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Redazione
Campobasso – Sindaci e associazioni dell'area matesina si trovano, oggi, davanti al consiglio regionale del Molise per protestare contro le due centrali a biomasse autorizzate dagli uffici dell'ente. Le centrali di S. Polo e Campochiaro, in provicia di Campobasso, devono avere ora il via libera definitivo del Consiglio regionale. Intanto, i comuni e i comitati hanno chiesto al Tar di fermare la realizzazione delle centrali, perche' dannose al territorio. Intanto, è deciso l'intervento del consigliere regionale di opposizione Salvatore Micone.
L”’area del Matese – sottolinea Micone – è classificata quale area ad elevato pregio ambientalistico, definita più volte quale corridoio ecologico di fondamentale importanza per la conservazione di specie prioritarie presenti sulla dorsale appenninica ed uno snodo fondamentale per la loro conservazione. Questo è pienamente riconosciuto, non solo dalle associazioni ambientaliste e da quanti profondono il loro impegno ed interesse nella tutela dell’ambiente e della salute, ma anche dalla nostra amministrazione regionale laddove ha riconosciuto il proprio impegno nella direzione dell’Istituzione del Parco del Matese.
“Allora – sottolinea Micone . sulla base anche di considerazioni di eventuali ricadute economiche sui cittadini molisani, praticamente estranei ad ogni forma di beneficio dall’installazione di tali centrali nel loro territorio, ci si chiede, a fronte di acclarati danni all’ambiente, al suolo, all’aria, al territorio e alla salute, dov’è il contrappeso che farebbe pendere l’ago della bilancia su ipotetici vantaggi per i cittadini interessati? Come si pensa di compensare ai danni che essi e le generazioni future dovranno subire a causa degli agenti inquinanti promananti dalle centrali in questione? La risposta non c’è. Perché l’unica logica di tale farraginoso sistema è si quella economica, ma non dei cittadini, bensì unicamente di quanti abbiano proposto l’installazione delle centrali. E non bisogna fermarsi a valutazioni prettamente giuridiche legate all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni; la politica deve fare il bene comune, il bene delle attuali e delle future generazioni. A livello istituzionale non si può mettere a tacere la coscienza su assunti di carattere puramente giuridico – amministrativo. Bisogna invece allargare l’impegno amministrativo a logiche più ampie, ad una politica di programmazione che tenga conto delle peculiarità ambientali, paesaggistiche e storiche della regione. Realizzare gli impianti significa rompere l’equilibrio con tutti gli impegni che l’Ente Regione ha il dovere morale e giuridico di portare avanti in termini di turismo, cultura e valorizzazione del territorio ed implementazione della tradizione gastronomica. Sull’area peraltro insistono numerose aziende dell’agroalimentare che sarebbero le prime a subire immediati danni economici. L’area è limitrofa poi alla zona WWF di Guardiaregia e al massiccio del Matese. E’ banale e drammatico allo stesso tempo pensare all’assurdità della scelta del sito da destinare alle biomasse, non supportato nemmeno dalle quantità di energia necessitante da parte della Regione, già produttrice di elevati quantità della medesima da diverse fonti. I risvolti sanitari poi sono allarmanti; le emissioni promananti dalle centrali comporterebbero immissioni di agenti cancerogeni sia nell’aria che nel suolo e non solo: sembrerebbe che tali sostanze vadano ad impattare con il corredo genetico comportando danni anche alle generazioni future. I rischi sanitari indotti da tale contaminazione non sono giustificati dai benefici collettivi indotti dalla realizzazione degli impianti, il cui scopo è solo quello di massimizzare gli utili dei proponenti, non essendo le biomasse una scelta obbligata né tantomeno strategica per lo sviluppo della Regione Molise”.
“Voglio concludere affermando che, secondo una logica di buon senso, di sana amministrazione e di bene comune per le presenti e per le future generazioni, questa Amministrazione, esercitando un potere in autotutela, provveda alla revoca delle autorizzazioni de quibus garantendo fattivamente quel diritto alla salute e ad un ambiente salubre costituzionalmente garantiti, senza la necessità di un percorso giurisdizionale volto al loro riconoscimento. Sarebbe un segno di civiltà e di una politica evoluta”, conclude Micone.
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