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Cronaca

Omicidio Serena Mollicone, torna in scena il criminologo Carmelo Lavorino: si preannuncia lo scontro con il Ris dei carabinieri

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Carmelo Lavorino, il noto criminologo che già ad Arce, con la sua squadra, condusse le indagini criminologiche che portarono all’assoluzione in tre gradi di giudizio dell’unico indiziato per la morte di Serena Mollicone, il carrozziere Carmine Belli, scarcerato dopo 18 mesi di detenzione, in quel lontano giugno del 2001, ritorna ad indagare sullo stesso delitto irrisolto, ma questa volta come consulente per la famiglia dell’ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco, tutti e tre indiziati di omicidio volontario e occultamento di cadavere.

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L’incarico al prof Carmelo Lavorino

Infatti il 2 di novembre 2018 l’avvocato di fiducia della famiglia Mottola, Francesco Germani, ha depositato alla Procura di Cassino la richiesta di incarico del prof. Lavorino, che ha accettato, quale consulente, con il mandato di stilare una relazione criminale, criminalistica, criminologica e investigativa a favore degli indagati.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla consulenza firmata dalla dottoressa Cristina Cattaneo, la stessa che si occupò del caso Gambirasio, Lavorino non considera la porta interna della caserma quale arma del delitto, nonostante siano state repertate dal RIS dei carabinieri tracce lignee sul corpo di Serena Mollicone, dopo l’esumazione.

Già una volta il criminologo – noto per la sua avversione a quello che lui chiama ‘innamoramento della tesi accusatoria’- si scontrò, nel caso di Carmine Belli, con le conclusioni dell’UACV della Polizia, Unità Analisi Crimine Violento – la task force voluta da Gianni De Gennaro quand’era capo della polizia di Stato, per contrastare l’aumento dei crimini violenti in Italia – demolendole al punto di portare all’assoluzione del Belli.

Stavolta si profila l’ennesimo scontro nei confronti del RIS dei carabinieri e delle loro conclusioni in ordine alla repertazione e analisi di vario materiale sul corpo di Serena Mollicone. Assisteremo probabilmente alla confutazione della relazione della dottoressa Cattaneo, quella che è stata consegnata al procuratore capo di Cassino dottor Luciano D’Emanuele, che, insieme al sostituto procuratore dottoressa Maria Beatrice Siravo, cercano di far luce su questa morte per la quale ancora oggi nessuno ha pagato. L’ingresso di Lavorino e della sua equipe nelle indagini certamente segnerà un livello più alto di indagine e di confronto nella ricerca della verità.

Le ombre sulla morte del brigadiere Santino Tuzi

Omicidio Serena Mollicone e morte del brigadiere Tuzi: il video messaggio della figlia Maria

Sulla vicenda, tuttavia, si allunga l’ombra di un’altra morte, quella del brigadiere Santino Tuzi, archiviata come suicidio, ma in realtà mai accettata come tale dalla famiglia.

Santino Tuzi doveva essere ascoltato in tribunale a proposito della visita di Serena Mollicone alla caserma di Arce, proprio il giorno successivo a quello della sua morte. Il brigadiere infatti testimoniò di aver visto Serena, alle 11,00 del 1 giugno del 2001, entrare nella caserma della quale era comandante il maresciallo Mottola, il che aveva anche l’abitazione al piano superiore, e di non averla più vista uscire fino alle 14,00, orario in cui smontò dal turno di servizio.

Santino Tuzi fu trovato l’11 aprile del 2008 in una Fiat Marea nei pressi della diga di Arce in località S. Eleuterio, ucciso da un colpo di pistola sparato al petto, in circostanze poco chiare, sulle quali non fu mai indagato. La mancanza di una situazione conclamata e pregressa di disagio che fornissero una motivazione al gesto estremo, il fatto che alcuni riscontri non furono approfonditi e che non furono neanche fatte foto del corpo nell’auto, le modalità stesse del suicidio, portano la famiglia a pensare che di suicidio non si trattò.

Il professor Lavorino tiene a precisare che attualmente sta studiando il fascicolo che l’avvocato Germani gli ha consegnato, e che non rilascerà dichiarazioni in merito al caso se non dopo le decisioni della Procura di Cassino relative alla chiusura delle indagini. Il professore ha dunque rimarcato il fatto che collabora e collaborerà per la verità dei fatti, per la giustizia e per la soluzione del caso, come fece per Carmine Belli, e si augura che tutti coloro che sono impegnati nelle indagini facciano altrettanto.

Roberto Ragone

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In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

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Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

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Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

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Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

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