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Cesare Battisti arrestato in Bolivia. Bolsonaro a Salvini: “Il piccolo regalo sta arrivando”

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Cesare Battisti è stato catturato in Bolivia. E il deputato federale e figlio del presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha voluto subito mandare un messaggio al ministro dell’Interno: “Matteo Salvini, il ‘piccolo regalo’ sta arrivando”, ha scritto Eduardo Bolsonaro su Twitter.

   La notizia della cattura è stata confermata da fonti italiane e dall’ambasciatore italiano in Brasile, Antonio Bernardini, che ha celebrato la cattura dell’ex terrorista latitante da dicembre affermando: “E’ stato preso! La democrazia è più forte del terrorismo”.

    Battisti è stato arrestato alle 17 di ieri (le 22 in Italia) da una squadra speciale dell’Interpol formata anche da investigatori italiani e brasiliani mentre camminava in una strada di Santa Cruz de La Sierra, popolosa città nell’entroterra boliviano. L’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac) non avrebbe opposto resistenza. Secondo alcuni media, indossava pantaloni e maglietta di colore blu, un paio di occhiali da sole e barba finta. Caricato in macchina e accompagnato in una caserma della polizia, Battisti non avrebbe proferito parola.

    La squadra speciale dell’Interpol aveva indirizzato le ricerche intorno a Santa Cruz poco prima di Natale. Ieri infine è stata circoscritta la zona nella quale Battisti si era nascosto, sono stati quindi compiuti appostamenti in almeno tre-quattro aree differenti, finché l’ex terrorista è stato accerchiato e bloccato con il supporto della polizia boliviana. Battisti aveva fatto perdere le tracce di sé dopo la decisione del magistrato del Supremo Tribunale Federale (Stf) brasiliano Luis Fux che il 13 dicembre ne aveva ordinato l’arresto per “pericolo di fuga” in vista di una possibile estradizione in Italia, concessa nei giorni seguenti dal presidente uscente Michel Temer prima dell’insediamento di Jair Bolsonaro il primo gennaio 2019.

    Era stato proprio Bolsonaro ad imprimere un deciso cambio di passo alla vicenda, esprimendosi prima ancora di essere eletto a favore della riconsegna all’Italia di Battisti e rovesciando così la decisione dell’allora presidente Lula da Silva di concedere asilo politico all’ex terrorista condannato all’ergastolo in Italia per quattro omicidi.

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Crisi in Medio Oriente: 180 missili dall’Iran colpiscono Israele, Netanyahu risponde con minacce

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Israele risponde con raid in Libano, Hezbollah contrattacca. Due esplosioni vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca

In un drammatico escalation di violenza, 180 missili sono stati lanciati dall’Iran verso Gerusalemme e Tel Aviv. L’attacco, che ha colpito aree civili e provocato danni significativi, ha spinto Israele a reagire con forza. Un palestinese è rimasto ucciso durante gli scontri, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato un duro monito all’Iran, dichiarando che “questo è stato un grave errore, la pagherete”.

Le tensioni si sono intensificate anche al confine libanese, con l’esercito israeliano che ha lanciato raid nel sud di Beirut, contro obiettivi di Hezbollah. L’organizzazione libanese ha prontamente risposto, affermando di aver respinto l’attacco israeliano. “Le nostre forze hanno reagito con fermezza, non ci faremo intimidire”, ha dichiarato un portavoce di Hezbollah.

Nel frattempo, la situazione è diventata ancora più instabile a livello internazionale. Due esplosioni si sono verificate vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca, facendo temere un ampliamento del conflitto oltre i confini del Medio Oriente. Le autorità danesi stanno indagando sugli eventi, che non hanno ancora causato vittime, ma l’allerta è alta in tutta Europa.

Una crisi che potrebbe degenerare

La comunità internazionale osserva con apprensione. Gli attacchi coordinati e la risposta immediata di Israele rischiano di trascinare la regione in un conflitto ancora più ampio. Le Nazioni Unite hanno lanciato appelli per la moderazione, ma finora gli inviti alla calma sembrano essere caduti nel vuoto.

Netanyahu ha chiarito che Israele non tollererà ulteriori provocazioni e ha indicato che l’opzione militare rimane sul tavolo. “L’Iran e i suoi alleati non devono sottovalutare la nostra determinazione a difendere il nostro popolo”, ha aggiunto il premier, in una dichiarazione che lascia presagire ulteriori atti di guerra se la situazione non dovesse stabilizzarsi.

L’escalation al confine libanese

Il fronte libanese rappresenta uno dei punti più caldi. L’attacco israeliano a sud di Beirut segna una nuova fase del conflitto, con Hezbollah che si sta dimostrando un avversario risoluto. Le incursioni aeree e i combattimenti a terra mettono a rischio la già fragile stabilità del Libano, un Paese che ancora fatica a riprendersi dalle recenti crisi economiche e politiche.

