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L'AFFAIRE TAVECCHIO, TRA BANANE E KENNEDY

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Tempo di lettura 3 minuti L'11 agosto si procederà con l'elezione del presidente federale. Ma Tavecchio non è più così favorito.

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di Daniele Rizzo

Dicono che le parole non dette fanno più male di quelle pronunciate. Non è vero. Chiedere a Optì Pobà, il fittizio mangia-banane evocato da Tavecchio che certamente si sarà risentito della frase razzista. Carlo Tavecchio, il volto “nuovo” della Figc, ha compromesso la sua elezione con quel famoso discorso di fine luglio in cui con dei termini discutibili affermava l’esigenza di dover puntare forte sui vivai delle squadre italiane per far ripartire il movimento calcistico nazionale. Il discorso non fa una piega: da anni sentiamo dire da più parti che questa è l’unica via da intraprendere per riportare le italiane al livello delle rivali europee. Ma le parole sono importanti, ed a insegnarcelo non è solo Nanni Moretti. Spesso un concetto giusto viene espresso con dei termini sbagliati, ed ecco lì che in un attimo passi dalla ragione al torto, dalla presidenza della Figc al rischio di rimanere senza poltrona, dalla stima incondizionata di amici e parenti ai giornalisti che mettono a soqquadro la tua vita pubblica o privata in cerca di qualche scandalo, di qualche processo (cinque) e di qualche condanna (sempre cinque), come se essere processati o condannati in questo paese bastasse per star lontano da cariche pubbliche.

Carlo Tavecchio la sua fossa se l’è scavata da solo, forse perché le spalle se le sentiva abbastanza coperte, con ben 18 squadre di Serie A che lo sostenevano e tutta la Lega Pro a fargli da bacino elettorale. Ma oggi la Lega di A è divisa: 8/9 presidenti sostengono quel movimento che ironicamente è stato battezzato No Tav, dove Tav sta per Tavecchio, e non per treno ad alta velocità, anche se il candidato federale continua a correre come un treno sui binari delle proprie posizioni. Non un passo indietro in favore del candidato Demetrio Albertini, l’unico vero volto nuovo all’interno della Federazione. Solo le scuse (almeno le scuse, verrebbe da dire) e un proclama che sa di autocommiserazione: “sono stato trattato peggio dell’assassino di Kennedy”. Lee Harvey Oswald il 22 novembre 1963 uccideva il presidente americano e dopo due giorni veniva assassinato mentre cercavano di tradurlo in prigione. Tavecchio, al massimo, non sarà eletto: una fine decisamente più lieta. Oggi, a proteggere le spalle del candidato Oswald, scusate, Tavecchio, sono rimasti però due sponsor importantissimi Claudio Lotito e Adriano Galliani, due pezzi da novanta che, in altre circostanze, da soli basterebbero probabilmente a far eleggere anche il sottoscritto alla presidenza della Figc. Tuttavia il presidente del Coni Malagò in un’intervista a Repubblica ha annunciato un probabile finale a sorpresa per la vicenda, che tra le righe si legge come commissariamento della Federazione, che sarebbe così affidata a lui stesso.

Le circostanze, come detto, sono dunque cambiate. Dopo la UEFA e la FIFA, massimi organismi politici del calcio europeo e mondiale, anche Sky ha espresso il proprio parere negativo sul candidato Tavecchio. I motivi? Ufficiali e ufficiosi. Ufficiali: Tavecchio rappresenta “vecchie logiche gestionali” e ancora “è uno di quelli che ha contribuito alla crisi del sistema”. Ufficiosi: all’emittente di Murdoch non è andato giù lo sgarbo sui diritti per la Champions League 2015, su cui Mediaset avrà l’esclusiva; inoltre Sky sta da mesi facendo i conti con la campagna che i tifosi laziali stanno conducendo contro il presidente Lotito, campagna che ha portato a numerose disdette dell’abbonamento. Logico dunque pensare che la posizione No Tav dell’emittente sia da attribuire tanto ad una questione etica e di principio, che ad una ritorsione contro i due personaggi che stanno manovrando l’elezione: Galliani (che rappresenta Berlusconi, quindi Mediaset) e Lotito. Da segnalare nel fronte pro Tav anche l’Inter, la quadra del cuore del candidato: brianzolo di nascita, Tavecchio è stato anche sindaco della sua città, Ponte Lambro, dal 1976 al 1995. Non uno a cui viene facile mollare la poltrona.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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