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di Daniele Rizzo
Hanno ammazzato Marco, Marco è vivo. Niente meglio del testo (parafrasato) di De Gregori può spiegare l’incredibile svolta nelle indagini sulla morte di Marco Pantani. A dieci anni di distanza da quel fatidico 14 febbraio 2004, giorno in cui il Pirata venne ritrovato esanime nella sua stanza del residence “Le Rose” di Rimini, la procura della città romagnola ha riaperto il caso accogliendo l’esposto della famiglia Pantani.
HANNO AMMAZZATO MARCO
Fino ad oggi le indagini avevano condotto alla soluzione del caso più semplice e immediata: Marco è morto per overdose da cocaina; a farne le spese sono state solo due persone: i pusher accusati di spaccio di droga. Ma la verità emersa dalla perizia del medico-legale professor Francesco Maria Avato sembra essere un’altra: Marco Pantani è stato ucciso. La perizia, chiesta dalla famiglia, fa il paio con il lavoro svolto dall’avvocato Antonio De Rensis, il legale della famiglia Pantani, che ha raccolto e presentato alla procura di Rimini una serie di anomalie e contraddizioni legate allo svolgimento delle indagini e del processo, tanto che la procura ha deciso immediatamente di riaprire il fascicolo con l’ipotesi di omicidio volontario (e alterazione del cadavere e dei luoghi) a carico di ignoti.
Dunque nella stanza D5 del residence “Le Rose” Marco non era solo. I lividi rinvenuti sul corpo dell’Elefantino non sono da attribuirsi ai deliri da overdose ma ad una colluttazione che evidentemente potrebbe esserci stata, come testimonierebbero le numerose chiamate fatte all’epoca dalla stanza al centralino del residence, chiamate a cui però non fu dato nessun peso. Come nessun peso fu dato alla presenza di una bottiglia semivuota nella stanza, nella quale si pensa possa essere stata sciolta la dose letale di cocaina somministrata poi a Pantani: la bottiglia non venne mai analizzata così come non furono mai rilevate le impronte digitali all’interno della stanza. Ma queste sono solo alcune delle stranezze individuate dall’avvocato della famiglia Pantani e dalla madre stessa, che da quel 14 febbraio lotta con tutte le sue forze per far riaprire il caso, certa che il figlio sia stato ucciso.
MARCO E’ VIVO
Marco però è vivo, e continua a far parlare milioni di tifosi o pseudo tali. In questi giorni è stato inevitabile associare il suo nome a quello di Vincenzo Nibali, fresco vincitore del Tour de France. Erano evitabili invece gli sproloqui di tutte quelle persone che continuano a indicare e condannare Pantani, additandolo come un drogato o come un dopato, dimenticando invece le circostanze che lo hanno portato all’abuso di droga. Dopo i fatti di Madonna di Campiglio, quando il Pirata venne squalificato per il tasso di ematocrito troppo alto, la depressione lo colse e non lo abbandonò più fino al 2004. Sebbene non fosse mai stato confermato l’uso di sostanze dopanti, Marco da quel giorno diventò il capro espiatorio di tutto il movimento ciclistico e il bersaglio favorito di tanti (ripetiamo) pseudo tifosi. La riapertura delle indagini non può che far piacere, perché l’ipotesi di omicidio non fa altro che riabilitare la figura di Marco davanti ai tanti detrattori. Ma oltre a ricordare questi vogliamo ricordare anche i tanti tantissimi tifosi del Pirata, che anno dopo anno non dimenticano l’uomo che li ha fatti sognare sulle montagne di mezza Europa. E sebbene possa sembrare ridicolo continuare a paragonare un grande campione di un’epoca passata con i grandi campioni di oggi, lasciatecelo fare, perché Marco è sì morto, ma Marco è soprattutto vivo. E pedala insieme a noi.
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