Le esplosioni in Europa: un nuovo fronte di tensione?

L’inquietante notizia delle esplosioni vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca aggiunge un ulteriore strato di incertezza. Mentre non è ancora chiaro chi sia responsabile degli attacchi, il timore di atti di terrorismo collegati alle tensioni in Medio Oriente sta crescendo in tutta Europa. I governi europei sono ora in stato di allerta, temendo che la violenza possa estendersi oltre i confini della regione.

Il mondo sull’orlo di una nuova crisi?

Mentre la situazione evolve rapidamente, gli occhi del mondo sono puntati su Israele, Iran e i loro alleati. L’equilibrio geopolitico è fragile, e una mossa sbagliata potrebbe scatenare una guerra più ampia, coinvolgendo altre potenze regionali e internazionali. La speranza di una mediazione diplomatica sembra lontana, e il rischio di un conflitto che si estenda oltre il Medio Oriente è più reale che mai.

La domanda che molti si pongono ora è: chi riuscirà a fermare questa spirale di violenza prima che sia troppo tardi?

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Israele intensifica le operazioni oltre confine: incursioni in Libano e Siria

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Tel Aviv afferma di condurre “attacchi mirati e limitati”, mentre cresce la preoccupazione internazionale per un’escalation del conflitto

In un’escalation delle tensioni regionali, le forze israeliane hanno condotto operazioni militari oltre i propri confini, entrando in territorio libanese e lanciando raid aerei in Siria. Questi sviluppi segnano un’intensificazione significativa del conflitto in corso, sollevando timori di un allargamento del teatro di guerra.

Incursione in Libano

Secondo fonti militari israeliane, l’operazione in Libano è stata descritta come “mirata e limitata”. L’obiettivo dichiarato era colpire infrastrutture di Hezbollah, il gruppo militante sciita libanese considerato da Israele una minaccia alla sua sicurezza nazionale. Tuttavia, media locali libanesi riportano che un grande campo profughi palestinese è stato colpito durante l’operazione, sollevando preoccupazioni per potenziali vittime civili.

Un portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato: “Le nostre operazioni sono strettamente finalizzate a neutralizzare minacce immediate alla sicurezza di Israele. Non abbiamo intenzione di espandere il conflitto, ma agiremo con determinazione per proteggere i nostri cittadini.”

Fonti dell’intelligence israeliana suggeriscono che uno degli obiettivi principali dell’operazione fosse il comandante del braccio armato di Fatah in Libano, anche se non è chiaro se questo obiettivo sia stato raggiunto.

Raid in Siria

Contemporaneamente, Israele ha condotto raid aerei in Siria, colpendo obiettivi che, secondo Tel Aviv, sarebbero legati a gruppi militanti sostenuti dall’Iran. Il Ministero della Difesa siriano ha confermato gli attacchi, denunciandoli come una “flagrante violazione della sovranità siriana”.

Reazioni internazionali

Gli Stati Uniti, principale alleato di Israele, hanno espresso sostegno alle operazioni. Un portavoce del Dipartimento di Stato ha dichiarato: “Le azioni di Israele sono in linea con il suo diritto all’autodifesa. Tuttavia, esortiamo tutte le parti a esercitare la massima cautela per evitare un’escalation incontrollata.”

L’Unione Europea ha espresso “profonda preoccupazione” per l’escalation, invitando tutte le parti a mostrare moderazione. Il Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha dichiarato: “Ogni azione militare oltre i confini rischia di innescare una spirale di violenza che potrebbe destabilizzare l’intera regione.”

Posizione del governo italiano

Il Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha rilasciato una dichiarazione urgente sulla situazione: “L’Italia segue con estrema attenzione gli sviluppi in Medio Oriente. Comprendiamo le preoccupazioni di sicurezza di Israele, ma esortiamo tutte le parti a esercitare la massima moderazione. È fondamentale evitare un’escalation che potrebbe avere conseguenze catastrofiche per l’intera regione.”

Tajani ha aggiunto: “Stiamo lavorando attivamente con i nostri partner europei e internazionali per promuovere una de-escalation immediata. L’unica via d’uscita da questa crisi è il dialogo e la ripresa dei negoziati di pace.”

Giorgia Meloni ha convocato una riunione d’emergenza del Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (CISR) per valutare la situazione e coordinare la risposta italiana.

L’escalation delle operazioni militari israeliane oltre i propri confini rischia di innescare una reazione a catena in una regione già altamente volatile. L’ONU ha espresso “grave preoccupazione” per la situazione, con il Segretario Generale António Guterres che ha richiesto “un immediato cessate il fuoco e il ritorno al tavolo dei negoziati”.

Analisti internazionali avvertono che un’ulteriore escalation potrebbe portare a un conflitto regionale più ampio, coinvolgendo potenzialmente Iran, Siria e altri attori regionali.

