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Cronaca

MAFIA; SEQUESTRO BENI PER 25 MILIONI DI EURO

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Tempo di lettura 2 minutiIl sequestro riguarda tre beni immobili, 38 tra autovetture, furgoni e mezzi meccanici, 11 tra società e imprese, 22 partecipazioni in altre società, 82 tra conti correnti e rapporti bancari di a

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Redazione

La lotta alla criminalità organizzata passa sempre più attraverso la strategia dell'aggressione ai patrimoni illegali.

Proprio in questa direzione si orienta l'operazione "Funaro&Funaro" portata a termine dagli uomini della Divisione anticrimine della questura di Trapani, in collaborazione con il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza.

Gli agenti hanno eseguito un provvedimento emesso dal Tribunale della provincia siciliana, su proposta del Questore; la misura ha portato al sequestro anticipato di beni ai fini della confisca, nei confronti di imprenditori operanti principalmente nel settore degli appalti pubblici, per un valore stimato di circa 25 milioni di euro.

Il sequestro riguarda tre beni immobili, 38 tra autovetture, furgoni e mezzi meccanici, 11 tra società e imprese, 22 partecipazioni in altre società, 82 tra conti correnti e rapporti bancari di altra natura.

L'operazione è frutto della cooperazione tra poliziotti e finanzieri che, dal gennaio 2011, fanno parte di un gruppo di lavoro specializzato in indagini su patrimoni e società. La Squadra ha già portato a termine cinque importanti operazioni antimafia ("Salus Iniqua" nel 2011; "Panoramic" e "Araknos" nel 2012; "Corrupti Mores" e "Niceta – Guttadauro" nel 2013).

I sequestri sono stati effettuati a Trapani, in alcuni comuni della sua provincia (Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Alcamo e Castellammare del Golfo) e a Santa Venerina (Catania).

Gli imprenditori colpiti dal provvedimento sono Domenico Furnaro e suo figlio Pietro, che dalle indagini sono risultati in stretta collaborazione con alcune famiglie mafiose.

In particolare gli investigatori, grazie anche alle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia e all'intensa attività di intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno fatto luce su un comitato d'affari.

Tale "strumento" era nato con lo scopo di controllare e gestire gli appalti illeciti attraverso attività di turbativa d'asta, falso e corruzione; le condotte criminose erano commesse, tra gli altri, dai due imprenditori della famiglia Funaro, su "autorizzazione" delle principali cosche mafiose locali, che in questo modo avevano costituito un vero e proprio cartello.

Il raggio d'azione del comitato era molto esteso e comprendeva gran parte del territorio regionale grazie anche a un reticolo di imprenditori compiacenti; questi ultimi agivano per l'aggiudicazione della gestione dei lavori e delle forniture di beni e servizi, relativi alla realizzazione delle opere pubbliche appaltate.