casi sono equiparabili a quanto creato artisticamente all’interno del Cuore Pallido. Inoltre, Salvation’s Edge è leggermente più lungo e difficile rispetto alla maggior parte dei raid recenti, il che soddisfa i giocatori di alto livello in cerca di una sfida più intensa da affrontare settimanalmente. Per quanto riguarda le armi esotiche Bungie ha inserito delle bocche di fuoco davvero interessanti in questa Forma Ultima.

Primo fra tutti va menzionato il cecchino Caccia Immobileterna. Quest’ultimo è veramente interessante perché funzionerà come qualsiasi altro cecchino (solo inizialmente), ma allo stesso tempo propone una barra di caricamento che una volta carica potrà sparare dei colpi d’orati come se fosse una sorta di Pistola d’oro del cacciatore. Inoltre, sarà possibile utilizzarlo con il casco esotico Falconotte del cacciatore per creare delle combinazioni con un danno veramente impressionante forse attualmente la combinazione di quest’arma e di quest’elmo sono la combo arma/super col Dps più alto. Parlando ancora una volta delle bocche da fuoco Esotiche, è presente anche un fucile laser pesante chiamato Microcosmo. Quest’ultimo è molto particolare perché è la prima arma pesante che non ha nessun elemento: l’arma in questione però è molto forte in quanto non solo infligge dei danni ingenti, ma presenta anche dei bonus contro i nemici dotati di scudo, fattore che potrebbe rivelarsi particolarmente vincente nelle attività più difficili come i Cala la Notte in Gran Maestro, dove sono presenti tante minacce con diversi scudi. In più, ci sono due graditi ritorni dal primo Destiny: Il Morte Rossa e il Khvostov. Il primo, ad ogni uccisione permette di recuperare la salute, mentre il secondo rispetto alla precedente iterazione è in grado di far rimbalzare il settimo proiettile sui nemici circostanti. Insomma, per quanto riguarda le armi Esotiche, il team creativo ha fatto un lavoro estremamente importante, così come le armature Esotiche che sono disponibili due per ogni classe, e le quali daranno libero sfogo alla vostra creazioni di build all’interno dello sparattutto online. In conclusione, siamo rimasti particolarmente estasiati da queste aggiunte particolarmente azzeccate! Ovviamente è presente anche un’altra arma esotica esclusiva del raid, ma al momento non siamo riusciti ancora ad ottenerla, ma pare sia estremamente forte. Bungie, attraverso l’aggiornamento in Destiny 2 La Forma Ultima, ha effettuato dei cambiamenti anche ad alcuni NPC proponendo diversi ritorni. Innanzitutto, il Criptarca è stato aggiornato con un sistema di reputazione, il quale ad ogni Engramma decifrato da quest’ultimo permetterà al giocatore di salire di grado e sbloccare determinate ricompense. Ma non è questa la novità più eclatante, ma bensì Xur: il venditore di Esotici disponibile dal venerdì al martedì a partire dalle 19:00 italiane. Prima di procedere, dobbiamo dirvi che Bungie ha deciso di far ritornare una vecchia valuta, ossia le Strane Monete. Chi ha giocato al primo Destiny lo saprà bene: quest’ultime permettevano l’acquisto dell’equipaggiamento Esotico, feature che fa il suo ritorno con qualche modica rispetto al passato. Innanzitutto, non ci sono solo gli oggetti Esotici ma anche Leggendari, i quali potranno essere acquistati con tanto di perk piuttosto interessanti per le vostre bocche da fuoco preferite. Ma una novità che mi ha lasciato sorpreso è la possibilità di acquistare i Catalizzatori delle armi Esotiche. Seppure il costo è molto elevato, questo permetterà ai giocatori di non andare forzatamente a grindare un’attività per ottenere quest’ultima ed effettuare innumerevoli kill. Infatti, il Catalizzatore Esotico vi verrà fornito con l’obiettivo già sbloccato, un salto di qualità decisamente importante. In aggiunta, come già successo nel precedente capitolo, anche qui ci saranno tre armature Esotiche, una per classe, insieme ad una bocca da fuoco Esotica. Insomma, da questo punto di vista Xur diventa maggiormente più utile rispetto al passato, poiché nelle stagioni precedenti fungeva solamente da NPC utile nel fornire delle statistiche migliori per le proprie armature preferite. Ora, la situazione è nettamente diversa. Ultima ma non per questo meno importante novità è il sistema Pathfinder. Quest’ultimo non è particolarmente difficile da spiegare: in poche parole, al guardiano vengono dati alcuni compiti che saranno collegati tra loro, come effettuare delle uccisioni con un determinato elemento o distruggere dei boss in un’area nello specifico. In base al task che viene proposto, poi bisogna marcarlo all’interno di un’interfaccia molto semplice e intuitiva ed infine eseguirlo. La prima volta che si porta a termine quest’ultimo si viene ricompensanti con un Engramma Potente, il quale permette di ottenere un equipaggiamento di livello alto e facilitare la scalata al Livello Potere massimo che è 2000 attualmente se si esclude il potere extra donato dall’artefatto. Dopo aver completato il primo task, ripetendo il sistema appena citato sarà possibile ottenere una spada Esotica di cui non abbiamo fatto ancora menzione: l’Ergo Sum. Essa avrà ben 11 caratteristiche diverse. Questa infatti è una di quelle armi Esotiche in possesso di perk diversi (per un totale di 11) e può essere droppata da vuoto, ad arco e di fuoco. Ad esempio, è capitato che con i fendenti pesanti si generassero delle granate le quali potevano appiccicarsi ai nemici, oppure sempre con la stessa tipologia d’attacco sferrare dei colpi come il Lanciagranate esotico Colonia. Insomma, questa è una buona cosa per invogliare i giocatori a sfruttare ogni volta questo sistema veramente interessante e capirne le potenzialità, specialmente per eventuali aggiunte future. Ricordiamo inoltre che il catalizzatore di Ergo Sum può essere ottenibile solo completando la missione Escissione in leggendario. Buona Fortuna! Tirando le somme, Destiny 2 La Forma Ultima è l’epilogo perfetto che racchiude questi 10 anni di Destiny in una lotta che vede le forze della Luce contro l’Oscurità. Tutti i contenuti si sono rivelati all’altezza dell’aspettative, iniziando dalla campagna che propone diverse cinematiche, una regia nettamente migliore e con dei momenti veramente da cardiopalma. Le sottoclassi prismatiche, una delle novità più interessanti dell’espansione, funzionano a meraviglia e creano diverse combinazioni all’interno del gioco. Anche gli altri contenuti come il Raid e il sistema Pathfinder sono dei contenuti vincenti. Insomma, sia che siate dei guardiani di vecchia data, sia che siate delle New Light Destiny 2 la Forma Ultima è un’espansione veramente grandiosa e che vi terrà impegnati per molte, anzi moltissime ore di gioco.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise

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