Mentre Israele afferma di agire in legittima difesa contro minacce immediate, la comunità internazionale guarda con crescente apprensione all’evolversi della situazione. La sfida nei prossimi giorni sarà quella di trovare un equilibrio tra le esigenze di sicurezza di Israele e la necessità di evitare un’escalation che potrebbe avere conseguenze devastanti per l’intera regione mediorientale.

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Putin: “Armi Nucleari pronte in caso di aggressione” – Rischio escalation con l’Ucraina

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La nuova dottrina russa minaccia una risposta nucleare anche contro attacchi convenzionali sostenuti da Stati nucleari come gli USA. L’Occidente reagisce con fermezza

Vladimir Putin ha nuovamente alzato il livello della tensione nel conflitto tra Russia e Ucraina, minacciando il possibile utilizzo di armi nucleari. Durante un incontro con il Consiglio di sicurezza russo, Putin ha dichiarato che la Russia si riserva il diritto di ricorrere al nucleare in caso di aggressione contro la Federazione Russa o la Bielorussia, anche se l’attacco fosse condotto con armi convenzionali. Il messaggio non è rivolto solo a Kiev e al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ma anche agli Stati Uniti e al presidente Joe Biden, principali sostenitori dell’Ucraina nella guerra.

Putin ha inoltre esplicitato che anche un’aggressione compiuta da uno Stato non nucleare, ma con il sostegno di una potenza nucleare, sarà considerata un attacco congiunto contro la Russia. Questo è un chiaro riferimento agli Stati Uniti, che continuano a inviare massicci aiuti militari all’Ucraina, come il nuovo pacchetto da 375 milioni di dollari recentemente approvato.

La nuova dottrina nucleare di Mosca

La modifica della dottrina nucleare russa include anche un’ulteriore ipotesi che potrebbe portare al ricorso alle armi atomiche: se la Russia rilevasse un attacco massiccio di missili, aerei o droni contro il proprio territorio. Questa è una diretta allusione alla crescente capacità militare dell’Ucraina, che negli ultimi mesi ha guadagnato terreno, controllando porzioni della regione russa di Kursk e potendo lanciare attacchi in profondità sul territorio russo, danneggiando infrastrutture militari cruciali.

Messaggio agli Stati Uniti e all’Occidente

La minaccia di Putin è anche indirizzata a Washington, che finora non ha dato l’ok all’Ucraina per l’uso dei missili a lungo raggio Atacms contro la Russia. “La situazione politico-militare sta cambiando rapidamente e dobbiamo adattarci. Nuove minacce emergono contro la Russia e i suoi alleati”, ha dichiarato Putin, nel tentativo di scoraggiare un’escalation del sostegno militare occidentale a Kiev.

Negli ultimi mesi, Mosca ha ripetutamente sottolineato la superiorità del suo arsenale nucleare tattico rispetto a quello presente in Europa, sostenendo che l’Europa sarebbe vulnerabile in caso di conflitto nucleare. Il messaggio di Putin giunge a meno di tre mesi dalle sue precedenti dichiarazioni, in cui aveva ricordato la capacità russa di sopraffare qualsiasi difesa europea.

Reazioni internazionali

Le minacce nucleari del Cremlino non hanno mancato di scatenare reazioni da parte della comunità internazionale. Il presidente ucraino Zelensky, che si trova a New York per presentare il suo piano per la vittoria, ha ricevuto il sostegno del capo del suo staff, Andriy Yermak, il quale ha dichiarato: “La Russia non ha più i mezzi per intimidire il mondo, se non attraverso il ricatto nucleare. Ma questi strumenti non funzioneranno”.

Dall’altra parte dell’Atlantico, l’amministrazione Biden mantiene una posizione ferma. Bill Burns, direttore della CIA, ha recentemente ridimensionato le minacce nucleari di Putin, invitando i Paesi occidentali a non cedere al ricatto: “Non possiamo permetterci di farci intimidire da questo rumore di sciabole”, ha dichiarato Burns.

Anche in Europa, i toni sono stati duri. Il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, ha commentato: “Le minacce nucleari di Putin sono irresponsabili e pericolose. Non ci lasceremo intimidire. La comunità internazionale deve rimanere unita nel condannare qualsiasi uso di armi di distruzione di massa”. In Francia, il presidente Emmanuel Macron ha ribadito l’impegno della NATO e dell’Unione Europea a sostenere l’Ucraina: “Non permetteremo che la sicurezza europea sia minata dalle minacce di Putin. La risposta a qualsiasi attacco sarà ferma e collettiva”.

Nel frattempo, la diplomazia statunitense e europea sta cercando di evitare che la situazione degeneri ulteriormente, ma il clima di tensione resta altissimo. Con il conflitto che si intensifica e l’Ucraina che continua a guadagnare terreno, il rischio di un’escalation nucleare diventa una minaccia sempre più concreta, rendendo ancora più cruciale il ruolo delle istituzioni internazionali e dei leader mondiali nella ricerca di una soluzione diplomatica che scongiuri scenari catastrofici.

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