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BARI -L’insorgenza di nuove diagnosi di neoplasia della popolazione residente nell’immobile di via Archimede 16 è “attuale e continua”. “Se si può ritenere che il reato di disastro ambientale sia ormai estinto per prescrizione, è invece pacifico che la consumazione dei reati di morte come conseguenza di altro reato, lesioni e omicidio colposo, si realizza al momento dell’insorgenza della malattia, in caso di lesioni, o alla data della morte, per l’omicidio colposo”.
Reati sono ancora perseguibili
Ne consegue che anche se sono trascorsi ormai trent’anni da quel disastro ambientale, i reati sono ancora perseguibili. Con queste motivazioni alcune delle famiglie delle vittime della palazzina di via Archimede 16, nel quartiere Japigia di Bari, si oppongono alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura al termine dell’indagine sui decessi per neoplasie causate dai roghi della ex discarica comunale di via Caldarola. Le famiglie, assistite dall’avvocato Michele Laforgia, chiedono quindi nuove indagini.
Ventuno inquilini di una stessa palazzina nel quartiere Japigia avrebbero contratto gravi formi di neoplasie che poi hanno portato alla morte. Questa la conclusione alla quale è giunta l’inchiesta della procura del capoluogo pugliese, aperta dopo alcuni esposti: un quadro epidemiologico che “richiama fortemente quello riscontrato nelle aree della cosiddetta ‘terra dei fuochi’”, nel Casertano. Il pm Baldo Pisani ha però chiesto l’archiviazione; la discarica è stata chiusa nel 1971: è trascorso troppo tempo e dunque non sarebbe possibile perseguire il reato di morte come conseguenza di altro reato, peraltro ipotizzato a carico di ignoti. I familiari di alcune delle vittime hanno però fatto opposizione.
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